da Francesco Mandarini | Set 28, 2009
Il libro-intervista di Alberto Asor Rosa titolato “Il Grande silenzio” è un saggio sul ruolo degli intellettuali nella politica italiana. Il libro è di grande interesse e aiuta a capire i processi che hanno portato alla catastrofica situazione attuale. Asor Rosa, intervistato da Simonetta Fiori , rispetto alla fine delle ideologie, afferma:”Ma se l’ideologia è un sistema di ideali e di valori grazie ai quali la politica si è mossa per diversi decenni in vista di interessi generali e di obbiettivi di largo respiro, allora la sua estinzione non è stata positiva”. Quando le grandi ideologie entrano in crisi, la politica si riduce a pura amministrazione. E quando si riduce a pura amministrazione, la gestione della macchina politica prevale sugli obbiettivi che la stessa macchina dovrebbe proporsi. Insomma l’esercizio del potere per il potere, senza alcuna motivazione ideale.”. Conseguenza, l’auto perpetuazione del ceto politico italiano. Sostiene, con ragione, l’intellettuale romano, che non esiste al mondo un ceto politico longevo come quello italiano. Sono sempre gli stessi da decenni:
“Siamo circondati da sconfitti, che si presentano presuntuosamente come i futuri, possibili vincitori. I processi di selezione del ceto politico sono governati dall’alto, con la conseguenza, che esso tende a riprodursi con caratteristiche sempre uguali”¦La produzione e l’autoriproduzione. E l’uomo politico tende a riprodurre dei cloni che sono peggiori di lui, facilmente addomesticabili.”. La lunga citazione mi serve per esprimere una riflessione rispetto al congresso che il PD sta svolgendo in queste settimane. Si è riaperta la discussione tra chi si autodefinisce rinnovatore e coloro che vengono presentati di pura conservazione. E’ un dibattito che è lungo quanto l’infelice storia della così detta seconda repubblica. Diciannove anni sono lunghi eppure non sono stati fatti passi in avanti nella soluzione del problema. Perchè? Perchè è sbagliato il terreno scelto. Mi spiego. La crisi della democrazia italiana si intreccia con il disastro economico innestato dall’avidità dei liberisti. E’ fuori dubbio che le risposte alla crisi non possono essere che fortemente innovative. Chiunque vincerà la corsa alla segreteria e chiunque sarà chiamato a governare la macchina pubblica regionale e locale, dovrà avere una forte capacità di fare i conti con il ridimensionamento della spesa pubblica e con le nuove contraddizioni dell’Umbria e dell’Italia. Tremonti può essere apprezzato o no, rimane il fatto che lo stato dei conti pubblici è tanto disastroso da richiedere un nuovo modo di gestire e principalmente avere diverse priorità nell’azione politica. Un’esigenza imprescindibile per chiunque governi la struttura pubblica. Ciò richiede una eccezionale capacità di costruzione di valori e ideali adeguati alla bisogna e attorno ai quali organizzare interessi e passione politica per una nuova idea di Paese. Interessa poco una discussione sulla qualità espressa in questi anni dal centrosinistra nel governo locale. Anche se fosse stata ottima saremo obbligati ad una forte innovazione e a costruire una nuova idea dell’Umbria. Galleggiare nell’esistente, nel già noto, non sarà possibile. Ben amministrare sarà necessario ma non sufficiente. Questo vale per il ceto politico ma anche per le forze sociali e culturali. E’ l’intera classe dirigente che deve costruire e progettare una nuova fase della nostra comunità . Nel sistema produttivo tornano ad emergere le antiche fragilità e non sembra in grado, così strutturato, di assicurare occupazione per le vecchie e nuove generazioni di lavoratori. La fuga di cervelli riguarda anche la nostra regione.
