Il decreto di scioglimento lo ha firmato il presidente Ciampi. La
XIV legislatura del Parlamento giunge a conclusione.
Che Paese lascia il quinquennio dell’era berlusconiana? Ognuno di
noi può fare i suoi conti. Materiali innanzitutto. Ed è fuori
discussione che la maggioranza degli italiani ha subito un
ridimensionamento economico pesante. Il dato che prevale è quello
dell’incertezza per il futuro proprio e per quello dei più
giovani. Si sostiene, come se fosse un fatto naturale, che le
nuove generazioni non avranno alcuna protezione pensionistica. Le
pensioni attuali nel tempo si ridimensioneranno, ci assicurano gli
esperti. Già oggi le pensioni in essere hanno perso potere
d’acquisto e una parte consistente del lavoro giovanile non ha
alcuna decente copertura assicurativa. In genere è continuato, in
questi anni di governo della destra, il processo di spostamento
della ricchezza nazionale dal mondo del lavoro a quello della
rendita finanziaria. I poveri sono diventati più poveri e i ricchi
più ricchi ed anche le fasce medie hanno subito un duro colpo nei
redditi e nelle prospettive personali e della propria famiglia. Lo
stesso mondo delle imprese economiche ha sofferto della crisi. Il
centrodestra ha rappresentato bene gli interessi del propri
elettori? Sarebbe troppo semplice. Molti elettori di Fini o di
Casini appartengono al ceto medio e al mondo del lavoro, purtroppo
le scellerate politiche economiche hanno premiato altri settori
della società italiana. Se un governo deve essere giudicato per
quello che ha fatto, non ci sarebbe partita. E’ per questo che
Berlusconi ha spostato l’asse della discussione enfatizzando la
battaglia ideologica contro il comunismo. Non è un’idea balzana.
Anche se rimane complesso dimostrare che Bertinotti si accinge a
conquistare “il palazzo d’Inverno”, Berlusconi punta a mobilitare
il ventre molle del paese a partire dal disprezzo per la sinistra.
Tutto e tutti coloro che non alzano la bandiera del berlusconismo
non possono che essere strumenti del comunismo rampante.
Sottovalutare il cavaliere sarebbe sbagliato. In realtà Lui
l’Italia è riuscito a cambiarla davvero. Ognuno può stabilire se
in meglio o in peggio, ma il mutamento è stato radicale in
moltissimi settori a cominciare dal ruolo della politica in una
società complessa come quella italiana. Berlusconi ha
rappresentato al meglio l’antipolitica come strumento di governo
aiutato in questo da commentatori interessati, da cerchiobottisti
e da gravi errori del centrosinistra. La telenovela degli scontri
televisivi ha portato acqua all’impostazione politica del
cavaliere non certo alla credibilità del centrosinistra.
Un altro bilancio bisogna saper fare. Che comunità è oggi
l’Italia? Le istituzioni squassate da una tempesta di polemiche e
da leggi improvvisate e distruttive di regole. Una società meno
solidale in cui il rapporto tra cittadino e interesse pubblico è
peggiorato ulteriormente senza che una politica diversa sia stata
percepibile dal senso comune delle grandi masse. Il centrosinistra
è stato negli anni diviso nei programmi e la sua classe dirigente
non ha saputo avere una immagine forte e credibile. La leaderite è
stata la componente essenziale di gran parte dei gruppi dirigenti
a discapito dell’interesse a costruire un’alternativa possibile al
berlusconismo. La “videocrazia” non è stato strumento del solo
cavaliere do Arcore. Ci si affida allo scontro TV, sperando nella
correttezza dei conduttori. La democrazia è stata spesso un
optional anche per tanti unionisti. I partiti anche del
centrosinistra, rimangono fragili agglomerati di apparati dove
iscritti e militanti hanno ruoli e compiti che non incidono mai
sulle decisioni essenziali. Una risposta, per quanto ambigua,
poteva essere il meccanismo delle primarie. Strumento che è stato
utilizzato con parsimonia. Subito più che voluto non è stato il
procedimento di mobilitazione per la campagna elettorale. Intanto
gli eletti sono stati decisi anche dall’Unione a Roma senza che
ciò suonasse scandalo per nessuno. All’elettore spetta soltanto
scegliere il simbolo del partito, l’eletto è già stabilito. Unica
consolazione è che presumibilmente in questa campagna elettorale i
“santini” con le foto e biografie dei candidati non ci saranno. Si
risparmierà in quattrini e buon gusto e la cosa non è da poco.
Se vince le elezioni, il centrosinistra come farà ad affrontare i
problemi se non scommette anche sulla partecipazione della gente?
Riformare ciò che la destra ha imposto in questi anni, sarà
possibile senza una grande ondata democratica che solleciti
intelligenze e passioni?
Ieri Prodi ha presentato il suo programma di governo. Bene era
ora. Gli incontentabili sostengono che al di là delle singole
scelte ciò che manca è un’anima riformatrice. E’ assente la
semplicità dello slogan comprensibile alla gente. Insomma non è
contemplata la sloganistica tipo: “pace e lavoro”. Non sarebbe
grave se la sostanza delle proposte si muove in direzioni
completamente diverse da quelle del governo Berlusconi e anche da
quelle del primo governo Prodi. Governi assolutamente diversi che
però hanno avuto un tratto in comune. Non certo l’arroganza delle
leggi personali o la volgarità leghista, piuttosto l’accettazione
dell’ideologia liberista imperante nonostante i suoi fallimenti.
Che il mercato sia un riferimento decisivo nel mondo globalizzato
è un’ovvietà accettata da tutti. Ciò che non è più accettabile è
un mercato senza regole o che ha regole che riguardino soltanto la
libertà della precarizzazione del lavoro a vantaggio della
speculazione finanziaria. Prodi ha detto che il suo sarà un
governo che lotterà contro la precarietà dei giovani lavoratori.
Sembra essere una scelta saggia. L’Unione ha un senso soltanto se
riscopre le sue radici sociali e su questo costruisce il programma
di governo. L’antiberlusconismo non basterà per risolvere i drammi
del Paese.
Corriere dell’Umbria 12 febbraio 2006