Brutti sogni

Il sogno americano di Walter Veltroni si sta trasformando nell’incubo italiano di tutti noi.
Che dopo la disfatta si possa essere un po’ confusi rientra nella norma. Discutibile la scelta di addebitare al governo Prodi la responsabilità  della vittoria della destra. Qualcuno osserva che la vittoria dell’ex squadrista fascista a Roma deriva essenzialmente dalla scelta di riproporre Rutelli unita al giudizio negativo sull’amministrazione di Walter Veltroni. Ma il dibattito è aperto e ragionevole. E’ razionale anche sostenere che le riforme istituzionali devono essere concordate tra maggioranza e opposizione. E’ anche miglior cosa discutere che insultare. Anche se sono quindici anni che Berlusconi aggredisce la sinistra e qualche risultato lo ha incassato, cercare di uscire dalla politica del bar dello sport sembra cosa accettabile.
L’ansia ci assale quando osserviamo che nella linea Veltroni, del dopo batosta, permane l’idea che, l’inseguimento della destra sul terreno che questa ha scelto, sia la linea politica che serve a contrastare il berlusconismo. Si corre dietro a Bossi nelle tematiche sulla sicurezza accettando che questa sia la priorità  del Paese e senza uno straccio di proposta alternativa a quella razzista e della “legge e ordine” alla amatriciana. Sindaci del centrosinistra che si sentono sceriffi della frontiera americana e che applicano tranquillamente lo slogan della tolleranza zero. I nostri eroi considerano il lavavetri alla stregua del picciotto di mafia e del camorrista napoletano senza che ciò costituisca motivo di scandalo per i riformisti nostrani. Cedimento alla ideologia dominante si dirà . Ed è vero. Ma riflettere su ciò che diventerà  l’Italia dopo la “legislatura costituente” voluta da Veltroni e Berlusconi è un grande stimolo alla fuga, per chi può, verso altri lidi. Abbiamo un Parlamento non di eletti dal popolo ma di nominati dai partiti ectoplasmi. Prima delle elezioni tutti hanno definito il sistema elettorale vigente per le elezioni alla Camera e al Senato un’ignominia. Incassato il voto PD e PDL si accingono a compiere la stessa ignominia modificando la legge elettorale per le elezioni europee del prossimo anno. Sbarramento e dovranno essere i capi partito a scegliere chi eleggere a Strasburgo. Capiamo Berlusconi, il leader massimo, ha un rapporto complesso con la democrazia rappresentativa. Ci indigna il partito di Veltroni che, non ancora soddisfatto della catastrofe prodotta imperterrito, continua a prefigurare un modello anglosassone della democrazia italiana e non si accorge di aiutare il processo che porterà  l’Italia ad una democrazia sudamericana degli anni ’50.
Il caudillo è già  all’opera e non si chiama Veltroni ma Berlusconi. Chiedesse il Veltroni un altro voto utile. Non aspettiamo altro.

I think tank

Studiosi ed analisti politici sono concordi nel ritenere che la destra politica, nella sua espressione berlusconiana, è maggioranza nel Paese dal 1994. Nettamente. Le sconfitte subite nel 1996 e nel 2006 dal Cavaliere sono da considerare una parentesi resa possibile da aggregazioni basate sul rifiuto del berlusconismo e non attorno a programmi di governo condivisi. Il tracollo della prima repubblica, incentrata sul dominio democristiano, ha impattato in un processo di riorganizzazione del capitalismo mondiale che ha comportato la marginalizzazione dell’Italia. Con la marginalizzazione del “sistema Italia” è arrivata la crisi del partiti che ha permesso a Berlusconi di iniziare un processo politico che ha avuto nel voto dell’aprile scorso la sua apoteosi. E’ ormai certificata l’egemonia politica e culturale del berlusconismo. La scomparsa della sinistra dalle aule parlamentari è la ciliegina sulla torta. Perchè è successo? I motivi sono molti, ma fondamentale è stata l’incapacità  del centrosinistra di adeguare i propri obbiettivi e le proprie analisi ai processi messi in atto con la globalizzazione dei mercati  (altro…)

