Congressi

Conclusi i congressi di sezione, i diessini si accingono ai congressi di livello superiore che termineranno a Firenze con il congresso nazionale. Congressi in cui di linea politica non si parlerà : la scelta è stata fatta dalla base e ha i caratteri dell’irreversibilità . Fassino ha vinto con il 75% dei voti e si accinge ad essere re-incoronato come segretario di un partito provvisorio. Infatti, il regno di Fassino non sarà  di lunga durata. Tra meno di un anno i diesse si scioglieranno nel nuovo partito democratico e la lunga e perigliosa storia iniziata da Achille Occhetto a Bologna nel 1989 si concluderà . Muore il Pci e si forma il PDS, dopo pochi anni si perde la “P” e abbiamo i DS. Con questo congresso si perde la “S”, rimane la “D”.
I protagonisti di questo taglio di lettere sono sempre gli stessi da oltre venti anni. Forse è per questo che lo zoccolo duro delle regioni ex-rosse ha votato in massa per la mozione del segretario: è un meccanismo che ha funzionato in tutta la storia del vecchio PCI e delle “Cose” ad esso succedute. Chi non ricorda le ovazioni popolari per Pietro Ingrao? Poi al momento del voto era sempre il segretario che vinceva (chiunque egli fosse) e Ingrao perdeva al di là  degli argomenti che portava per le sue tesi politiche.
Rimane il dato importante della partecipazione al voto sulle mozioni. Duecentocinquantamila militanti hanno votato nelle assemblee congressuali. Ed ha ragione D’Alema a richiedere rispetto per questa espressione di democrazia di massa. Con tutto il rispetto, per capire meglio, considererei sarebbe utile una analisi approfondita dell’attuale stratificazione sociale dei DS. Ad esempio in Umbria una parte decisiva dei gruppi dirigenti, ad ogni livello, è formata da dipendenti pubblici. Dirigenti espressione del mondo della produzione sono rari come i panda. I responsabili politici sono spesso impiegati pubblici tutti ottimi e in buona fede, ma che forse qualche condizionamento potrebbero averlo rispetto ai desiderata degli amministratori anche quando si tratta di scegliere tra una mozione ed un’altra. Ma forse sbaglio. Sarebbe utile sapere quali ceti raffigurano gli ottomila votanti ai congressi? Quali legittimi interessi sono rappresentati?
Siamo certi che qualche scienziato sociale sarà  interessato alla ricerca di come un partito si possa trasformare attraverso l’esercizio del potere locale nonostante le sue radici.
L’ultimo congresso dei DS non è un fatto privato ed è per questo che qualche perplessità  la provoca l’assoluto disinteresse dell’opinione pubblica rispetto a questo evento. Forse uno sforzo di allargamento della discussione andava fatto prima di decidere la confluenza in un nuovo partito di forze eredi della storia dei partiti del movimento operaio. Cosa fatta, capo ha.
Il risultato sarà  che l’Italia diventa l’unico Paese che non ha un partito di massa che si definisce di sinistra all’interno dell’Internazionale Socialista. Difficile prevedere quanti militanti della mozione Mussi e di quella di Angius non entreranno nel partito democratico. L’impressione più netta è di forte difficoltà  a non confluire, forte la spinta al tutti a casa.
E si capisce perchè. Un’altra lacerazione a sinistra è dolorosa e potrebbe non essere compresa dalla gente se non in un quadro che cerca di costruire un movimento di sinistra che superi la diaspora attuale. Questo quadro ancora non esiste e quindi vince Fassino con la sua idea di aggregare tutti i riformisti al di là  delle sigle di partito e le affiliazioni internazionali. Che il sistema politico italiano sia vicino all’implosione lo dimostrano le cronache quotidiane. Il bipolarismo all’italiana non funziona ed è urgente innovare. La proposta di partito democratico è un cambiamento di passo che può piacere o no, ma cerca di mutare un sistema che non funziona più. Una scommessa certo, tenere assieme D’Alema e l’onorevole Binetti sarà  impresa titanica, ma la speranza dei riformisti è cosa rispettabile anche se non supportata dalle polemiche quotidiane.