Sono stato a trovare mio figlio e mio nipote. Vivono a Londra e
così, nelle piovose serate londinesi, mi sono divertito a guardare
la televisione inglese. Molti programmi simili ai nostri, giochi e
grandi fratelli non mancano. Niente “veline” e toni calmi anche
nei dibattiti politici. Ciò che è assente anche nei telegiornali,
è il ceto politico. Brevissime interviste e le notizie sono
notizie e non commenti dei conduttori delle trasmissioni. In sette
serate non ho mai ascoltato comizi televisivi di Tony Blair.
Mi dicono che in Italia nell’ultima settimana l’amico di Blair, il
cavalier Berlusconi, è apparso in tv in tutti i programmi di
maggior ascolto parlando per tutto il tempo che ha voluto. Ho
letto dell’appello di Ciampi alla correttezza nella ripartizione
delle apparizioni televisive dei politici. Per tutta risposta in
un giorno il Capo ha comiziato ad “Uno mattina”, occupato Isoradio,
prenotato un’ apparizione al programma di approfondimento dopo il
TG delle 20 e organizzato una presenza di qualche ora a Rai 2 e a
Canale 5. Annunciate seicentomila lettere del cavaliere di Arcore
a tutti i bambini nati nel 2005. Il Nostro comunica la regalia di
1000 euro ad infante. Una vera tormenta mass-mediologica quella
del Capo del Governo. Non tenzone elettorale, dice il cavaliere ma
scontro di civiltà e la sua, come si è visto in questi anni, è una
affascinante civiltà .
Noi italiani abbiamo bisogno di certezze e gli sproloqui di
Berlusconi lo sono, mi sono detto. Riflettendo ho capito che siamo
di fronte ad un disastro democratico. La democrazia è un fiore
delicato, facile da rovinare. Quando le regole democratiche
vengono stravolte può succedere di tutto e la responsabilità non è
del solo Berlusconi.
Porto un esempio. Il centrosinistra è stato giustamente orgoglioso
del risultato delle primarie. Inaspettato e immeritato forse visto
la sufficienza dei gruppi dirigenti dei partiti rispetto alle
primarie. Ma milioni di persone hanno partecipato alla scelta del
leader della coalizione e tutti hanno enfatizzato il fatto. Il
centrodestra è apparso allo sbando e Berlusconi illividito.
Sembrava ovvio che i partiti del centrosinistra avrebbero
utilizzato questo meccanismo partecipativo per la scelta dei
candidati al futuro parlamento. Invece di organizzare una vasta
campagna di partecipazione, i nostri eroi hanno ricominciato a
discutere animatamente tra loro dell’esigenza di creare un partito
democratico! Scusate tanto. Che urgenza c’è? Non potete trattare
del nuovo partito dopo le elezioni? Si capisce poco perchè con un
sistema para-proporzionale i DS e Margherita si presentino alla
Camera con una sola lista, ma aprire a gennaio un’altra puntata
della telenovela iniziata dieci anni or sono è apparsa al popolo
del centrosinistra una sorta di follia.
Nel merito poi qualche perplessità il sottoscritto la mantiene. La
mia perplessità è ininfluente, ma immaginare in Umbria uno stesso
partito per Bocci e la Lorenzetti mi sembra richiedere molta
fantasia. Già l’alleanza in Regione appare in certe fasi
tormentata. Figuriamoci una militanza comune dentro un solo
contenitore politico. Ma posso sbagliare e alla fine la fusione
avverrà . Per adesso sembrerebbe meglio schierare le forze per
vincere le elezioni e rinviare al dopo Berlusconi, se ci sarà , la
disputa .
I commentatori più avvertiti ritengono che la bagarre aperta da
Prodi sul partito democratico sia stata funzionale ad una stretta
sulle liste dei candidati alle elezioni. Un’operazione, quella
della ripartizione dei seggi, non semplice. L’orrenda legge
elettorale impone la costruzione di liste organizzate in modo da
sapere “prima” chi sarà eletto. Non essendoci la preferenza ma
solo il voto al partito, è decisivo collocarsi nei primi posti
della lista. Partita durissima le cui regole sono in genere
sconosciute all’elettore. I problemi sono molti: la ripartizione
tra i partiti, la giusta quota di donne elette, le competenze da
assicurare in parlamento. Si è aperta così a Roma una discussione
non da poco. Quanti degli eletti saranno DS? Quanti della
Margherita? Quanti uomini e donne di fiducia di Prodi? L’accordo
sembra fatto: sessanta per cento i DS, quaranta per cento per la
Margherita e una ventina di parlamentari i prodiani doc. Chi e in
base a quali criteri ha deciso? Si chiede di sapere troppo?
Gli incastri sono molti e molte le legittime aspettative di una
classe politica molto autoreferenziale. Passare dal meccanismo
delle primarie, che tanto successo ha avuto, a quello dei pochi
decisori romani non è cosa da poco e qualche domanda la provoca.
Una democrazia vitale richiederebbe ben altre procedure. Siamo in
una situazione di emergenza democratica dice D’Alema con qualche
ragione. Soltanto il presidente Ciampi sembra voler contenere
questa follia istituzionale di fine legislatura.
Si dirà , giustamente, che i berluscones non solo hanno voluto una
pessima legge elettorale ed è il solo cavaliere a decidere gli
eletti della Sua squadra. Si può osservare che Forza Italia è un
partito a proprietà privata, il centrosinistra dovrebbe essere
altra cosa. O no? Come sono scelti i candidati da eleggere in
Umbria, la scelta è di esclusiva competenza romana? Non si rischia
la schizofrenia quando si sostiene una repubblica federale mentre
la classe dirigente politica regionale viene scelta
sistematicamente attraverso accordi centralizzati? Il rischio è
evidente. Al di là delle questioni di principio, che per il
centrosinistra non dovrebbero essere un orpello, c’è il problema
della rappresentanza. Storicamente l’Umbria ha avuto eccellenti
parlamentari, alcuni umbri ed altri eletti nella nostra terra.
Nessuna tentazione localistica. La questione è la qualità del
candidato e non sempre a Roma c’è più intelligenza politica che a
Perugia o a Terni. Nessuno dimentica l’onorevole Adornato eletto
dalla sinistra umbra e transumato verso il cavaliere di Arcore.
Corriere dell’Umbria 2006