da Francesco Mandarini | Mar 29, 2014
Domani, 30 marzo, Pietro Ingrao compie 99 anni. Questo è il messaggio di auguri del presidente del CRS Mario Tronti.
99 anni. La quercia Ingrao sfida le intemperie del tempo. I venti della storia, o meglio della cronaca, spirano in senso contrario a tutto quanto Pietro Ingrao ha depositato nel suo pensare e nel suo agire. Pensiero e azione che si riscoprono andando a riprendere il suo passato che non passa: come documentano gli scritti e gli atti, che riemergono dall’Archivio Ingrao, gelosamente custodito dalla Fondazione Crs. I testi delle sue Carte, tematicamente raccolti dal prezioso lavoro intrapreso da Maria Luisa Boccia e da Alberto Olivetti, tornano a circolare, a interrogare, a far discutere. Tornano a ricordare che da quella postazione, e su quella strada, un’altra storia sarebbe stata possibile per questo Paese e per l’Europa.
La quercia Ingrao tuttora ci protegge. E ci rassicura che quelle solide radici niente e nessuno potrà mai sradicare. Esse affondano in una storia più grande, lunga, contrastata e gloriosa, cha va al di là di ognuno di noi, che non è finita, è forse solo interrotta. Riprendere quel filo, riannodarlo alle nuove generazioni, riadattarlo ai tempi nuovi, ai nuovi bisogni, a nuovi soggetti, questo è il compito che il pensiero vissuto di Pietro ci lascia. La sua lunga vita di combattente non domato è un evento simbolico da prendere come modello. L’idea comunista è dura a morire. Questo ci dicono questi novantanove anni. Non sappiamo come e non sappiamo quando: ma l’esistenza di Pietro afferma che, con questa idea, ci dovranno ancora fare i conti i padroni del mondo. Malgrado tutti gli smemorati che sono corsi al loro seguito.
Mario Tronti
da Francesco Mandarini | Mar 29, 2014
La storia economica (dopo la crisi del ’29), e la teoria economica moderna (cioè la Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta di J.M. Keynes, del ’36), mostrano e dimostrano che la vecchia teoria economica (la teoria neoclassica dei primi anni del Novecento, ma ancora oggi egemone) non fornisce ricette efficaci per i nostri problemi. Il livello dell’occupazione non si determina sul mercato del lavoro: il mercato del lavoro non è come il mercato del pesce.
Il prezzo e la quantità del pesce venduto e comperato è determinato dall’incontro tra domanda e offerta, dove è bene che non vi siano impedimenti artificiali; mentre una maggiore “flessibilità” del mercato del lavoro, che non è una merce come le altre, si traduce in più bassi salari e dunque in un aumento dei profitti e delle rendite, ma non anche in maggiore occupazione.
Tuttavia nella premessa al decreto sul Jobs Act (chi sa perché in americano) si dice: «Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di semplificare le modalità attraverso cui viene favorito l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro ecc.».
Perché non si studia un po’ di più?
Condizione necessaria affinché cresca l’occupazione (condizione sì necessaria ma oggi non anche sufficiente) è invece che cresca la produzione. Su questo punto c’è ormai ampio consenso, anche se da più di dieci anni si era già avvertito che il problema dell’economia italiana è un problema di crescita; però si indica soltanto nei vincoli europei l’impedimento a una maggiore spesa pubblica; e si invocano provvedimenti quali la beneficenza e i tagli delle prebende come possibile soluzione. Beneficenza e tagli sacrosanti, ma conditi con la demagogia della solidarietà e dell’equità.
Iniqua è invece la distribuzione del reddito oggi in Italia, e questa è una delle cause della crisi. Tuttavia l’aliquota marginale massima dell’Irpef è oggi pari al 43% per i redditi oltre i 75 mila euro, mentre è noto a tutti che molti e di molto sono i redditi più elevati: il 5% dei contribuenti più ricchi concentra il 22,7% del reddito complessivo; e tuttavia l’elusione e l’evasione fiscale non vengono combattute con gli strumenti che in realtà sono disponibili.
Secondo il sobrio articolo 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».
Perché non si rispetta la Costituzione?
dal Manifesto Giorgio LUNGHINI
da Francesco Mandarini | Mar 26, 2014
Le prossime elezioni europee saranno un momento importante per decidere quale tipo di Europa vogliamo. Si scontreranno infatti due concezioni entrambe inaccettabili. Da un lato quella fondata sull’austerità e sul rigore finanziario che ha dominato la politica europea in tempo di crisi, determinando una grave recessione e il drammatico impoverimento di interi Paesi e di ampi settori della società. E’ stata una politica miope, asservita alle esigenze dei mercati finanziari, quegli stessi che sono stati all’origine della crisi, che ha prodotto crescenti disuguaglianze sociali, una disoccupazione ormai insostenibile (che colpisce 27 milioni di persone), e ha assestato duri colpi al Welfare europeo e alle istituzioni democratiche della stessa Unione Europea e dei Paesi sottoposti al controllo della Troika (Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale, Commissione europea). D’altro lato vi è la concezione antieuropeista di chi propone l’uscita dall’euro, il superamento dell’Unione, il ritorno ad un nazionalismo chiuso ed egoistico. Si tratta di una posizione conservatrice e di destra, che è stata alimentata dalla politica di austerità, ma che non è in grado di dare nessuna risposta seria per uscire dalla crisi e anzi propone soluzioni demagogiche che aggraverebbero la situazione di alcuni Paesi, compresa l’Italia.
Occorre sfuggire all’alternativa tra due posizioni entrambe inaccettabili e che convergono nel mettere in crisi l’idea stessa di un’Europa unita. Occorre tornare all’idea dei padri fondatori che immaginavano un’Europa sociale e democratica, fondata sulla garanzia dei diritti civili e sociali, la pari dignità, la protezione delle fasce più deboli, la valorizzazione di un patrimonio artistico e culturale che non ha eguali al mondo. Alle prossime elezioni questo è possibile perché fra le due concezioni distruttive dell’Europa esiste una terza via, rappresentata dalla lista “L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS”, nata da un appello di intellettuali europeisti, che propone come candidato alla presidenza della Commissione europea Alexis Tsipras, il giovane leader del partito Syriza che i sondaggi danno oggi come primo partito della Grecia. Il programma lanciato da Tsipras propone un’Europa più solidale, che aiuti i Paesi in maggiore difficoltà e le fasce sociali più colpite dalla crisi, l’abbandono della austerità per sostenere una politica di rilancio e di investimenti, rispettosa dell’ambiente e della dignità delle persone, una Unione più democratica che dia maggiore forza al Parlamento europeo e alla volontà politica manifestata dai cittadini europei. E’ questa una prospettiva che non accetta subalternità e compromessi al ribasso come quelli che hanno caratterizzato negli anni della crisi la politica europea di molti partiti socialdemocratici e in Italia del PD. Il successo de “L’altra Europa” rappresenta l’unica via per proporre una politica diversa e innovativa con la quale i partiti socialisti e democratico-progressisti siano costretti a misurarsi. Per questa ragione invitiamo quanti sono critici verso l’attuale politica europea di austerità e di recessione, ma non vogliono ricadere nelle spire di quel nazionalismo statalistico che ha prodotto due guerre mondiali, di votare alle prossime elezioni europee per “L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS”.