Nel complesso tutti gli analisti concordano che il carisma del capo di Forza
Italia non funziona più.
Da qui la bruciante sconfitta nelle elezioni regionali di domenica scorsa? La tesi
che le televisioni non bastano per convincere gli elettori sembra essere
insufficiente. Nel voto non avranno influito anche fattori più concreti del
carisma di un eccellente venditore di sogni come Berlusconi? Qualche
riflessione in più rispetto alle condizioni di vita del popolo italiano aiuterebbe a
capire. Negli ultimi quattro anni non sono certamente migliorate le prospettive
di tanta gente. Un lavoro decente e stabile è un lusso. Ad un pensionato la
pensione non garantisce più una vita dignitosa. Nonostante l’enfasi posta da
Berlusconi sui miracoli dell’attività  di governo la gente è oggi insicura e in molti
casi più povera.
La maggioranza della nazione non sostiene il presidente di Mediaset perchè lo
stato dell’economia e del vivere è peggiorato per gran parte del popolo italiano.
Il resto è aria fritta. L’entità  della disfatta è tale da non lasciare il minimo
spazio ad analisi rabbuffate come quelle tentate dai berluscones alla Fabrizio
Cicchitto.
Il disfacimento del centrodestra è sotto gli occhi di tutti. Perdere in un sol colpo
due milioni di elettori è cosa che non può non incidere profondamente anche
nel destino del governo centrale. Il voto ha punito non solo il modo di
amministrare dei presidenti del centrodestra, ma anche la qualità  del governo
di Berlusconi, Fini e Bossi. Tutti loro hanno dato una bella mano all’Unione per
stravincere anche al di là  dei meriti di alcuni dei suoi leader nazionali.
Non sono molti a scommettere che la legislatura potrà  terminare alla scadenza
del 2006. Non è detto però che l’irresponsabilità  del ceto politico non arrivi a
mantenere il Paese in uno stato di non governo per un altro anno. La
resistenza di molti di coloro che nel centrodestra vedono messo a rischio il loro
potere e le loro prebende di parlamentari è molto forte. Con l’aria che tira è
evidente che il seggio sicuro non c’è più per nessuno neanche nel profondo
nord leghista.
Per il centrosinistra la partita resta durissima. Incassato l’enorme risultato
elettorale contro il berlusconismo adesso si tratta di costruire un programma
per uscire dall’ideologia su cui ha costruito le sue fortune l’uomo di Arcore. Non
sarà  facile. Le macerie non sono frutto soltanto del governo di centrodestra.
La Federazione dell’Ulivo ha ottenuto un risultato tale da consolidare la
leadership di Prodi, il più tenace nella scelta. Il progetto unitario è stato
premiato ed ora si tratta di consolidare la prospettiva. Sembra logico che si
vada alla conferma anche per le elezioni politiche. I riformisti con i riformisti
dunque. E la sinistra alternativa che fa? Non è tempo di superare anche le
antiche lacerazioni e lavorare ad un progetto che aggreghi in un simbolo
soltanto per il voto del 2006 Rifondazione e PCDI? Quel 15% di voti a sinistra
dell’Unione non potrebbero unificarsi in un solo contenitore? Continuare a
differenziarsi sulla base di rancori personali sembra paradossale. Ed anche
elettoralmente non premia.
Il voto in Umbria non è dissimile dal resto del Paese. Ed è in continuità  con la
storia della nostra terra. Nelle elezioni regionali del 1975 il Pci e Psi ottennero
335 mila voti, quest’anno l’Unione 291 mila, ma a quei tempi c’era meno
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astensionismo. In Umbria l’Unione ha avuto qualche punto percentuale in più di
altre regioni ed un significativo successo personale per la candidata presidente
Rita Lorenzetti. Anche da noi c’è stata una lotta all’ultima preferenza che ha
lasciato rancori e proteste.
Non è un fatto soltanto di voracità  personale. Il cannibalismo è dovuto ad una
“folle” legge elettorale che favorisce il lobbismo e il localismo più becero e
sollecita il peggio di ciascuno, spappolando ogni ipotesi di formazione di gruppi
dirigenti sovra collegio elettorale.
Se le elezioni hanno prodotto diverse macerie, tra queste vanno evidenziate
quelle dell’unità  dei gruppi dirigenti dei partiti. Una catastrofe. A leggere le
dichiarazioni dei singoli candidati eletti in consiglio regionale viene naturale
pensare che la classe politica sia impazzita. Travolti in Italia, annichiliti in
Umbria, ci sono dirigenti della Casa della Libertà  che enfatizzano nelle
dichiarazioni ai giornali il successo ottenuto nelle preferenze personali.
Dirigenti di primo piano della Federazione dell’Ulivo denunciano congiure,
annunciano dossier e rivendicano al loro prestigio la quantità  di preferenze
raggiunte contro il volere di forze occulte o di istituzioni insensibile al fascino
del candidato. Il quadro è allarmante. Adesso i nostri eroi dovranno governare
ed è evidente che formare la giunta diverrà  un’impresa titanica e superare le
lacerazioni non sarà  facile. Tra le altre macerie c’è la questione della
rappresentanza. Il grado di rappresentatività  territoriale del consiglio regionale
è assolutamente insoddisfacente. Territori iper rappresentati, territori assenti e
territori (l’area vasta di Perugia per dirne uno) sottorappresentati. Non è un
piccolo problema o problema che riguardi solo Locchi.
Ci vorrà  molta sagacia politica per far superare l’impressione, ulteriormente
confermata, di una marginalità  dei gruppi dirigenti perugini nella vicenda
regionale. Mi è stato domandato, da un leader diessino di primo piano, se noi
perugini siamo diventati nel tempo una sottorazza politica. Convinto
antirazzista anche in politica, non sicuro delle teorie di Lombroso, ho risposto
che il problema è da risolvere utilizzando l’intelligenza, magari sollecitando
negli altri un interesse superiore a quello del proprio feudo elettorale. Capisco
l’ingenuità  della risposta.
Corriere dell’Umbria 10 aprile 2005

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