La tenuta sociale di cui siamo giustamente soddisfatti non ha un futuro assicurato. Quel poco di welfare costruito con tanti sacrifici nei decenni passati, è a rischio. I tagli al sistema sanitario annunciati dal governo sono tali da rendere impossibile il mantenimento dei servizi che invece necessitano di risorse aggiuntive. E si potrebbe andare avanti con i disastri annunciati. Basta pensare a ciò che sta succedendo nella scuola e nell’Università per provare qualche brivido sulle prospettive del Paese.
Sarebbe stato utile se nel congresso del PD di queste cose si fosse parlato. Non è stato così e la discussione si è incentrata sui pregi e difetti dei candidati. Sinceramente, con tutta la buona volontà , non è stato possibile appassionarsi. Il cervellotico sistema scelto dagli scienziati della politica che hanno costruito lo statuto del PD sta producendo lacerazioni e un attitudine al trasformismo che dureranno nel tempo. Una specie di guerra civile in cui non si fanno prigionieri. Con tutto il rispetto, il popolo del centrosinistra meritava qualcosa di diverso. Altre le aspettative per il nuovo partito.
Nessuno ne parla, non coinvolge nessuno, se non gli addetti ai lavori, la discussione attorno alla legge elettorale regionale. Che le istituzioni democratiche abbiano qualche problema di rapporto con il popolo è cosa certa. Che il problema possa essere risolto attraverso una legge elettorale che prevede ancora una volta i nominati dai partiti, attraverso i listini, e il restringimento della rappresentanza politica con soglie di sbarramento incomprensibili in presenza di premi di maggioranza, sembrerebbe una sciocchezza. Ma di sciocchezze in questi anni ne sono state fatte moltissime si dirà , ma perseverare imponendo un’altra legge elettorale tagliata a misura del ceto politico in campo, se per molti può apparire la conferma che al peggio non c’è mai fine, per altri sarà legittimo, per il bene della democrazia, sedersi sulla riva del fiume ed aspettare il passaggio di un ceto politico che, smarrito l’orizzonte dell’interesse generale, e sempre più volto a guardare il proprio ombelico, ad un certo punto affonderà travolto dalle proprie lotte intestine. Consigliabile la pazienza e l’ironia.
da Francesco Mandarini | Set 22, 2009
Quando lo share di una trasmissione politica diviene argomento per un’aspra discussione tra il centrodestra e il centrosinistra, siamo alla frutta. E’ vero che ancora una volta la TV pubblica e privata sono state piegate ai voleri di Berlusconi e la cosa sta assumendo contorni allarmanti per lo stato della democrazia italiana. Ma è il merito che andava indagato. Berlusconi voleva solidi paracaduti per la Sua promozione come ricostruttore. Aspirava illustrare i record raggiunti nella gestione del dopo terremoto abruzzese, ma forse bisognava entrare più nella sostanza e dimostrare che la coppia Berlusconi – Bertolaso non aveva battuto alcun record. Vendevano aria fritta. Stupisce che un giornalista che pretende di essere bravo e imparziale come Bruno Vespa, non abbia studiato i tempi di ricostruzione dei passati terremoti. Studiando, Vespa avrebbe scoperto che i trenta moduli abitativi consegnati a Onna dopo 116 giorni dall’evento sismico in diretta televisiva, avevano richiesto tempi più lunghi di quelli del terremoto del Molise o dell’Umbria. Dove è stato il miracolo dell’efficienza berlusconiana? E’ stata una grande bugia che per fortuna del Capo non ha attratto molti telespettatori. I dati storici dicono che l’Umbria consegnò i trenta moduli in 98 giorni, il Molise in 82 giorni dal sisma. Forse il presidente Bracalente non fece installare televisori al plasma nei moduli abitativi, ma la ricostruzione dei borghi storici dell’Umbria iniziò con efficacia e tutti gli umbri sono tornati, negli anni, nelle proprie abitazioni. Speriamo che gli abitanti della città più colpita, l’Aquila abbiano lo stesso destino e le new town rimangano nella testa di chi le ha ipotizzate al posto della ricostruzione della vecchia città . Il Porta a Porta si è dimostrato un flop e Vespa un giornalista che nasconde la propria disinformazione dietro l’untuosità .
