Le parole sono pietre, scriveva Carlo Levi negli anni 50 a indicare il peso che una parola, una definizione ha nella vita delle persone e della società . L’Italia vive una stagione politica in cui le parole sono così evanescenti da non far comprendere un significato, una caratteristica, una qualità . Prendiamo ad esempio l’ultima promessa di Berlusconi: unirò i moderati a sostegno del governo. Bene. Ma chi sono i moderati? Considerare il PDL un partito di moderati sembrerebbe eccessivo. Se il moderatismo significa anche il rispetto di chi non la pensa come te, considerare moderato il ministro La Russa o Capezzone o Gasparri o la ministra Brambilla parrebbe troppo.
In generale non sembra che questa caratteristica sia una qualità del PDL. Rientrano nel moderatismo le scelte, i comportamenti e gli obbiettivi dei leghisti? Sono moderate le gerarchie Vaticane? Certamente lo sono nei confronti del governo della destra. Non lo furono nei confronti del governo di centrosinistra contro il quale si batterono con determinazione nonostante che, ad iniziare da Prodi, i cattolici erano ben presenti nella compagine governativa. Gli alti prelati considerano oggi, a differenza di ieri, un valore a priori la stabilità del governo. La questione etica è risolvibile con qualche costosa indulgenza. A Prodi nulla fu perdonato. La Treccani definisce così un uomo moderato: “Equilibrato, misurato, pacato, sobrio, tranquillo”. Tutte definizioni che come è noto si attagliano alla perfezione al capo del governo. Altro che moderati. In realtà l’obbiettivo di Berlusconi è quello di continuare nella fruttuosa strada dell’acquisizione di singoli parlamentari. Senza conversioni le magnifiche sorti del governo Berlusconi-Calearo sono segnate: elezioni anticipate in primavera. Le parole sono pietre ma oggi sembra che non ci facciano più afferrare la realtà . Essere contro la violenza è un dovere civico e democratico. La violenza del bruciare un’auto o spaccare una vetrina o aggredire un poliziotto è cosa grave, ma questa diventa una predica sterile se la politica non fa uno sforzo per capire ciò che ha portato un giovane di diciotto anni ad un gesto violento. Quando il capo della polizia, Manganelli, denuncia la solitudine delle forze dell’ordine nell’affrontare un disagio sociale sempre più esteso, richiama la politica al suo dovere di risolvere i problemi. E la politica invece continua a galleggiare nei suoi riti sempre più lontani dalla vita del popolo. Ciò che si è visto martedì alla Camera dei Deputati rientra nel processo di degrado istituzionale iniziato con la così detta seconda repubblica. Il Parlamento ridotto ad un suk in cui i “procuratori” gioivano per gli acquisti fatti. E l’Italia della gente comune? Chi paga le tasse subisce un salasso di dimensioni epiche, solo due Paesi nordici hanno una pressione fiscale maggiore. In compenso abbiamo il record europeo per l’evasione, cresciuta nell’ultimo anno. Quel che resta dello stato sociale ricadrà interamente sulle Regioni e sulle amministrazioni locali che, dopo i tagli di Tremonti, saranno obbligate ad aumentare tariffe o a chiudere ulteriormente i servizi ai cittadini. Berlusconi continuerà a dire che non mette le mani sulle tasche dei cittadini. Per suo conto lo faranno i sindaci e le amministrazioni regionali. L’Italia è il Paese d’Europa con la maggior percentuale di disoccupazione giovanile. Una donna su due non lavora. E’ un dato di fatto che almeno due generazioni saranno costrette ad un lavoro precario, senza speranze di un miglioramento futuro. Sono mesi e mesi che il mondo della scuola, della ricerca protesta per una riforma universitaria apprezzata soltanto dai rettori e il governo non ha trovato il tempo e il modo di ascoltare le loro voci. Anzi ne vuole un’approvazione rapida, prima di Natale, una provocazione. Se qualcuno continuerà a protestare, Maroni assicura una bella repressione. Si può sostenere che la vittoria di Berlusconi su Fini è utile al Paese e che finalmente il governo sarà in grado di governare? Magari fosse così. Ciò che ci spetta è una fase in cui giornalmente ci saranno il deputato o la deputata che per senso di responsabilità andranno in soccorso al vincitore. Una campagna acquisti permanente che dimostrerà ancora di più la profondità della crisi della democrazia repubblicana. E l’opposizione che sta facendo? Fini, Rutelli e Casini hanno deciso la realizzazione di un terzo polo. La cosa non è piaciuta alle suddette gerarchie vaticane, preferiscono l’appoggio al governo della destra leghista e berlusconiana. Proprio perchè è un moderato, Berlusconi con la consueta eleganza, ha coperto i tre d’insulti e sberleffi. L’incerottato Di Pietro propone a PD e a Vendola un accordo elettorale principalmente per sbarrare l’abbraccio tra i democratici e il terzo polo. Il segretario del PD Bersani ha rilasciato un’intervista con cui dichiara di preferire al nuovo ulivo l’accordo con il polo di Casini. Tutti al centro, insomma. Per ottenere il risultato, Bersani è disponibile a rinunciare al meccanismo delle primarie. Ovviamente nel PD si è aperto un aspro confronto. Normale in un partito che continua a vivere senza un gruppo dirigente riconosciuto e di continue svolte storiche. Anche chi, come il sottoscritto, non è affascinato delle primarie, deve ammettere che nella situazione data, con i partiti così mal messi, consentire agli elettori la scelta dei candidati alle prossime elezioni sarebbe cosa saggia. Gli analisti elettorali sostengono, a ragione, che il successo di Berlusconi è dipeso dal numero crescente di astensioni dell’elettorato di centro-sinistra. Nelle ultime politiche sono stati almeno due milioni e mezzo i cittadini di questo orientamento a disertare le urne. Una campagna di primarie trasparenti e regolamentate, potrebbe essere un’occasione per far sentire protagonisti delle scelte anche coloro che sono lontani dal ceto politico. Sarebbe cosa saggia, ma la saggezza in questa stagione politica non è purtroppo una merce che va molto per la maggiore.