Investire in ricerca

La Banca Centrale Europea con le due aste di dicembre 2011 e del 29 febbraio 2012 ha introdotto nel circuito finanziario europeo circa mille miliardi di euro, prestati a bassissimi tassi d’interesse alle banche europee che ne hanno fatta richiesta. Che faranno adesso i nostri banchieri con le rilevanti risorse messe a loro disposizione da Mario Draghi? Nella scelta della BCE è evidente l’intenzione di assicurare al sistema produttivo quei finanziamenti necessari a riprendere la crescita dell’economia reale in Italia e in Europa. A oggi le notizie non sono buone. Basta discutere con qualche imprenditore di qualsiasi settore per capire quante difficoltà  si incontrano nell’ottenere credito da un istituto bancario. Prevale la telefonata mattutina di qualche funzionario che ti annuncia il ritiro del fido. Forse i nostri banchieri continuano a preferire investire nell’economia di “carta” piuttosto che finanziare la piccola industria? Servono poco le prediche sull’esigenza di crescere e di migliorare la produttività  del Paese se non si mettono a disposizione delle imprese le risorse necessarie. C’è qualcuno che pensa che l’aumento di produttività  sia possibile aumentando la fatica “muscolare” dei lavoratori? La mancata crescita italiana ha origine dal crollo degli investimenti e nella scelta di preferire l’innovazione del processo produttivo piuttosto che nell’innovazione di prodotto. Esemplare da questo punto di vista la vicenda Fiat. Aumento dello sfruttamento del lavoro senza una singola idea che non sia la “Nuova500″ o la “Nuova Panda”. Non si esce dalla recessione senza riprendere a investire in ricerca e per farlo è necessario che il sistema finanziario faccia scelte diverse da quelle che ci hanno portato al disastro attuale. Il rigore di bilancio non ha senso se non si rafforzano le basi produttive del Paese. Per combattere la disoccupazione di massa non bastano le liberalizzazioni approvate dal Senato della Repubblica e la riforma del mercato del lavoro, se la discussione resta impantanata nello scontro ideologico sull’articolo diciotto, non aiuterà  certo il sistema produttivo a crescere. Carlo De Benedetti ha ricordato che in cinquanta anni vissuti da imprenditore, non ha mai una volta avuto problemi derivanti dallo Statuto dei lavoratori. Se lo dice lui! Il gentile presidente Monti ha una grande esperienza dei meccanismi che regolano la Comunità  Europea. Il Capo del governo sa bene che in Europa la struttura pubblica liquida i propri fornitori a trenta, sessanta giorni. Lo Stato italiano, in tutti i suoi livelli, ha ottanta miliardi di debito con le imprese. I tempi di pagamento sono drammaticamente di là  dei limiti europei. Non potrebbero gli efficienti ministri accelerare un poco il saldo delle fatture? Sarebbe una boccata d’ossigeno per un’economia in gravi difficoltà . Certo molto più importante della liberalizzazione dei taxi.