Rimane stupefacente che il dibattito politico non riesca a entrare nel merito della crisi italiana. L’agenda politica, nel bene e nel male, viene fissata da Berlusconi e da Bossi. Siamo ormai famosi nel mondo per il nostro presidente e per la debolezza delle forze che contrastano la deriva della democrazia repubblicana. Per citare tutti gli articoli di giornali esteri di destra e di sinistra che guardano con preoccupazione allo stato del bel paese occorrerebbe un libro. Ciò che sconvolge è questa sorta di assuefazione al peggio che sembra aver preso una parte consistente del popolo, degli intellettuali, delle forze sociali.
E’ vero che l’opposizione parlamentare e extraparlamentare non hanno molti strumenti di comunicazione e che molti intellettuali e giornalisti tengono famiglia, ma la situazione italiana è molto seria e non solo per la crisi economica.
Occupata dai berluscones ormai quasi completamente anche la televisione pubblica, rimangono pochi giornali disponibili ad un’informazione oggettiva. Ma il problema è lo stato organizzativo del PD e dei cespugli della sinistra.
Non si hanno notizie certe ma gli schieramenti interni al partito di Franceschini si sono ormai definiti e forse l’unico dato positivo è una sorta di rimescolamento tra gli ex diessini e gli ex margheritini. Rutelli si sta guardando intorno e chi può dirlo. Nella sua vita politica ha cambiato spesso idea e partito, di fronte ad eventi particolari come un meraviglioso “grande centro”, per non morire in un partito anche flebilmente di sinistra, l’ex sindaco di Roma, troverà certo i motivi per lasciare Bersani o Franceschini al loro destino.
La sinistra non sembra trovare i motivi e le spinte per una ricomposizione che superi la nostalgia del tempo che fu e le lacerazioni di questi anni. Ci si accapiglia anche per il successo che la sinistra tedesca sta avendo dopo la ricomposizione incentrata sulla leadership di Oskar Lafontaine.
Anche le aggregazioni fuori dalle organizzazioni di partito pur ricche di giovani non riescono a trovare la quadra per costruire un nuovo soggetto politico. E’ un mondo questo che riesce a discutere di politica e di problemi che dovrebbero interessare i partiti organizzati, ma le prossime elezioni regionali non aiutano. Ognuno sembra interessato al proprio strapuntino in consiglio.
A proposito di elezioni. Il consiglio regionale dovrà affrontare la riforma della legge elettorale. Cosa non semplice. Gli interessi sono spesso divaricanti non tanto tra centrodestra e centrosinistra, ma all’interno dei singoli raggruppamenti. Così le proposte vanno sempre lette alla luce delle esigenze di questo o di quello. Il capogruppo del PD Gianluca Rossi ha fatto una sua proposta. Questa è la proposta: Trenta consiglieri più il presidente della giunta, preferenza singola, assegnazione dei consiglieri su base provinciale con l’impegno al riequilibrio territoriale. Rimangono aperte alcune ipotesi. Eleggere prioritariamente i candidati a presidente; la possibilità di suddividere i 30 consiglieri in due blocchi, sei da eleggere con il maggioritario (listino) e ventiquattro con il metodo proporzionale. Sono poi previsti vincoli per assicurare la presenza di consiglieri di ambo i sessi.
Una sola osservazione. E’ noto che l’attuale Parlamento è composto non da eletti ma da nominati direttamente dagli oligarchi dei partiti. Non eletti dal popolo ma “assunti” come dipendenti dei partiti.
La cosa, è senso comune, è repellente ed è la causa principale del degrado dell’assemblea parlamentare. Abbiamo sperimentato anche in Umbria il listino. Il listino prevede che ci siano consiglieri non eletti ma nominati dai partiti. La cosa era ed è inaccettabile.
