Rinnovare, rinnovar bisogna
Perdere una tornata elettorale rientra nelle possibilità della lotta politica senza che ciò costituisca l’obbligo di cambiare le idee e i valori essenziali di un partito. Il problema diviene drammatico quando un partito non ha alcuna piattaforma politica condivisa dal suo gruppo dirigente e magari comprensibile agli elettori. E’ questo il caso sia del partito democratico sia, per diverse ragioni, della sinistra frantumata. Quest’ultima, dopo essere stata espulsa dal parlamento nazionale, ha continuato imperterrita a dividersi e oggi è fuori anche dal parlamento europeo. Milioni di elettori di sinistra non hanno alcuna rappresentanza nelle massime istituzioni democratiche per responsabilità dello sbarramento imposto da Berlusconi e dal PD ma anche per la protervia dei gruppi dirigenti incapaci di trovare una forma di unità . Lo spezzatino resta in vita nelle amministrazioni locali. L’impegno prevalente delle leadership locali sembra essere quello di essere visibili nelle giunte, ognuno con la propria bandierina, magari a discapito dell’altro pezzetto della sinistra, concordando il tutto con il PD. Spettacolo per molti versi raggelante. Ancora non hanno capito? Se alle prossime elezioni regionali non si arriverà con un radicale mutamento nel modo di fare politica, le prospettive per il centrosinistra non saranno entusiasmanti neanche in Umbria. Di nuovismo in nuovismo gli eredi dell’estinto PCI sono riusciti ad ottenere lo stesso risultato elettorale che il partito guidato da Natta ottenne, da solo, nelle elezioni per la Camera dei deputati del 1987. Furono le ultime elezioni politiche cui partecipò il PCI. Poi iniziarono “le cose”. La cosa uno, due, ecc. L’ultima “cosa” è il partito democratico. Qualcosa non ha funzionato nella costruzione di questo contenitore politico nato per unire tutti i riformisti d’Italia. L’amalgama non sembra funzionare ma tornare indietro non è possibile dicono tutti. Bisogna andare avanti e a questo dovrebbe servire il prossimo congresso di ottobre. Le norme dello statuto vigente sono, anche qui concordano quasi tutti, paradossali. Non a caso l’onorevole Rosi Bindi rivendica il suo voto contrario a norme adatte alla costruzione di plebisciti piuttosto che alla formazione di gruppi dirigenti di un partito. Si fanno sotto i candidati e lo show ha inizio. Non è stato fino ad oggi un grande spettacolo. Ancora il nuovo che avanza contro gli apparati e la distribuzione delle etichette, la fa da padrona nei giornali e nelle TV. La simpatia diviene una categoria della politica e sembra più importante della competenza. Mi viene in mente che se fosse stato per la simpatia, Togliatti avrebbe percorso poca strada e De Gasperi non avrebbe guidato la ricostruzione dell’Italia. E quanto a simpatia, Berlusconi ha la stessa dell’italiano illustrato tante volte da Alberto Sordi. Comunque, Franceschini è impegnato a lottare contro le consorterie e promette: nessun accordo con i vecchi apparati. Non si faranno prigionieri insomma. Sarà necessario un giurì d’onore per stabilire chi è il vecchio e chi è il nuovo? Perchè la cosa è abbastanza controversa. E’ il vecchio Bersani perchè ha già svolto ruoli rilevanti nella pubblica amministrazione o è il nuovo Franceschini candidato segretario del PPI nel 1999? Difficile etichettare a priori. La confusione è frutto di un lungo periodo in cui il ceto politico di centrosinistra è stato in pratica mono generazione. Vuoto sopra, vuoto sotto. (altro…)