Si può manifestare contro il precariato?

La liquefazione dei partiti come strumenti di organizzazione degli interessi e di valori condivisi ha comportato, oltre che l’indebolimento della democrazia, anche l’esplodere dei particolarismi e della scesa in campo di movimenti che cercano di incidere nelle scelte della politica istituzionalizzata. Se si ha la pazienza di ripercorrere le cronache dell’autunno del 2005 si avrebbe la conferma che la discussione parlamentare attorno alla finanziaria provoca sempre manifestazioni di diversi raggruppamenti sociali. Gruppi d’interesse più o meno significativi si sono sempre mobilitati per ottenere modifiche al documento di spesa che i parlamentari deliberano prima della fine dell’anno. Niente di nuovo sotto il sole si potrebbe dire. Ma purtroppo non è così.

Durante l’Era del dominio del cavalier Berlusconi si sono svolti sei scioperi generali, ma come è noto il centrodestra tirò dritto nella sua politica economica incentrata sull’inventiva del ministro Tremonti. Occorreranno anni per recuperare i danni sociali ed economici prodotti, ma l’Italia è un Paese a memoria corta e adesso sotto tiro c’è la finanziaria di Padoa Schioppa. Come va? Ho domandato ad un dirigente locale diessino. Alzata di spalle e tra lo scherzoso e il serioso mi ha detto: “Vado a studiare le ultime novità  della finanziaria. Ciò che era vero ieri, oggi non lo è più. A Roma cambiano idea due volte al giorno. Vallo a spiegare ai compagni di Umbertide l’aumento del bollo auto! Ho il colesterolo alto, speriamo che non inventino una tassa anche per questo. Sai, ha aggiunto, il colesterolo alto indica anche consumi alimentari ad elevato tasso di grassi animali”. Anche una battuta scherzosa può indicare uno stato d’animo. E lo stato d’animo del popolo del centrosinistra è molto inquieto e sconcertato. Giustamente viene naturale aggiungere. Ha un bel dire Prodi che tutto dipende dalla campagna di aggressione verbale della destra.

L’impressione più diffusa è quella di trovarsi di fronte ad una compagine governativa incerta e incapace di dare un’anima alle cose che propone. Esattamente come quando erano all’opposizione, leader e leaderini hanno ripreso ad inseguire i microfoni per fare dichiarazioni su tutto e su tutti senza che Prodi riesca a dare un ordine alla logorrea e al protagonismo dei vari pezzi della coalizione. Più che l’armata Brancaleone a volte i governanti sembrano le allegri comari di Windsor. Prendiamo una cosa semplice come la manifestazione di Roma contro il lavoro precario.

Organizzazioni del sindacato, assieme a movimenti di varia matrice politica-sociale hanno indetto per oggi, sabato, una manifestazione. Alcuni parlamentari ed alcuni sottosegretari hanno dichiarato la loro partecipazione. Apriti cielo. Altri pezzi dei partiti di governo gridano allo scandalo e minacciano catastrofi. Perchè? Fassino ha partecipato a varie manifestazioni, alcune di protesta o di proposta di modifica della finanziaria in discussione nel Parlamento. Perchè ci si meraviglia se la sinistra partecipa ad una manifestazione contro il precariato? Non è un problema rilevante la qualità  del lavoro? 1 E’ vero o no che un’intera generazione rischia di passare l’intera sua vita a cercare un lavoro? Una occupazione che sia anche flessibile, ma anche scandita dal diritto ad un futuro decente. Passare la vita in attesa del rinnovo di un contratto (quando c’è) non è un bel vivere. Chi ha un figlio o una figlia tra i venti e i quaranta anni ha cognizione di cosa si parla. Nel nostro Paese la flessibilità  è una favola e nasconde una merce avariata. Mancano in Italia gli strumenti per una flessibilità  accettabile. Ad esempio, non esistono ammortizzatori sociali capaci di rendere meno precario il lavoro di milioni di giovani ed anche di meno giovani espulsi dal processo produttivo. La flessibilità  diviene un valore soltanto quando tutti i lavori consentono forme di protezione assicurativa, privata o pubblica fate voi, e decenti indennità  di disoccupazione tra un lavoro e l’altro. In tutti i Paesi europei questi meccanismi esistono. Da noi no. Nel programma dell’Unione presentato all’elettorato è con chiarezza rappresentata l’esigenza di andare oltre l’attuale precarizzazione del lavoro. Su questo anche si è chiesto il voto.

