La Costituzione presa a schiaffi

Referendum, referendum, reclamano a gran voce tutti i leader del centrosinistra.
Richiesta sacrosanta quanto ovvia per ogni democratico. Al
referendum abrogativo delle modifiche costituzionali, volute da Bossi e
Berlusconi, ci si deve andare non per concessione della destra,ma perchè lo
prevede la Costituzione all’art. 138. Il problema non è questo. L’impressione è
che si invochi con veemenza il referendum per mettere da un canto quanti, tra
i riformisti di ogni colore, non disdegnano affatto il lavoro attuato dai
berluscones. Alcuni di costoro hanno già  dichiarato che il capo del governo
previsto nelle modifiche”¦non è forte abbastanza!! Figuriamoci, se prevalesse
questa tesi, magari lavorando a qualche evento bipartisan, vincere il
referendum abrogativo sarà  impresa titanica. Va a spiegare tu alla popolazione
che se una legge la vuole Bassanini ed è sponsorizzata da “Il Riformista”, va
bene e se è Calderoli il legislatore e “Il Foglio” l’organo celebratore, non va più
bene.
Domanda di un cittadino di media cultura politica: Prodi è stato a Bruxelles per
cinque anni e si può capire la disattenzione di questi anni su quanto stava
succedendo nel Parlamento italiano, ma i vari leader dell’Ulivo, dei DS,ecc.
ecc”¦ dove erano, quando ad ogni livello, si è lavorava testardamente per la
personalizzazione della politica? Aver imposto il sistema elettorale
maggioritario senza prevedere pesi e contrappesi adeguati, aver svuotato di
ogni potere la rappresentanza delle assemblee, non anticipava quanto vuol
fare Berlusconi del Parlamento? Aver consentito venti sistemi elettorali diversi
per le elezioni regionali (uno per regione) non incrina di fatto l’unità  nazionale?
Chi sono stati i responsabili, si fa per dire, di questa lunga estenuante
transizione istituzionale? Si va educando il Paese, elezione dopo elezione,
all’uso della politica come fatto personale. Come ci si può meravigliare se un
gentiluomo come il cavaliere di Arcore impone al Parlamento una riforma della
Costituzione che assegna al leader maximo tutto il potere?
Bisogna essere chiari e rigorosi nel giudizio: quanto contenuto nella “nuova
costituzione” della destra è il pessimo esito di una lunga stagione politica
iniziata con lo slogan craxiano della “Grande Riforma”. Certo è inimmaginabile
che il segretario del PSI avrebbe lavorato a sradicare in questo modo la Carta
Costituzionale. Il PSI era stato un artefice fondamentale di quella normativa
mentre Bossi, Berlusconi e Fini sono estranei per natura e sensibilità  ai valori
fondanti la Repubblica Italiana. La destra è noto che considera la Carta come
costruita con un timbro sovietico e figlia di una pessima stagione politica.
Non considerare un feticcio la Costituzione del 1948 è stato forse giusto, ma è
altra cosa dal lavoro fatto per distruggerne l’essenza e i valori invece di cercare
una sua moderna applicazione. L’assillo della governabilità  nasce negli anni ’80
ed ha travolto molti anche nel centro-sinistra. Non bisogna dimenticare il
percorso, le scelte legislative e referendarie compiute oltre che l’ideologia che
caratterizza la “riforma” berlusconiana. Berlusconi ha in tutta evidenza
raccolto, a modo suo, in un terreno che altri hanno concimato, arato e
seminato con altri obbiettivi o magari soltanto per non apparire conservatori.
E’ vero che Berlusconi ha incassato una serie di leggi personalizzate ed oggi
può vantare l’ipotesi di una Costituzione personale, ma il cavaliere era un
imprenditore gravato di debiti quando di Bicamerale in Bicamerale, il centro2
sinistra lavorava per destrutturare di fatto la Carta del 1948 ritenuta ormai
obsoleta, poco moderna.
Non è stato mai spiegato da nessuno perchè la Costituzione americana, con
oltre duecento anni alle spalle va benissimo e la nostra è vecchia dopo
cinquanta. Misteri del riformismo nostrano.
