I miracolati di Berlusconi

Il nostro Paese è in recessione economica. Molti sostengono che siamo alla
situazione più difficile degli ultimi cinquanta anni considerando la situazione
internazionale e il livello di crisi del settore industriale che, nell’ultimo trimestre,
perde un altro cinque per cento della propria capacità  produttiva e tra i
sessanta Paesi industrializzati l’Italia si colloca al cinquantatreesimo posto.
Ottimo piazzamento.
Il più grande venditore di pannina del mondo, il cavalier Berlusconi, ci consola
dicendo che non di recessione si tratta, ma di stagnazione. Abbiamo fatto le
vacanze di Pasqua a marzo e non ad aprile, e per questo gli indicatori
economici non vanno bene. Le barzellette come metodo di governo. Allegria.
Come se la stagnazione dell’economia fosse un banale raffreddore e non l’inizio
del disastro, il capo del centrodestra ha deciso che non ci sono i soldi per
rinnovare il contratto dei dipendenti pubblici e accusa i sindacati di esosità . Lui
che esoso non è ed è noto per il suo disinteresse per gli affari, Berlusconi
continua a scaricare sugli altri le responsabilità  di un disastro delle politiche
governative di dimensioni epocali. Entrerà  nella storia come il peggior governo
della repubblica? E’ possibile.
E’ evidente a tutti, infatti, che se non fossimo coperti dallo scudo europeo
dell’Euro, l’Italia si avvierebbe con rapidità  verso l’Argentina di alcuni anni or
sono. Lo dicono tutti, ma è più popolare accusare l’introduzione dell’Euro quale
causa dell’erosione del potere d’acquisto dei lavoratori di ogni livello e settore
produttivo.
In questo quadro che ti fà  il centrosinistra vincente? Propone concrete soluzioni
alternative a quelle della destra sollecitando le energie democratiche del Paese?
Raramente. Ricomincia a litigare attorno alla lista unica e alla federazione
dell’Ulivo.
E sì, come se non fosse successo niente i leader e leaderini dell’Unione hanno
ricominciato a dichiarare. Partito dei riformisti, federazione, lista unitaria, c’è
ne è per tutti i gusti. Dichiarano sulla guerra giusta, sollecitano l’introduzione
del blairismo nella politica del centrosinistra, minacciano catastrofi se non si
riconoscono le loro esigenze di visibilità .
Dichiarano da Roma sulla formazione delle giunte regionali cercando di imporre
i loro assistiti in qualche posto di governo locale. Quando si trovano d’avanti ad
un microfono aprono la bocca e dicono. Sono miracolati da Berlusconi e si
sentono geni della politica e già  ministri. Si va consolidando nell’opinione di
tanti che hanno votato per l’Unione che sarebbe utile un anno di silenzio di
alcuni dirigenti del centrosinistra. I cattivi dicono che l’unica speranza per
Berlusconi è rappresentata dai logorroici del centrosinistra. Esagerano.
Ne abbiamo avuto prova anche in Umbria di questa logorrea.
La novità  politica nelle ultime elezioni regionali è stata l’elezione di un
rappresentante dei Verdi nell’assemblea di Palazzo Cesaroni. Novità  importante
che non può non essere valorizzata dai partiti dell’Unione. Sembrerebbe giusto
quindi che nella ripartizione degli incarichi sia utilizzato il consigliere verde.
Non farlo sarebbe uno sciocco errore dovuto ad arroganza e cecità  politica.
Quello che è intollerabile sono le dichiarazioni al riguardo dell’Onorevole
Pecoraro Scanio. Non è educato ed è politicamente scorretto minacciare
ritorsioni nazionali se non sono soddisfatte le esigenze del partito dei Verdi.
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Non spetta al ciarliero portavoce del sole che ride interferire con quanto, nella
propria autonomia, il consiglio regionale dell’Umbria deciderà  per ciò che
concerne gli incarichi. Un parlamentare dovrebbe ben sapere che le istituzioni
locali non possono essere oggetto di brutali interferenze romane.
E’ invece più utile che l’onorevole Pecoraro Scanio aiuti a risolvere la pessima
situazione interna ai Verdi dell’Umbria. Non è un bello spettacolo che,
raggiunto un risultato apprezzabile con l’elezione di un consigliere regionale, si
apre un conflitto interno le cui logiche risultano di difficile lettura.
Veniamo informati dall’agenzia del consiglio che il consigliere Dottorini
raggiungerà  Palazzo Cesaroni in bicicletta. Notizia interessante che rappresenta
una sfida per tutti i perugini che per pigrizia non usano quel mezzo di
locomozione. Le salite della nostra città  sono ostiche per i più. Sarà  felice Rita
Lorenzetti che è abituata alle biciclette del folignate e potrà  sentirsi a Palazzo
Donini ancora più come a casa propria?
Parlando di cose serie è il caso che risolte le questioni organizzative del
consiglio regionale, si cominci a discutere di come la recessione del Paese
incide nella nostra terra e quali politiche si rendono necessarie per cercare di
contribuire all’uscita dalla crisi. Insistere a presentare la nostra Umbria come
un’isola di benessere è sbagliato. Il dato dei livelli di occupazione nasconde un
mondo di precarietà  del lavoro che rende angosciante il futuro di molti giovani,
ma non solo. Le imprese in crisi sono ormai moltissime ed è tempo di dare
sostanza al lavoro fatto attorno al patto per lo sviluppo. Una discussione vera
sullo stato della nostra economia va fatta con rapidità  e con rapidità  tutte le
istituzioni devono aprirsi ad un confronto con tutti i protagonisti dello sviluppo
economico e sociale dell’Umbria.
Fare politica significa questo, e non conquistare posizioni di potere nella
struttura pubblica. Altrimenti i contraccolpi potranno essere pesanti.
Corriere dell’Umbria 15 maggio 2005