In consiglio devono entrare gli eletti dal popolo: questa è la democrazia. I partiti hanno la responsabilità di scegliere i candidati non quella di premiare i clientes. E’ utile ricordare che finite le ideologie è, per molti, finita anche la disciplina di partito. Come ebbe a dire Fassino in occasione di un referendum, astenersi non è più peccato. Votare turandosi il naso non va più di moda.
da Francesco Mandarini | Set 14, 2009
Settimana politicamente piena per la nostra regione. Pezzi da novanta e anche da quarantacinque, hanno allietato le nostre genti nelle diverse piazze dell’Umbria. Impegnato in un congresso molto articolato, il PD ci ha proposto i leader massimi di quel partito, da ultimo Veltroni a Bastia per un’iniziativa dei commercianti.
Il PDL non è stato da meno.
Nelle giornate di Gubbio, per la scuola di formazione del partito al governo, tutto il gotha del partito è stato impegnato in una discussione non proprio tranquilla. Se il Presidente della Camera Fini cerca di smarcarsi dal “monarca” chiedendo una svolta democratica nella gestione del PDL, il Presidente del Senato, Schifani, sposa la tesi berlusconiana di una magistratura impegnata in disegni politici e non a fare il suo dovere.
Dopo un’estate caldissima la ripresa dell’attività politica non sembra introdurre elementi di novità . Siamo il Paese dei bar dello sport e le barzellette continuano a farla da padrone a settembre come è stato a luglio ed agosto. Alcune gag non fanno ridere affatto. Ad esempio, sentir dire dal Capo che il novanta per cento della stampa sia in mano ai cattocomunismi ci sembra un’esagerazione: i giornali di sinistra non arrivano a vendere, tutti assieme, quanto “Il Giornale”. A parte “Repubblica”, i grandi quotidiani nazionali sono alquanto cauti rispetto all’azione del governo e del suo presidente. Non lo sa nessuno, la televisione rigorosamente non ne parla, ma per gran parte dell’informazione estera, di tutti gli orientamenti politici, suona scandalo la prudenza con cui il mondo dei giornali italiani tratta alcune vicende. Possedendo direttamente tre televisioni, scegliendo i direttori di altre due reti, apprestandosi a conquistare anche il “fortino” della terza rete Rai e sapendo che il popolo si orienta con ciò che “dice” la Televisione, il Capo dovrebbe stare tranquillo. Ancor più dovrebbe esserlo avendo dichiarato a tout le monde di essere il più bravo capo di governo nei centocinquanta anni di storia italiana. Perchè tanto nervosismo per qualche voce sulle sue frequentazioni femminili e maschili? Convinto che tutti gli italiani vorrebbero essere come Lui, la tranquillità dovrebbe essere conseguente. O no?
La ragione del nervosismo, l’ha spiegata Bossi: lo scandalo delle escort è stato prodotto dall’azione della mafia. E’ un complotto mafioso dice il leader della padania e con la mafia non si scherza, avverte il padron della Lega. Della serie la sai l’ultima?
Purtroppo non c’è niente da ridere.
Il Paese non può che continuare ad essere in confusione. Che la crisi non sia frutto dell’azione del governo è cosa certa come è certo che i provvedimenti presi in Italia per contrastare il disastro del liberismo non siano tutti inefficaci. La questione è come affrontare il futuro di una comunità gravata da distorsioni e da inceppamenti storici che la rendono più fragile di altre nazioni con un governo impegnato principalmente a supportarle sparate del Capo contro i comunisti. L’ossessione di Berlusconi per i comunisti dovrebbe essere frutto di un trauma giovanile. Scomparsi dal Parlamento nazionale ed europeo, presenti in giunte locali e regionali in posizione assolutamente minoritaria, i comunisti non dovrebbero far paura a nessuno.
Il maggior partito del centro-sinistra non sembra costituire pericolo. E’ impegnato a scegliere il nuovo segretario e non sembra costituire minaccia per il centrodestra. La campagna è tutta interna e non consente distrazioni del tipo quelle di occuparsi della catastrofe in atto nella democrazia repubblicana. (altro…)