I programmi non sono la Bibbia, ma vanno rispettati. Non si capisce perchè sia legittima la pressione della Confindustria o del sindacato degli statali sul governo e non lo sia quella del movimento contro la precarietà . In Umbria il tasso di disoccupazione non è dissimile da quello delle altre aree del centro eppure l’incidenza del monte salari sul prodotto interno regionale continua a diminuire. Perchè? Ovviamente i posti di lavoro che si sono creati sono segnati da precarietà  e da bassi salari. Ha consentito, la “flessibilità “ del fattore lavoro, l’innovazione nel sistema produttivo industriale? E’ cresciuto adeguatamente un terziario avanzato competitivo? L’impressione (è un’impressione personale non supportata da studi adeguati) è che nella nostra regione continui a prevalere uno sviluppo squilibrato in cui le punte di eccellenza che pur vi sono, galleggiano sopra uno stagno abbastanza fermo. Se così fosse, allora sarebbe tempo di andare oltre le interessanti discussioni sull’innovazione e cominciare a riprogettare la nostra economia ad iniziare dal nodo della spesa pubblica. L’incidenza di quest’ultimo fattore della crescita sul PIL regionale, è tale da impedire qualsiasi cambiamento se non partendo da diverse priorità  nella spesa decisa dai palazzi della politica. Impresa non facile.

Le rigidità  dei bilanci della macchina pubblica si aggraverà  a causa dei tagli della finanziaria 2007. Ci sarà  bisogno di grande determinazione e di eccellente creatività  progettuale della classe dirigente regionale. Attendiamo con rinnovata fiducia. [Corriere dell’Umbria 5 novembre 2006]

Il vero regime in Umbria

Regime: ordinamento politico, forma o sistema statuale o di governo (vocabolario Treccani).

Senza aggettivi la parola regime non ha alcun valore negativo o positivo. Il vescovo di Perugia ha specificato di aver ripreso il termine nel senso dato dal Professor Galli della Loggia in un libro di alcuni anni or sono. Colpisce che il gentile Vescovo faccia proprie le analisi di una persona tanto colta, ma tanto di parte come Galli della Loggia. Al di là  di ciò, il problema è se queste analisi corrispondono alla realtà  della storia dell’Umbria. Una prima osservazione riguarda la periodizzazione. Si dà  per acquisito che per sessanta anni l’Umbria sia stata guidata da un regime politico della sinistra. E’ errato. La sinistra (comunisti e socialisti) ha guidato gran parte delle amministrazioni comunali dal 1946 al 1964. In quell’anno i governi locali passarono all’alleanza tra democristiani e socialisti. Soltanto la Provincia di Perugia rimase in mano ai comunisti assieme a pochi altri comuni. In quel tempo il potere reale dei governi locali era ben misera cosa. Risorse poche, i sindaci dovevano inventarsi competenze e cercare di aggregare le forze produttive regionali attraverso progetti e idee di sviluppo. Un centralismo soffocante impediva qualsiasi possibilità  di decisione all’autogoverno locale. Nella mia infanzia politica ricordo che uno degli slogan elettorali era: “Mettiamo fine al regime democristiano”.

E sì, anche noi comunisti definivamo regime quel sistema degli ininterrotti governi nazionali che escludevano a priori il secondo partito nazionale: Il PCI. Anche la nostra era propaganda, ma potevamo argomentare con il fatto incontrovertibile che quei governi riservavano un trattamento non positivo ad una regione sottosviluppata come era l’Umbria. Nei primi anni sessanta, per due volte, furono discusse in Parlamento mozioni che riguardavano l’arretratezza della nostra terra: una delle regioni a più alto tasso d’emigrazione d’Italia. L’esperienza dei governi locali DC-PSI-PRI-PSDI, terminò in Umbria nel 1970 con la ritrovata all’alleanza PCI-PSI. Soltanto alcune zone rimasero, come si diceva allora, “bianche”, ciò dirette da democristiani. L’alleanza ha retto fino agli inizi degli anni novanta e poi come è noto al potere oggi stanno la sinistra e la Margherita. Significativi comuni (Terni, Assisi, Nocera Umbra, Passignano, Norcia e altri) negli anni hanno visto amministrazioni di centro destra al potere. Non posso esprimere giudizi sul grado di soddisfazione dei cattolici in quelle aree non governate dal centrosinistra, certo che non si è trattato di esperienze amministrative che hanno lasciato il segno. Ma come si vede è fuorviante ed è falso parlare di un potere di sessanta anni della sinistra. E poi il potere non risiede soltanto negli organi elettivi. C’è una grande fetta di potere che è gestito da altri organismi. Strutture che non necessitano del consenso popolare, ma che hanno un’incidenza fondamentale nella vita della cittadinanza.