Giunta, bando agli slogan

Nessuno scommetteva un penny sulla sconfitta del new labour nelle elezioni
inglesi. La stessa “bibbia” del liberismo intelligente, The Economist, ha
sostenuto che se si voleva favorire una politica di centrodestra bisognava
votare per Tony Blair ed è tutto dire. Non c’era partita. I conservatori non
rappresentavano una alternativa di governo credibile. Una linea politica
razzista come quella dei tory non poteva essere condivisa dalla maggioranza
dei britannici. E così, per la prima volta nella storia nonostante uno dei peggiori
risultati elettorali della propria storia, i laburisti ottengono il terzo mandato di
governo. Un successo travagliato visto il tracollo di voti e il ridimensionamento
della maggioranza alla Camera dei Comuni, ma sempre successo è diranno i
riformisti D.O.C. italiani. La terza via di Tony sembra essere diventata un
viottolo. La guerra in Iraq ha avuto come effetto collaterale il
ridimensionamento della leadership blairiana.
Le elezioni inglesi hanno una certa importanza anche per noi ed è noto
l’apprezzamento per Tony Blair di una parte sostanziosa dei riformisti nostrani.
Anche per questo può essere utile approfondire ciò che è successo al di là  della
Manica.
Intanto va sottolineato un dato: il sessantaquattro per cento dell’elettorato ha
votato contro il new labour. Nonostante questo, il sistema elettorale inglese
consente a Tony Blair di conservare la carica di primo ministro. Prima
riflessione. Che sistema elettorale è quello che consente alla “minoranza” di
governare un Paese? Che sistema è quello che consente ai laburisti di ottenere
trecentocinquantacinque deputati con il trentacinque per cento dei voti mentre
i liberal-democratici con il ventidue per cento ne ottengono sessantadue di
deputati? E’ il maggioritario secco assicurano gli esperti. Sappiamo che questo
è il sogno di parti estese delle oligarchie politiche italiane.
Anche dalle nostre parti va scomparendo ogni criterio di rappresentanza delle
idee per privilegiare la governabilità . Pure nel nostro sistema politico una
ristretta cerchia di professionisti può tranquillamente decidere chi può entrare
nel privilegiato mondo degli addetti alla gestione della cosa pubblica.
Esemplare da questo punto di vista quanto sta succedendo nella formazione
delle giunte regionali a seguito delle recenti elezioni stravinte dagli unionisti. E’
vero che nel sistema attuale le giunte non sono più un organo istituzionale, ma
una sorta di consiglio di amministrazione in cui prevale sempre il presidente.
Concentrato il potere politico nel capo dell’esecutivo e il potere gestionale nel
management, l’assessore svolge, nel bene e nel male, un ruolo di
rappresentanza delle decisioni di altri organi. Pur per posizioni così
ridimensionate in molte situazioni è stato pesante l’intervento nazionale per la
scelta dei membri della giunta. Teoricamente la competenza è tutta del
presidente eletto, concretamente le giunte riflettono pressioni di lobbies
politiche e a volte ha prevalso l’esigenza di sistemazione di famigliari rampanti.
Comprensibile che a Roma si discuta dell’equilibrio politico nella ripartizione dei
candidati presidenti. Sembra eccessivo che si intervenga dal centro anche nella
formazione delle giunte. Prevalendo questa filosofia i presidenti avranno
almeno il potere di scegliere autonomamente il portierato? Siamo o non siamo
per il federalismo?
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La giunta regionale dell’Umbria si è formata tenendo presente esigenze diverse.
Esprimere valutazioni sulle qualità  dei prescelti non è nè educato nè gentile.
Messe alle spalle le polemiche susseguenti le scelte fatte è il caso di tornare a
discutere delle cose da fare con urgenza per affrontare una situazione
economico-sociale che anche in Umbria non è brillante. E non potrebbe essere
altrimenti. Se è il sistema Paese in difficoltà , l’Umbria non può che risentire
della crisi.
Intanto la difficoltà  della spesa pubblica. Tra tagli dei trasferimenti centrali ed
aumento dei costi, si pone anche per noi la questione di dove trovare le risorse
per almeno mantenere gli standard dei servizi pubblici ad iniziare da quello
sanitario.
E già  si vedono i rischi dell’accendersi di nuovi campanilismi per la ripartizione
delle scarse risorse. I campanili sono una reale risorsa dell’Umbria nella misura
in cui sono parte di un disegno generale e non espressione esclusiva del
lobbismo locale.
Torna l’infelice slogan di Perugia capitale piglia tutto? Sarebbe una catastrofe.
E’ consigliabile qualche approfondita lettura dei dati statistici rispetto alla
ripartizione della ricchezza regionale e della spesa pubblica allargata. Forzature
non sono utili a nessuno e una sorta di “leghismo” municipale umbro non
sarebbe migliore di quello in cui è maestro l’onorevole Calderisi.
Meglio una discussione anche aspra che stimoli il governo regionale ad aprire
una discussione partecipata che consenta di fare scelte innovative nei settori
ancora arretrati della nostra struttura economica, sociale e culturale.
Se il quadro generale è allarmante il lavoro che spetta alla nuova giunta non
sarà  lavoro facile. Ci vorrà  molta intelligenza e non guasterebbe un po’ di
passione politica. Non serve alla presidente alcuno slogan. Anche se la
tentazione di gridare “avanti miei Prodi” è forte è meglio lavorar tacendo.
Corriere dell’Umbria 8 maggio 2005