Partiamo da noi. Da “Micropolis”. Un periodico mensile che riusciamo ad editare da tredici anni grazie al lavoro volontario di alcuni, all’autofinanziamento e alla sensibilità dei compagni del “Manifesto” che ci distribuiscono come allegato al quotidiano ogni 27 del mese. Con la Legge 133 dell’8 agosto il Ministro Tremonti ha decretato la morte di 20 testate giornalistiche di proprietà di cooperative o di società no-profit. Si è modificata, con decreto, la Legge sull’Editoria che da oltre venti anni assicurava risorse ai giornali di proprietà di cooperative di giornalisti che, attraverso la raccolta pubblicitaria,  il mercato discriminava perchè editori “puri” non vincolati da interessi di gruppi imprenditoriali. L’informazione come bene pubblico. Questa era la filosofia della legge che il governo della destra ha voluto annichilire nell’indifferenza generale di intellettuali, dei partiti, dei sindacati.
Il “Manifesto” rischia di chiudere se non interverranno ripensamenti del Governo, del Parlamento e se nel Paese non si creerà un movimento a favore dell’unica voce della sinistra che non ha vincoli di partito o interessi economici da proteggere. Diviene drammaticamente urgente una sottoscrizione popolare a cui siamo chiamati a partecipare anche dall’Umbria per trovare le risorse affinchè il “Manifesto” mantenga la sua indipendenza è vitale.
Non si tratta della solita crisi ciclica della cooperativa. Gli amministratori, i giornalisti e gli altri lavoratori del giornale sono impegnati da mesi e mesi in una operazione di ristrutturazione che ha comportato grandi sacrifici per far uscire nelle edicole un giornale più adeguato alla situazione politica e anche risposta al disorientamento post elettorale di tanti compagni. Spetta alla comunità dei lettori la responsabilità di dimostrare l’esigenza di continuare questa lunga storia editoriale e politica o di interromperla perchè non più utile.
In discussione c’è ormai la possibilità per il popolo della sinistra di avere almeno una voce fuori dal coro del berlusconismo rampante. Uno strumento che sia capace di aggregare anche tutte le voci indipendenti, libere da condizionamenti ideologici e che non ci stanno alla logica del mercato truccato della comunicazione.
Un Paese si giudica anche dal grado di pluralismo democratico nell’informazione presente nella società . In Italia la concentrazione di risorse pubblicitarie e di mezzi di comunicazione è unica in Europa e nel mondo. Il duopolio televisivo assorbe oltre il cinquanta per cento delle risorse pubblicitarie (il doppio che in Europa) il resto è appannaggio dei grandi gruppi editoriali, tra i quali spicca Mondadori di proprietà di Berlusconi. E’ un problema di qualità della democrazia ed ha ragione Walter Veltroni quando denuncia il rischio di un autunno della democrazia repubblicana. Dovrebbe chiedersi il segretario del Partito Democratico perchè si è giunti a questo punto e quali sono le responsabilità di ciascuno. E di responsabilità il gruppo dirigente del PD ne ha molte. A cinque mesi dalle elezioni il PD non è stato capace di fare una discussione seria sui motivi che hanno consentito alla destra di stravincere le elezioni e sul perchè e con quali meccanismi il berlusconismo sia riuscito a permeare gran parte della società italiana.
Alla catastrofica esperienza della coalizione di centrosinistra si è reagito senza alcuna intelligenza politica. Non c’è argomento che non veda divisioni tra i diversi leader del PD, mentre i partitini della sinistra non sembrano saper interrompere il processo di liquefazione. Crediamo poco ai sondaggi che Berlusconi enfatizza ogni giorno, ma è certo che l’agenda politica è soltanto quella imposta dalla destra. Che la situazione sia difficilissima è fuori discussione. La crisi economica, la precarietà di tanta parte della popolazione rende complicato la costruzione di una piattaforma alternativa al berlusconismo. Non si cambia in pochi mesi ciò che è stato creato nella testa della gente dai berluscones di ogni colore, compreso quelli del rosa pallido e del rosso bandiera.
Ciò che impressiona è il fatto che il PD non ci provi nemmeno a cambiare il suo modo di stare in campo. L’assillo dei gruppi dirigenti sembra essere quello di arrivare alle prossime elezioni, europee e amministrative del 2009, con organigrammi che salvaguardino al massimo le carriere dei capi locali e nazionali delle variegate anime dei democratici.
Piuttosto che lavorare alla costruzione di priorità politiche e programmatiche che abbiano il segno della rottura con un passato che, visti i risultati, può definirsi fallimentare, i gruppi dirigenti ad ogni livello si occupano dei loro destini.
Esemplare è quanto sta succedendo nella nostra Umbria.
Interviste di questo, di quello e di quella che si muovono all’interno o di un’autocelebrazione o di autocandidature per questo o per quell’incarico. Sinceramente noi siamo poco interessati ad una discussione incentrata sui curriculum ed anzi riteniamo che l’anima del berlusconismo sia stata proprio la personalizzazione della politica. Abbiamo aborrito il presidenzialismo e continuiamo a pensarla allo stesso modo. Abbiamo anche apprezzato il lavoro delle amministrazioni umbre quando questo andava fatto. L’entusiasmo è via, via scemato di fronte ad andazzi amministrativi somiglianti più al galleggiamento che al buon governo. L’arroganza di certi amministratori non ci piace affatto, ma non siamo particolarmente portati a campagne nel segno del “nuovo che avanza”. Da qui a pensare che nelle prossime schede elettorali troveremo gli stessi nomi che abbiamo votato negli ultimi tre decenni, qualche brivido lo produce. Il sindaco Locchi dichiara la sua preferenza per un rinnovamento senza accanimento. Siamo d’accordo, ma ci sembra giunto il tempo di interrompere il gioco dell’oca che vede sempre in campo, magari con ruoli diversi, gli stessi protagonisti. Dopo tanto aver speso per l’interesse pubblico, non è tempo di uscire dal gioco delle poltrone nella pubblica amministrazione? Si può far politica ed essere utili alla comunità anche senza avere incarichi pubblici.
Intanto a quali alleanze si sta lavorando? Viene confermata l’intenzione dei democratici a mantenere un’alleanza con la sinistra o ci si muove verso nuovi lidi? E Rifondazione intende avere un rapporto di governo con il PD o prevale anche da noi la linea della salvaguardia dell’identità da realizzare con una rigorosa opposizione? Quale sarà il meccanismo di scelta delle candidature? Primarie di partito organizzate come plebisciti o processi che assicurino anche la partecipazione di chi non è iscritto a nessuna organizzazione politica?