Dall’immaginazione all’improvvisazione. I giovani studenti nel mitico sessantotto avevano uno slogan bellissimo: “l’immaginazione al potere”. Nei malinconici anni novanta e ancora più negli anni duemila, ci hanno abituato a vedere al potere dei leader che hanno come orizzonte quello dell’improvvisazione che spesso si trasforma in incompetenza.
Si potrebbero scrivere libri, e alcuni ne sono stati scritti, attorno al disastro provocato negli ultimi quindici anni, dalla politica istituzionale voluta dai riformisti di ogni colore.
E’ accertato: la democrazia italiana è malata, la politica sembra un ectoplasma incomprensibile ai comuni mortali. Due esempi. Il primo riguarda una riunione svolta dal Ministro per gli Affari Regionali, Linda Lanzillotta con i rappresentanti di regioni, comuni e province. Il Ministro ha proposto: riduzione di 283 consiglieri regionali, riduzione del 25% dei consiglieri comunali e provinciali, abolizione delle Comunità Montane sotto i 900 metri di altitudine. Per le circoscrizioni dei comuni sotto i 500 mila abitanti, gratuità dell’incarico. I rappresentanti delle regioni hanno duramente contestato l’impostazione: “Niente imposizioni dall’alto”, hanno gridato all’unisono. Il Ministro Lanzillotta, felicemente coniugata con l’ex ministro Bassanini estensore di tante leggi istituzionali, si è dimenticata che le modifiche apportate, scelleratamente, dal centrosinistra nel 2001 al Titolo quinto della Costituzione, rendono autonome e con potere statutario, le regioni e tutte le autonomie locali.
Soltanto due anni fa, in Umbria, in occasione della discussione sullo statuto regionale, una maggioranza trasversale voleva portare a 45, tra consiglio e giunta, i membri del consiglio regionale. Non se ne fece niente per vari motivi. Ci si accontentò del presidenzialismo. Al di là delle competenze, hanno un senso le proposte del governo in tema di tagli alla spesa per il funzionamento della macchina pubblica? Che sia ormai intollerabile la quantità di addetti ai lavori nelle istituzioni è cosa certa. Ed è appurato che è esplosa l’ambizione di entrare nel ceto politico per ragioni di carriera e per i livelli retributivi ottenibili. La lotta fratricida in occasione di qualsiasi tipo di elezione, anche per divenire consigliere di circoscrizione, è sotto gli occhi di tutti. In un articolo, Valentino Parlato,scrive:”Ad Angri, un comune campano, di poco più di 30mila abitanti, sono state presentate 20 (venti) liste e 400 (quattrocento) candidati. La politica come “casta”, attrae moltissimo”. Prevedere per legge nazionale la gratuità di alcune fattispecie di incarico pubblico aiuterebbe ad evitare la ressa e ridarebbe alla politica la caratteristica di servizio che dovrebbe avere. Ma il problema è ancora più complesso. L’elezione diretta di sindaci e presidenti ha reso le assemblee, di ogni livello, organismi privi di reale potere. Un consigliere comunale o regionale non è chiamato a grandi impegni. Il potere è concentrato nel vertice politico e l’amministrazione è assicurata dagli apparati burocratici. Non è così? Chi dice il contrario dice una balla. Per riformare la politica si deve certo tagliare ogni spesa volta al privilegio di casta, ma ancor più importante è ridare forza e potere ai luoghi della rappresentanza. Il taglio del numero dei parlamentari può avere un significato positivo se si diversificano le competenze tra Senato e Camera e si va oltre la teoria della governabilità intesa come decisionismo di pochi contro il potere legislativo. Il parlamento non è necessariamente un aula “sorda e grigia”.
Il secondo esempio, che ricorda la capacità di improvvisazione di Prodi e riformisti in genere, è quella del concreto svolgersi della costruzione del partito democratico. Dire, come ha detto Prodi, che il nuovo partito dovrà essere quello che Lui vuole o non sarà , non può che preoccupare. Forza Italia è di proprietà del Cavaliere, ma ciò è comprensibile. I soldi sono suoi. Se ho capito bene il Partito Democratico dovrebbe essere qualcosa di diverso, più democraticamente gestito e frutto di una profonda immersione nella società . Forse ho capito male, ma mi sembra che più che una fusione tra gruppi dirigenti, il PD sarà una pentola in perpetua ebollizione come risultato del mettere insieme le divisioni all’interno di DS e Margherita senza attrarre alcun altra energia.
Al di là del pessimo risultato elettorale nelle ultime amministrative che richiederebbe qualche attimo di attenzione a tutta l’Unione, i diesse e i margheritini non sembrano in grado di andare oltre le beghe interne attinenti gli organigrammi futuri.
Dopo la scelta dei 45 gestori della fase costituente il Partito Democratico, è esplosa la questione della leadership. Non c’è accordo su niente. Soltanto Fassino continua a giurare sulla chiarezza dei processi in atto. Si è capito poco perchè, con un governo così fragile, si sia voluto accelerare un percorso che oggettivamente provoca tensioni tra i diversi aspiranti al “trono”. Amici riformisti, avete avuto cinque anni di opposizione alla destra berlusconiana, perchè non ci avete pensato prima a costruire questo nuovo partito? Non avete capito che con una coalizione rissosa e articolata come quella dell’Unione, con un risultato elettorale scadente alle elezioni politiche, l’impegno doveva essere principalmente volto a ben governare in un rapporto vero con i cittadini.
Non mi sembra che questo sia avvenuto, avete invece continuato nelle vostre recite televisive.
il problema è posto in modo corretto. La questione è da dove ricominciare per ricostruire un ceto politico decente.
In un paese che considera la cultura un accessorio da salotto non sarà mai possibile avere politici degni. Bisognerebbe imporre la cultura, rendere imprescindibile la competenza, sradicare ogni minima forma di pressapochismo. Almeno a sinistra.
d’accordo. Ma chi decide la competenza? Chi ha la forza per battere il pressapochismo dei tanti del ceto politico?