I duellanti

Il nuovo governo Berlusconi si appresta a diventare il governo dei record.  La rapidità  con cui si è formata la compagine che guiderà  il Paese nei prossimi anni, è il segnale più evidente della capacità  del cavaliere nel mettere d’accordo il diavolo e l’acqua santa quando si tratta di fare bella figura. In questo caso nell’interesse di tutti. Favorito da un risultato elettorale esaltante, Berlusconi ha proposto la “sua” squadra stabilendo un primato storico.
Un record mondiale è invece il fatto che non esiste nel governo Berlusconi un ministero della sanità . Si dirà  un ministro in meno? Bene. Non ne sarei così sicuro. Il diritto alla salute è stabilito dall’articolo 32 della Costituzione è deve essere garantito a prescindere dal luogo di residenza dei cittadini. Non può quindi mancare una politica nazionale sanitaria volta alla soddisfazione di questo diritto costituzionale. Chi ci garantisce, un sottosegretario?
Che le regioni gestiscano il Servizio Sanitario Nazionale è un fatto positivo, ma senza un luogo di compensazione nazionale, quale è stato fino ad oggi il Ministero della Salute, le disparità  tra aree diverse dell’Italia diventeranno ancora più drammatiche. Senza compensazioni nazionali, frutto di parametri che tengono conto delle singole realtà , integrando finanziariamente le aree di maggior disagio, il sistema non funzionerà . La transumanza verso i migliori ospedali si accentuerà  e il divario nel Paese diventerà  insostenibile. (altro…)

Il fratello di Montalbano

Settimana di passione per il centro e per la sinistra Europea. Disfatta a Roma del centro-sinistra, catastrofe a Londra per il Newlabour.
Situazioni radicalmente diverse, ma che se analizzate possono essere utili per qualche riflessione sulle ragioni dell’avanzata della destra politica.  Non sono affatto convinto che in tutta Europa spiri un vento di destra. Quello che vedo è che quando una sinistra o un centrosinistra non riesce più ad avere legami con forze sociali e culturali avanzate, lascia alla destra l’egemonia nei valori e nelle priorità  e perde le elezioni. D’altra parte, nel mese di marzo in Spagna, in Francia e in qualche misura in Germania, elezioni generali politiche o amministrative parziali hanno visto il successo del centrosinistra e, addirittura, dei socialisti di Zapatero.
Preoccupa constatare che nel PD sembra prevalere  la tentazione a rinviare una discussione rispetto alle radici della sconfitta. Perchè di sconfitta si tratta e negarlo non aiuta a mettere in campo idee e progetti di partito credibili. Utile sarebbe per i dirigenti del PD studiare la parabola del Newlabour di Tony Blair. Nel 1994 quando divenne leader del partito, Blair si impegnò a rimuovere dalla linea politica e dall’organizzazione ogni pur tenue richiamo a tematiche riconducibili alla sinistra. Perfino nelle scenografie dei congressi laburisti scomparve il colore rosso scegliendo un verde pistacchio del tipo di quello visto nelle convention del PD. Vinte le elezioni proseguì imperterrito nella linea liberista dei Conservatori. Non a caso fu incoronato immediatamente erede legittimo della signora Thatcher. Lo strapotere delle Trade Union ridimensionato, demolizione sistematica di ciò che era rimasto, dopo diciotto anni di thacherismo, dello stato sociale, privatizzazioni e libero mercato, la filosofia blairiana. Con il magico Tony è stato privatizzato quasi tutto con risultati disastrosi per la qualità  dei servizi al cittadino e per i costi crescenti di trasporti, scuola, sanità  e così via. Non più il partito della working class ma il partito della classe media questo voleva essere il Newlabour di Blair e di Brown.
Purtroppo è stata proprio la classe media quella più penalizzata dalla distribuzione dei redditi sotto l’era del Newlabour. La politica fiscale è stata volta a tassare i redditi medi e a esentare i ricchi e ricchissimi. Londra è divenuta un paradiso fiscale per i milionari del globo. Per loro, le tasse a Londra non esistono.  Nei dieci anni di potere di Tony, i ricchi sono diventati dieci volte più ricchi mentre anche in Inghilterra il ceto media ha subito un ridimensionamento della qualità  della vita a causa di una fiscalità  “di classe”.
Veltroni sostiene che anche nel voto inglese ha deciso, come in Italia, la questione della sicurezza. Avrei qualche dubbio. L’insicurezza è ormai una condizione umana diffusa in ogni società , ma i governi laburisti in nome della sicurezza hanno imposto norme che molti hanno definito liberticide senza ottenere grandi risultati in termini di maggior tranquillità  dei cittadini.
La sconfitta nasce da lontano ed è noto che già  Tony Blair aveva subito batoste elettorali che, purtroppo, hanno spinto il Newlabour ancora più a destra. (altro…)