L’ansia di dare più potere al capo del governo unita a leggi elettorali
farraginose, hanno negli anni privato la democrazia italiana della sua essenza
vitale. Una democrazia vive nel rapporto del popolo con la politica. La politica
ha un senso se è capace di organizzare gli interessi e la rappresentanza oltre
che governare la cosa pubblica. Negli anni è scomparso nei partiti ogni criterio
di rappresentanza sociale e culturale. Ciò a reso la lotta politica una lotta
feudale di leader e leaderini obbligati dal sistema elettorale alla conquista del
feudo e delle lobbies portatrici di pacchetti di voti personali. Sempre più la
politica si è separata dalla sensibilità  delle masse popolari, ma anche
dall’interesse delle elite culturali e sociali.
Questa è la peggiore campagna elettorale a cui ho partecipato, mi ha
assicurato un dirigente politico di primo piano. Gli ho creduto senza fatica ed
ho domandato se è ipotizzabile un ravvedimento delle forze politiche per il
prossimo futuro per ciò che concerne il sistema politico.
Alla scadenza delle elezioni politiche si aggiunge quella per il referendum
costituzionale ed andarci con le stesse idee e convincimenti che hanno
caratterizzato gli ultimi dieci anni non sembrerebbe buona cosa a chi apprezza
la democrazia prevista dalla Carta Costituzionale ante modifiche berlusconiane.
Per il centro-sinistra sarebbe grave una sconfitta alle elezioni politiche. Una
tragedia per tutti se il popolo non avvertisse i rischi per la democrazia insiti
nella mostruosità  istituzionale a cui ha brindato Bossi il 23 marzo. Una
catastrofe democratica se la gente non partecipasse in maggioranza al
referendum abrogativo.
Conoscendo l’inossidabilità  di certi dirigenti del centro-sinistra
autocritiche non sono prevedibili. E l’autocritica non sarebbe decisiva se nelle
scelte concrete che compiranno, subito dopo le elezioni regionali, i leader
dimostreranno di voler cambiare strada almeno per le questioni istituzionali.
Corriere 27 marzo 2005

Destre momento critico
Settimana da incorniciare per l’Italia governata, si fa per dire, dai barluscones.
Ha iniziato la Banca d’Italia comunicando che la produttività  si è abbassata del
25% e che gli altri indicatori economici sono tutti pessimi: scrollata di spalle
dei dirigenti forzisti. Interviene l’Avvocatura generale dell’alta corte europea
per definire illegittima l’IRAP, la tassa regionale sulle attività  produttive che
porta nelle casse dello Stato 21 miliardi di Euro all’anno. L’efficiente Ministro
Siniscalco rassicura che prontamente il governo interverrà . Da ultimo ti arriva
L’Eurostat, istituto di statistiche europee, per annunciare l’impossibilità  di
certificare i dati del bilancio italiano per gli anni 2003 e 2004. I dati non sono a
posto. I conti non tornano. Berlusconi inveisce contro i burocrati di Bruxelles.
Eppure era una settimana iniziata in grande allegria. Il cavaliere, utilizzando il
consueto salottino televisivo, accudito come un bambino dall’elegante e
servizievole Vespa, aveva comunicato al mondo che le truppe italiane
avrebbero iniziato a ritirarsi dall’Iraq il prossimo settembre. La notizia,
rilanciata da tutti i network televisivi e dalla carta stampata, era giunta alla
Casa Bianca tramite la CNN e a Londra a mezzo BBC. Blair ha rischiato di
ingoiare un tramezzino intero e G.W.Bush ha rischiato il soffocamento da
hamburger. Il mondo politico italiano è entrato in fibrillazione e i grandi
editorialisti si sono cimentati con ardite interpretazioni del significato
dell’annuncio berlusconiano.
Ce lo poteva dire prima, lamentano i riformisti-riformisti. Avremmo potuto
anche noi votare per il rifinanziamento della missione in Iraq, che diamine, non
aspettavamo altro.
Bastano poche ore, qualche telefonata in inglese e il “nostro” trasforma tutto in
un’ennesima barzelletta dovuto alla consueta congiura dei giornalisti comunisti
infiltrati anche nei mass media anglosassoni. Via dall’Iraq? E quando mai.
