La politica catodica e quella della carriera

Che ha da guadagnare il Paese da una serata televisiva d’insulti
tra Prodi e Berlusconi? Niente. Soltanto un’altra dimostrazione
del degrado della politica italiana. Eppure i giornali sono pieni
di dubbi atroci. Ci sarà  o no lo scontro? Vincerà  la logorrea del
Cavaliere o la finta pacatezza del professore? Nell’incertezza c’è
chi gia pensa che questa campagna elettorale infinita sarà 
soltanto una delle tante occasioni in cui l’ultimo dei pensieri
dei candidati sarà  con quali idee e come si risolvono i problemi
di un Paese in frantumi. Meglio andare al cinema che perdere tempo
davanti alla rissa dei salotti TV? La scelta sembrerebbe facile.
Ma bisogna pur votare con qualche dato di conoscenza e allora
seguiamo questi nostri eroi.
La campagna d’inverno del cavaliere d’Arcore contro i comunisti
risponde ad una tesi precisa: la democrazia è come il mercato. Nel
mercato chi ha più risorse vince e i mezzi a disposizione deve
poterli mettere in campo. Nessuna regola, nessun vincolo. Le
regole si fanno su misura a colpi di maggioranza e avanti con
l’insulto. Le bugie e la creatività  degli slogan possono fare la
differenza. Fino all’ultimo spot contro la concorrenza, senza
timore della menzogna. La politica è un prodotto come un altro e
va venduto utilizzando tutti gli strumenti adatti per ottenere il
consenso, pensa il cavaliere. Essendo un venditore di sogni
Berlusconi ha bisogno di poter trasmettere i suoi miraggi.
Studi e analisi dimostrano che la televisione è il mezzo migliore
per implementare le vendite dei detersivi? La scelta è allora
obbligata: occupare la televisione può valere anche per vincere le
elezioni.
E’ vero che la politica, nonostante tutto, non è una merendina. Ma
lo stato comatoso della vita dei palazzi della politica è tale da
rendere possibile qualsiasi avventura. E l’Italia è una nazione
strana. Come è noto nella sua lunga storia di personaggi della
politica strani ne ha prodotti diversi, con conseguenze spesso
disastrose.
Bisognerebbe ricostruire un nuovo rapporto tra cittadini e
politica, ma la cosa non è facile. Tutto il personale politico si
è da tempo adagiato negli studi televisivi. Tra l’essere e
l’apparire molti hanno scelto l’apparire. Le presenze di alcuni
dirigenti, anche della sinistra, nei diversi programmi televisivi
è da Guinness dei primati. Non si capisce quando hanno tempo di
studiare una legge, parlare con gli elettori, andare ad una cena
con amici. O magari nella toilet, leggere un libro.
Il rapporto con i militanti e la gente comune è diventato un
optional mediato dal tubo catodico.
Al di là  di tutto ciò la vita continua con i problemi materiali
che bisogna affrontare.
Sono problemi difficili anche per la nostra regione se una delle
aree a più consolidato sviluppo, l’Alta Valle del Tevere, è dovuta
scendere in sciopero per rappresentare le proprie difficoltà .
Stiamo parlando dell’area dell’Umbria che nei decenni ha avuto
tassi di crescita elevatissimi rispetto a molte altre realtà 
regionali. Eppure i sindacati hanno chiamato cittadini ed
istituzioni ad una mobilitazione per un rilancio dello sviluppo.
E’ noto che il sindacato umbro non è guidato da estremisti. E’
piuttosto il dinamico patto per lo sviluppo l’orizzonte per cui
sognano e lavorano gran parte dei leader sindacali. E allora
perchè lo sciopero?
Singole aziende in crisi, incertezze strategiche per il comparto
del tabacco si accompagnano ad una difficoltà  del settore pubblico
a causa dei tagli della finanziaria 2006. Situazione complessa
insomma.
E che succede in consiglio regionale? Nella discussione per
l’approvazione del Bilancio, la maggioranza si divide sui
finanziamenti agli oratori!
Confesso che non conosco l’argomento. Posso immaginare che
l’occasione sia stata il pretesto per un’altra tornata della
guerra tra guelfi e ghibellini. Stupisce però che nella
discussione, leader del centrosinistra, considerino la laicità 
dello stato come un’arcaica rigidità . E’ la Costituzione vigente
che prevede ciò e se è più che legittimo dichiararsi religiosi lo
è altrettanto dichiararsi laici o non religiosi. Poi se le leggi
lo prevedono, è giusto che oratori o associazioni culturali laiche
ottengano finanziamenti pubblici. Libera Chiesa in libero Stato.
De Gasperi insegna. O no?
Le liste dell’Unione, dicono i bene informati, sono cosa fatta.
Discussione difficile anche per la creativa scelta di unificare le
liste dei DS e della Margherita per la Camera dei Deputati. Alcuni
volti nuovi, molte facce note, poco che meriti l’entusiasmo delle
masse.
Una sola considerazione. Mi viene spontanea dalla lettura di un
libro di Rossana Rossanda. Nel bellissimo scritto, Rossanda
ricorda: “Non faceva nessuna impressione non venire eletti, non ci
si sentiva come si dice adesso “trombato”, rischio che oggi
nessuno vuol correre come eminentemente indegno. Se qualcuno si
azzardava a organizzarsi da se le preferenze veniva duramente
ripreso. Resto convinta che era un sistema più pulito correre per
la propria causa che per se.”.
Che dire? Il rapporto dei singoli con la politica è diventata
altra cosa e la propria causa, per molti è letterale. Si tratta
della propria carriera.
E poi Rossana Rossanda è una ragazza del secolo scorso.
Corriere dell’Umbria 5 febbraio 2006