Un problema elencare tutte le presidenze occupate da Luca Montezemolo. Recentemente ne ha lasciata una e nello stesso tempo ha annunciato la discesa nel campo della politica. Vorrebbe essere il leader di uno schieramento esterno al centrodestra berlusconiano e al centrosinistra di Bersani e Vendola. Al momento non sembra particolarmente interessato alla proposta politica del sempre vivace Pier Ferdinando Casini. Il presidente della Ferrari ha già raccolto adesioni rilevanti nel mondo sindacale e politico, si è dichiarato uno sponsor del presidente Monti. Quest’ultimo di tutto si può lamentare, ma ha tifosi in tutti gli schieramenti politici e questo dovrebbe riempirlo di soddisfazione. L’agenda Monti sembra essere la nuova bibbia da seguire e qualunque sia lo schieramento che vincerà le prossime elezioni politiche, dovrà applicarne le regole. Da sciocchi non riconoscere all’uomo della Bocconi il merito di aver ridato dignità alla figura del presidente del consiglio, dopo la calaverna provocata dal presidente del Milan, non era facile e non è cosa da poco. Da liberista convinto, Monti ha scelto di ridimensionare profondamente la spesa pubblica e l’intervento dello Stato nell’economia e nel sociale. Una scelta obbligata per tutto ciò che riguarda il costo della politica e dell’ipertrofia istituzionale stratificatasi nei decenni passati. I danni prodotti ai conti pubblici da un ceto politico incapace e troppo spesso corrotto, sono stati enormi sia in termini economici sia nel funzionamento della democrazia. Sacrosanto, quindi, porsi il problema dei costi e della tenuta dei conti pubblici. Meno apprezzabili le scelte che indeboliscono ulteriormente quel poco di welfare realizzato in Italia. A differenza di alti Paesi europei, il welfare da noi si è organizzato in gran parte attraverso le amministrazioni locali. Sono anni ormai che i tagli riguardano i trasferimenti agli enti territoriali nei settori della sanità , del trasporto pubblico, nella scuola e in genere nel sociale. Anche le buone amministrazioni e per fortuna ce ne sono, non possono più soddisfare esigenze primarie della popolazione. All’aumento della disoccupazione e al lavoro precario si è aggiunta la minor offerta pubblica di servizi al cittadino. Appare difficile immaginare una qualche forma di uscita dalla crisi se la tenuta sociale si avvia vero un’implosione. Forse l’agenda Monti finora attuata merita qualche riflessione e non solo nel centrosinistra. Un popolo impoverito economicamente e socialmente con difficoltà potrà affrontare le scadenze di una crisi che non sembra trovare soluzione? Economisti di primo piano sostengono con vigore e argomenti solidissimi che le politiche di austerità porteranno al disastro. Gli argomenti? Quello che sta già succedendo in Grecia, in Spagna, in Irlanda e in Portogallo. Tagli al bilancio pubblico, licenziamenti di massa, chiusura d’imprese, non sono serviti a mettere a posto il bilancio pubblico. Gli ottantasette miliardi di euro trasferiti in Spagna alle banche non hanno ancora messo in sicurezza il sistema creditizio spagnolo. E nel frattempo la disoccupazione ha raggiunto il 25%. Jean Paul Fitoussi è un economista francese molto apprezzato. In un’intervista ha definito le politiche di austerità disastrose che nel medio periodo aggraveranno la crisi dell’intera area della Comunità Europea. Il ragionamento che fa è semplicissimo. Lo sviluppo di un Paese ha bisogno della tutela del capitale umano, delle strutture industriali e d’investimenti in infrastrutture materiali e immateriali oltre che di una buona scuola e di seri progetti di ricerca. Al momento l’agenda Monti (agenda europea, ci dicono) tralascia completamente tutti questi fattori di sviluppo. Fitoussi sostiene che è giusto riportare a pareggio le spese correnti, ma è da insensati non indebitarsi per investire appunto nel capitale umano, nella difesa del tessuto industriale e nella ricerca. In una famiglia le entrate devono coprire le spese “correnti”. Se si vuole comprare la casa, bisogna fare un mutuo. Banale ma è così. Non è ormai tempo per porre a livello europeo la questione di come andare oltre le rigidità imposte dalla Germania e dagli altri Paesi forti del Nord? E’ una falsità affermare che queste nazioni sorreggono economicamente i Paesi cicala del Sud d’Europa. Il presidente Monti ha ragione quando sostiene che nemmeno un Euro tedesco è arrivato a sostegno dell’Italia. Dovrebbe aggiungere che è il contrario. La Germania paga i suoi investimenti molto meno di quello che paghiamo noi grazie allo spread. Senza esagerare si può sostenere che la locomotiva tedesca funziona anche grazie al differenziale tra il nostro e il loro servizio del debito. Quanto può durare questo stato di cose? Le spinte anti europee si vanno diffondendo in larghe fasce della popolazione. L’Europa si presenta con il volto corrucciato del ministro delle finanze tedesco e con le durezze della troika. Nazionalismi e populismo rischiano di offuscare nei popoli il grande sogno di un’Europa unità e solidale. Un sogno che per realizzarsi ha bisogno anche di una solidarietà che si è completamente smarrita a causa dei governi di centrodestra europei. Una delle ragioni della creazione dell’euro è stata quella di impedire la speculazione sulle diverse monete dei Paesi europei. Non da oggi è in atto una speculazione finanziaria sui titoli pubblici dei singoli Paesi. E’ proprio una follia immaginare un titolo pubblico di valore europeo? O la follia sta proprio nel non realizzarlo?
Corriere dell’Umbria 28 ottobre 2012