Staremo in quel Paese fino a quando lo vorranno i nostri amici americani.
Siamo tutti più tranquilli sapendo che l’amico George si è fatto una grande
risata finendo l’hamburger e che Tony è potuto tornare a sorridere pappandosi
il suo tramezzino alla mostarda.
Allegria per tutti meno che per il Presidente Ciampi. Annichilito per il disprezzo
del Parlamento dimostrato anche in questa circostanza da Berlusconi, il
Presidente della Repubblica non ha apprezzato la giovialità  del cavaliere di
Arcore.
Che vogliamo di più? Quale altro Paese può vantare un primo ministro così
creativo? E in quale altra nazione una campagna elettorale si svolge con tante
cortesie tra competitori come quella per le regionali del 3 e 4 aprile?
Nonostante l’arrivo di leader nazionali di rilievo, il confronto politico non cresce.
Aumenta certamente il colesterolo a causa delle cene e banchetti elettorali, ma
parlare di un dibattito sui programmi delle due coalizioni ci sembra eccessivo.
E’ responsabilità  dei singoli candidati produrre programmi di governo? Difficile
immaginarlo. I partiti funzionano ormai soltanto come comitati elettorali e
risolto il problema delle liste sembrano ritirarsi in attesa dei risultati per la resa
dei conti.
Le coalizioni esprimono piattaforme di governo molto generiche. Quando si
tratta di conquistare la preferenza personale bisogna mettere in campo altre
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risorse organizzative e lo spazio per grandi confronti ideali sembrano proprio
un lusso.
D’altra parte, il quadro di riferimento nazionale è quanto mai incerto. Il debito
pubblico allargato sembra di difficile controllo e in un quadro di trasferimenti
centrali decrescenti è complesso immaginare credibili programmi di sviluppo
economico. Salvaguardare lo stato sociale diviene difficile. A Roma si sta
votando una “riforma” costituzionale che muterà  alla radice il sistema
istituzionale italiano con riflessi serissimi per il ruolo e significato degli enti
regione e delle autonomie locali. Altro che federalismo solidale. Il rischio è
quello di una confusione istituzionale in cui le aree forti diventeranno più forti
alla faccia della parte debole del Paese. L’Umbria non è il meridione, ma
immaginare un’autosufficienza delle nostre risorse per mantenere servizi
essenziali e per risolvere i nostri problemi infrastrutturali e della struttura
economica è una sciocchezza.
In un quadro così complesso la campagna elettorale sfila via senza grandi
avvenimenti. Non è classificabile come un avvenimento l’arrivo in Umbria del
Ministro Giovanardi. Il Ministro, non si sa in base a cosa, ci ha informati che
nella nostra comunità  “è limitata la libertà  di espressione”. Distratti, non ci
eravamo accorti che il regime catto-comunista dell’Ulivo e di Rifondazione
imperante in Umbria controllasse case editrici, stampa e televisioni. Di cosa
parlano? Forse la destra dovrebbe fare uno sforzo per capire meglio la realtà 
che vorrebbe governare al posto del centrosinistra. Il nodo è proprio questo: la
destra non sembra conoscere le contraddizioni pur presenti anche nella nostra
regione. Si può fare un bilancio positivo o negativo dell’amministrazione
Lorenzetti e si può criticare il programma presentato dall’Unione per la
prossima legislatura. L’importante è che il giudizio sia argomentato e
verosimile. Non si conquistano voti con slogan generici o denunciando la paura
della Lorenzetti al contraddittorio con Laffranco. E chi ci crede?
E’ vero che la lunga consuetudine con il governo locale avvantaggia molto la
coalizione di centrosinistra. Ciò ha consentito la formazione di una classe
dirigente sulla cui qualità  è più che legittimo discutere, come non vederne
l’ossificazione? Ma sempre di una classe dirigente collaudata si tratta.
Il problema è che il centro-destra non ha saputo utilizzare (scomparsa la
Democrazia Cristiana) gli spazzi che anche dall’opposizione si possono avere
per costruire quadri credibili e il litigio interno ha dominato la destra politica.
Corriere dell’Umbria 20 marzo 2005