Come un bambino viziato e dispettoso Berlusconi ne ha fatta un’altra delle sue.
Si sta per svolgere il Congresso nazionale dei DS? E che ti fa il cavaliere di
Arcore: convoca il consiglio nazionale del suo partito personale, Forza Italia,
per offuscare il dibattito della maggior forza di opposizione. Il consiglio
nazionale di Forza Italia è noto per essere un organismo inutile come una torta
di plastica. Relaziona Berlusconi, interviene Berlusconi, conclude Berlusconi.
Essendo proprietario di quasi tutto il sistema della comunicazione, Berlusconi
ha potuto continuare nelle sue ossessive sparate contro il comunisti da tutte le
televisioni del Paese. Perchè meravigliarsi? Parlare di scorrettezze con uno
come il padrone della Casa delle libertà  sarebbe come chiedere ad un pavone
di non allargare la ruota.
Meglio che Prodi e compagni comincino a parlare d’altro se vogliono vincere le
elezioni regionali. E di altro hanno cominciato a parlare nel congresso di Roma.
La scelta della Federazione tra DS, Sdi e Margherita è cosa fatta. Sarà  un
nuovo partito? D’Alema dice che si vedrà  in corso d’opera. Per ora lo statuto
approvato dai DS assegna alla FED responsabilità  primarie nelle scelte concrete
di politica interna ed internazionale. Le liste unitarie per le regionali saranno un
altro passaggio decisivo per verificare l’appeal elettorale della Federazione. Si
spera che non si ripeta l’esperienza delle elezioni europee che, come si sa, non
fu brillantissima. Il partito dei riformisti è in costruzione e i diessini ne sono il
motore fondamentale.
I DS sono la principale forza politica organizzata. Si può dire di tutto, ma oltre
mezzo milione di iscritti e strutture territoriali diffuse almeno in una parte del
Paese, sono una energia essenziale per qualsiasi politica alternativa alla destra.
Lo si vede nel nostro piccolo in Umbria. Da noi sono ormai decenni che la
sinistra con varie etichette governa la maggior parte della struttura pubblica
locale. E l’ultimo congresso regionale dei DS ne è stata la dimostrazione
plastica. Non c’erano grandi attese per una assemblea congressuale in cui tutto
era stato deciso prima dai congressi delle unità  di base. La mozione Fassino
aveva stravinto e il candidato alla segreteria regionale era unico.
Sembrava un congresso di normale amministrazione in cui si dovevano
soltanto raccogliere i frutti di tornate elettorali positive (le amministrative del
2004), fare il punto magari sulla qualità  espressa dal governo regionale e
locale, predisporre le truppe per le prossime elezioni per la riconquista di
Palazzo Donini. Non è andata esattamente così. Lo scontro c’è stato ed è stato
molto aspro. Non sulla elezione del segretario. Figuriamoci, Bracco ha preso il
93% dei voti. Un vero plebiscito che ci ha fatto sentire giovani. Chi non ricorda
(con qualche angoscia) le elezioni per applauso dei segretari dei partiti
comunisti del blocco sovietico? Chi può dimenticare quei comitati centrali in cui
soltanto sparute minoranze votavano contro il segretario?
Eppure il 93% dei voti a Bracco non fotografano un partito unito.
Bracco ha posto un problema di fondo. Rischiamo di diventare il partito degli
amministratori? Non è quesito nuovo. Negli anni ’70 il dibattito si aprì nel PSI e
i giovani leoni del craxismo montante riuscirono a scalzare dal potere la
vecchia classe dirigente socialista. Alla fine degli anni ’80, nella stagione
dell’occhettismo vincente, toccò al PCI. Anche allora si denunciava una
situazione in cui i “poteri forti” condizionavano le amministrazioni. Non fu
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chiarissimo in quali circostanze questo avvenisse, ma il nuovo doveva avanzare
ed avanzò alla grande.
Perchè oggi Bracco e non solo pone la stessa problematica? E’ un problema
reale o sottostante c’è qualcosa d’altro? Che la politica anche in Umbria
esaurisca la sua funzione soltanto all’interno della gestione della cosa pubblica
non è una novità , ma la responsabilità  non può che essere collettiva. Che la
politica sia stata “personalizzata” è una denuncia non di oggi. Non dipenderà 
dal sistema politico che si è voluto imporre? E al di là  del bipolarismo che ci
può stare non sarà  che il maggioritario e il presidenzialismo in tutte le sue
versioni favoriscono la feudalizzazione delle classi dirigenti politiche? Scansati
tu che mi ci metto io sembra essere ancora una volta lo slogan dei nuovisti in
movimento. Il problema vero sono le regole che mancano nella costruzione del
ceto politico. Prendiamo il limite nei mandati elettorali. Prevedere che il limite
sia due mandati è fuorviante. E’ ovvio che potrà  essere disatteso per molti
motivi e comunque non risolve il fatto della carriera politica. Fare due mandati
in regione, due al parlamento, due in provincia, due in un comune per un
dirigente significa essere impegnato nella macchina pubblica per 40 anni 40.
Non è poco. Ci vogliono altre regole fissando anche incompatibilità  e criteri
condivisi nella scelta dei candidati. Ad esempio, è acquisito il fatto che il listino
per le elezioni regionali è una assurdità . Che ci siano persone che entrano
nell’assemblea regionale senza essere elette stride con la trasparenza e con la
democrazia. Non si è potuto (?) cambiare la legge e allora si dovrebbe stabilire
un criterio per l’uso dei posti del listino. Se c’è una logica questa dovrebbe
portare ad inserire nel listino candidati nuovi che non hanno ancora quel
consenso elettorale che deriva dalla notorietà . Una giovane donna? Un
rappresentante della cultura o della produzione? Un ragazzo da sperimentare?
Questo dovrebbe essere il criterio. Nei palazzi della politica sembra invece che
si discuta del listino in altro modo. Posto sicuro? Mettiamoci i capi della
coalizione. Sinceramente la cosa sarebbe paradossale. Un leader affermato non
può che cercare il consenso popolare anche attraverso il voto.
Sono gli oligarchi che si sentono predestinati ad un potere che non richiede a
nessuno, specialmente agli elettori, alcun mandato.
Corriere dell’Umbria 6 febbraio 2005

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