Buio profondo

Non credo che sia mai successo, ma se succedesse che un dirigente politico americano chiedesse l’abolizione della festa del 4 luglio, giornata a memoria dell’indipendenza americana, la reazione sarebbe quella di spedirlo in una casa di cura o a Guantanamo per un programma di rieducazione. Se il presidente Sarkozy non partecipasse ai festeggiamenti del 14 luglio, festa per la presa della Bastiglia dei rivoluzionari francesi, l’Eliseo sarebbe occupato dal popolo in rivolta.
L’Italia è uno strano Paese. Intellettuali e politici della destra amerebbero abolire la Festa della Liberazione del 25 aprile e non è detto che non ci provino a farlo. Il cavalier Berlusconi nei 14 anni di carriera istituzionale non ha mai partecipato a cerimonie di commemorazione del 25 aprile. Il sindaco di Alghero ha proibito alla banda municipale di eseguire Bella Ciao. La motivazione? E’ un canto che divide. Per esperienza personale posso assicurare al sindaco che Bella Ciao è cantata anche dai boy scout e dai bambini degli asili nido, anche quelli gestiti dalle suore.
Ma così va il mondo. Come per l’intelligenza anche per la stupidità  non c’è confine. Ci sarebbe da ridere, ma è meglio non farlo. Le elezioni di aprile hanno riportato al potere una destra che non si riconosce nell’atto fondativo la Repubblica Italiana. La Resistenza italiana è stata, a livello europeo, uno dei movimenti di popolo contro il nazi-fascismo più vasti e significativi per il grado di partecipazione e di unità  delle diverse sensibilità  politiche presenti nella lotta di liberazione. Da questo processo unitario è nata la Costituzione Repubblicana che rappresenta nello spirito e nella lettera il complesso dei valori che costituiscono la Nazione.
Purtroppo tutti si sentono impegnati a modificare la Carta, anche i riformisti, invece di applicarla nelle parti più innovative, hanno dato il loro contributo a creare una costituzione materiale che entra in conflitto con quanto è stato scritto dai padri costituenti nel 1948. Un esempio per tutti. Quando Franceschini, vice segretario del PD, sostiene che bisogna introdurre il semi-presidenzialismo alla francese, non può che non considerare che questo è in aperto contrasto con il dettato costituzionale che prevede una repubblica parlamentare e non presidenziale. Così facendo legittima la volontà  della destra berlusconiana che da anni lavora per un sistema politico plebiscitario in cui un Cesare moderno guida il Paese. E passi avanti in questa direzione sono stati fatti con le ultime elezioni. Aver sfidato Berlusconi nel suo terreno populista non ha dato grandi risultati nè a sinistra nè per il Partito Democratico. La vittoria della destra di quest’anno è molto più ampia di quella del 2001. La distanza percentuale era stata del 2,5% oggi questa percentuale è salita all’11%.
Nella mia giovinezza politica si usava “l’analisi del voto” come strumento per adeguare la linea politica del partito. Lo spostamento in negativo o positivo dell’uno per cento era uno stimolo a discussioni infinite per cercarne le motivazioni e per i responsabili locali e nazionali erano dolori.
Capisco che si attende l’esito del voto amministrativo di Roma, ma le prime analisi fatte da PD e sinistra non sembrano convincenti.
Ad esempio in Umbria i dirigenti del PD sembrano soddisfatti del risultato conseguito. Sbagliano. Nella nostra regione i partiti della disciolta Unione perdono il 10% e soltanto una parte della sinistra ha votato per il PD. Il voto utile c’è stato, ma non ha compensato le perdite del PD verso il centro e verso la destra.
Non c’è da essere molto allegri per i dirigenti democratici. Certo stanno molto meglio della sinistra e dei socialisti ormai scomparsi dalle aule parlamentari, ma se vogliono iniziare a costruire un’alternativa credibile al berlusconismo qualche riconsiderazione sulla linea politica e sul modello di partito da consolidare va fatta. (altro…)