Barack Obama sarà  il candidato per il partito democratico alle elezioni presidenziali americane del prossimo novembre. Per fortuna le notizie dal mondo non sono soltanto disastri economici, guerre e tragedie ambientali. La nomination di Obama, ottenuta dopo un percorso che ha visto milioni e milioni di democratici impegnati per scegliere chi contrapporre al repubblicano McCain, è stata salutata con entusiasmo in tutte le parti del mondo.
Può stupire che in un momento in cui il diverso, di colore, di religione, di razza è oggetto di discriminazioni, di leggi speciali che incidono nella libertà  di ciascuno, il Paese leader del mondo, gli Stati Uniti, esprimano un candidato nero per la presidenza e non il consueto wasp.
E’ una novità  storica che dimostra la capacità  della democrazia americana di rispondere con coraggio al degrado economico e sociale. Personalmente ritengo che la gravità  della crisi economica e di egemonia dell’America sia tale da sollecitare una svolta radicale nella politica di quel grande Paese. Dopo sette anni di Bush non c’è settore della società  americana che non sia in arretramento. Soltanto le grandi corporation del petrolio e degli armamenti vanno alla grande. La recessione non è più uno spettro, ma la dura realtà  quotidiana di quel Paese. In Arkansas e in altri Stati, l’aspettativa di vita si è ridotta di quattro anni, la povertà  è tale che paiono zone dell’Africa nera!! Non è un castigo divino, ma il risultato delle scelte dell’Amministrazione di G.W.Bush e delle sue guerre. La finanziarizzazione dell’economia ha fatto il resto.
Le spese militari sono più alte di quelle per la scuola e per la sanità . I ricchi sono stati detassati e la povertà  riguarda ormai non solo i blue collar, ma anche ceti medi che fino a pochi anni or sono avevano standard di vita di buona qualità . Una realtà  in grave difficoltà  che ha stimolato il Partito Democratico a scommettere su un nuovo tipo di leader politico come Barack Obama.
Anche l’Italia è in crisi, ma ha scelto la continuità  del berlusconismo. Il voto di aprile è stato netto e indiscutibile. La risposta della destra al degrado del Paese è stata convincente, quella del PD debole, quella della sinistra nemmeno presa in considerazione dall’elettorato.
Il Partito Democratico non ha attivato alcun processo di analisi e discussione rispetto al disastro evidente di un’ipotesi politica su cui si era scommesso alla grande. I gossip di scontro su questo e quell’argomento non aiutano certo a dare un’identità  ad un partito che molte speranze, all’inizio del percorso, aveva dato. Ma di analisi serie non se ne vedono. Anzi in qualche realtà , per esempio in Umbria, i gruppi dirigenti sembrano più interessati agli organigrammi futuri che ad una riflessione sul come rafforzare i legami con le forze sociali e culturali che hanno scelto nel voto la destra e non il PD.
Uno sforzo andrebbe fatto per impedire che lo smottamento che ha fatto vincere Berlusconi non si ripeta anche nei prossimi appuntamenti elettorali. Anche in Umbria, senza novità  sostanziali nelle scelte politiche-amministrative e nella scelta di uomini e donne da impegnare nella pubblica amministrazione, non andranno da nessuna parte nè il PD nè la sinistra. La ricreazione è finita assieme alla rendita di posizione che ha consentito ad un ceto politico di autoriprodursi per decenni impedendo quel ricambio di gruppi dirigenti senza il quale prevale la sclerosi dei partiti. Senza rinnovamento di temi e di leader la politica rimane un mondo a parte che non interessa i cittadini. La politica è stata privatizzata e feudalizzata da un ceto politico inossidabile che non accetta alcun passo indietro nonostante le sconfitte subite. E’ questo il vero disastro prodotto in questi decenni.
Se il PD è in prudente attesa, la sinistra va a congresso. Sia il PDCI che Rifondazione hanno convocato i loro congressi per il mese di luglio. Non so esattamente quante siano le mozioni che si contrappongono. Credo tre nel PCDI e cinque in Rifondazione.
E’ provato che congressi a mozioni non sono un buon viatico per trovare una unità  che a lume di logica sembrerebbe il primo passaggio obbligato per ricominciare a incidere in una realtà  molto difficile come quella italiana. Al di là  della buona volontà  dei capo mozione il rischio della “militarizzazione” degli schieramenti di appoggio a questa o a quella proposta congressuale, c’è tutto. Ciò renderebbe praticamente impossibile che la sinistra esterna ai due partiti possa dare un contributo di idee ai due partiti? Il pericolo c’è e farebbero bene i leader di PDCI e Rifondazione a studiare modi che permettano ai non iscritti di dire la loro, rispetto alle priorità  programmatiche di una nuova sinistra. Certo, se si vuole una nuova sinistra. Se invece ci si muove all’interno di antiche certezze e simboli, se si rivendicano identità  sconfitte o ritorni a mondi scomparsi, la discussione interesserà  soltanto gli addetti ai lavori che come ovvio tendono a scemare ad ogni sconfitta.
Invece, nonostante la batosta elettorale, nella società  italiana permangono forti le spinte democratiche e in tanti ambienti la voglia di riscatto è presente. Si tratta di individuare i modi con cui far emergere tutto ciò. Con umiltà  e senza settarismi si possono trovare in molti mondi tante intelligenze disposte a combattere le distorsioni figlie del berlusconismo rampante.
Ad esempio, siamo proprio certi che nel mondo cattolico la dichiarazione di Berlusconi di consonanza dell’azione del governo con le priorità  del Pontefice, non abbiano provocato brividi nei settori più avanzati del cattolicesimo?

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