I socialdemocratici svedesi sono stati al governo per molti
decenni prima di perdere le elezioni alla fine degli anni ottanta.
Come rivinsero le elezioni? Promettendo nuove tasse pur di
salvaguardare il loro welfare state. Dalla culla alla tomba, ogni
cittadino svedese può utilizzare la rete di servizi sociali,
culturali, assistenziali che la struttura pubblica garantisce con
efficienza e senza sprechi. Vi sono beni che non sono frutto del
libero mercato ma delle scelte della politica a vantaggio del
cittadino. Una tassazione giusta e rigorosa è meglio di servizi
pubblici inefficienti e disastrati: è questa la linea dei
riformisti del nord d’Europa. Ma il loro è un riformismo forte
capace di aggregare interessi e passione politica. Quello delle
nostri parti è un riformismo che sembra incapace di scegliere da
che parte stare.
Si dirà , siamo in Italia e qui da noi il rapporto cittadino e
Stato è sempre stato negativo. Può anche essere vero però che,
piuttosto che vedere un ulteriore degrado della sanità , della
scuola, dei trasporti pubblici e via elencando, sia possibile
vincere le elezioni anche parlando di tasse. Deve essere però un
discorso chiaro e facile a capirsi. La giusta proposta della
riduzione del cuneo fiscale ha un limite proprio nella
comprensibilità di ciò che si vuole fare. E’ stato facile gioco
per Berlusconi inventarsi tasse sui BOT o sulla casa: se non basta
il terrore per i comunisti signori dell’infanticidio, inventiamoci
la paura delle nuove tasse. Il governo di centrodestra ha operato
in questi anni come un Robin Hood al contrario: ha tolto ai poveri
per dare ai ricchi. Ai poveri è stato tolto molto attraverso
l’abbassamento, rispetto al costo della vita, di stipendi e
pensioni. Ai ricchi è stato dato molto con favori fiscali d’ogni
genere e con le furbate del creativo Tremonti. Nel complesso la
distribuzione della ricchezza a vantaggio dei forti ha prodotto
come risultato l’impoverimento generale del Paese. E’ andata bene
alla famiglia Berlusconi se, nel solo 2005, ha ottenuto un
dividendo di 100 milioni di euro soltanto per Mediaset. Minor
bene pubblico a vantaggio del bene di pochi. Da qui bisogna
partire. Meravigliarsi perchè Berlusconi continui ad inventar
balle serve a poco. Alla radicalità del cavaliere deve essere
contrapposta una radicalità del centrosinistra nelle sue proposte
sapendo che, se sono serie, non possono accontentare tutti.
Ad esempio per la tassa di successione bisognerà pur spiegare cosa
concretamente si propone e a quale scopo. Non sono molte le
famiglie che sono in grado di trasferire ai figli milioni di euro.
Se coloro che possono pagano qualche tassa, è legittimo anche per
l’ideologia liberale. Se i Casini o Bondi considerano la cosa come
frutto dell’estremismo di Prodi sono fatti loro.
Sono decenni che si parla in Italia di lotta all’evasione fiscale.
Forse è tempo di affrontare il problema con serietà . Impariamo
anche pessime cose dagli Stati Uniti. E’ forse il caso di
apprendere il loro sistema di contrasto all’evasione delle tasse.
Berlusconi ha seguito Bush in guerra, L’Unione imiti l’America
nella lotta ai furbi evasori fiscali.
Lo scadente appeal della politica è dovuto a molti fattori. Uno di
questi è la pessima prova data dal funzionamento della macchina
pubblica. Una questione questa che il programma dell’Unione
affronta in maniera insufficiente. La destra ha come programma il
proseguimento di quello già fatto in questi anni, non si pone
nemmeno il problema. Ma per rinnovare si deve modificare alla
radice il modo di funzionamento e il modo di spendere della parte
pubblica. Per farlo c’è bisogno di analizzare quanto è successo in
questi anni ad ogni livello istituzionale. Regionalista convinto,
rimango persuaso che il potere più è decentrato e meglio è. Con la
maturità è intervenuto qualche dubbio rispetto a comportamenti che
si sono radicati nelle varie istituzioni pubbliche. Ad esempio, ad
un esame dei costi e benefici, è stato un errore spezzettare la
presenza dell’immagine dell’Italia nel mondo in tante realtà
locali. Le consolidate pessime performance del turismo italiano
sembrerebbe confermare il dubbio.
Viaggiando all’estero non succede di incontrare le “ambasciate”
della California, della Provenza o della Vestfalia. Dati ufficiosi
ricordano che la Lombardia ha diverse sedi di rappresentanza
sparse per il mondo, la Campania ha la sua sede anche a New York.
La nostra piccola Umbria per adesso ha ritenuto utile acquistare
una location a Bruxelles. In compenso alcuni dei nostri
amministratori hanno uno spiccato spirito internazionalista e
viaggiano molto. All’internazionalismo proletario si è sostituito
quello esotico.
Interessante sarebbe un bilancio dei risultati conseguiti, in
termini di afflussi economici o culturali per la nostra regione,
dal tourbillon all’estero della nostra finanziaria regionale,
delle camere di commercio e di altre strutture pubbliche. Diranno,
che c’entra il turismo amministrativo con la campagna elettorale?
C’entra e molto. Lo spreco nella finanza pubblica è uno dei
problemi che legittimano l’antipolitica e quindi il berlusconismo.
Se si vuol tornare ad una politica quale strumento decisivo
dell’emancipazione della gente bisogna sconfiggere tutto ciò che
alimenta il qualunquismo. Il rigore non è un orpello ottocentesco.
Bisognerà che questa tematica entri nelle priorità del
centrosinistra.
E’ confermata anche in quest’ultima settimana la tendenza a
trasferire soltanto nei mass media la campagna elettorale con
molte volgarità e pessimo spettacolo.
Pochissimi anche gli “incontri conviviali” dove il candidato di
turno chiedeva risorse in cambio di qualche battuta politica.
Come è noto i concorrenti non ci sono più, sono già stati scelti.
Soltanto per cambiare quest’orrenda legge elettorale si dovrebbe
andare a votare.
Corriere dell’Umbria 2 aprile 2006