L’ultima legge finanziaria approvata senza mettere la fiducia è stata quella del 2004. Il governo era presieduto da Berlusconi che, va ricordato, aveva in parlamento una maggioranza amplissima. Che il governo Prodi incassi una vittoria netta e trasparente è fuor di dubbio. Soltanto Berlusconi è convinto del contrario, ma è noto che l’attitudine del cavaliere è quella di costruire immagini che poco tengono conto della realtà . Il governo cadrà  il 14 novembre, prometteva alla mamma e ai suoi fidi il presidente dell’A.C.Milan. Non è caduto? Cadrà  al più presto. Non hanno funzionato i talent scout della campagna acquisti. Alla riapertura del mercato, a gennaio, per il calcio e per i senatori si ricomincia. Ronaldinho per il Milan e qualche senatore per far cadere Prodi.
Berlusconi è un “creativo” della pubblicità  e i guru del marketing ci dicono che ripetere ossessivamente le qualità  di un prodotto, anche se non vere, fa vendere il detersivo più pubblicizzato meglio degli altri.
Doveva implodere il centrosinistra e invece l’approvazione della legge di bilancio sta provocando tensioni molto serie nel centrodestra. La Casa delle libertà  rischia di sgretolarsi. Dopo il voto in Senato, la disponibilità  di UDC, Lega e Alleanza Nazionale a partecipare al tavolo delle riforme proposto dal centrosinistra, isola Forza Italia. Una nuova legge elettorale e qualche riforma istituzionale divengono possibili e in ogni caso, si spostano in avanti le eventuali elezioni anticipate. Sono necessarie riforme elettorali e istituzionali? Obbligatorie direi. Ma quali e in quali direzione? Qui sta il dilemma.
Quando un governo dipende dal voto di qualche parlamentare che si svincola dal mandato popolare e cambia casacca, siamo in presenza di una democrazia malata che rischia il collasso. Al di là  degli interessi di bottega è venuto il tempo che il ceto politico lavori a superare il disastro prodotto negli ultimi quindici anni con riforme sbagliate e frutto di improvvisazione e balordaggine o di ideologie di moda, ma arcaiche.
Per l’Unione non è il caso di cullarsi sugli allori. I problemi del Paese rimangono gravi ed è tempo che, operato il risanamento dei conti pubblici, il governo Prodi acceleri nell’attuazione del programma anche nelle parti che prevedono leggi e provvedimenti tesi a rendere più giusta e civile l’Italia.
Berlusconi ha preso una sberla, ma il berlusconismo è da anni una componente essenziale del modo di essere di una parte consistente del popolo italiano. La spinta a destra permane forte in tutta Europa ed anche in Italia i segnali di uno spostamento marcato a destra non mancano. Invertire la tendenza è possibile se il centrosinistra riesce a rinnovare il suo rapporto con quella parte del popolo italiano che lo ha votato per cambiare il Paese. La fiducia si è incrinata anche per il modo di essere del personale politico dell’Unione. Non è questione di antipolitica o di grillismo. Elettori e militanti dell’Unione sono giustamente scandalizzati dalla scoperta dei privilegi del ceto politico amministrativo di ogni livello. Chiedono atti concreti di innovazione radicale nelle prebende previste per manager, amministratori e ceto politico. Alcune novità  sono state introdotte dal governo centrale, ma molto resta da fare per ridare alla politica quel senso per cui si sono sacrificate generazioni e generazioni di dirigenti politici e di semplici militanti.
Il PD avrà  un senso se la sua classe dirigente saprà  innovare nei programmi,nei valori, nelle procedure di partecipazione di iscritti ed elettori alle decisioni del partito ma anche nella sobrietà  da assicurare nelle carriere politiche. La riscoperta del lavoro volontario e dell’impegno politico a prescindere dalla propria collocazione nei meccanismi del potere, sarebbe una bella innovazione. Certamente l’opinione pubblica apprezzerebbe.
Sarebbe meritevole di apprezzamento se anche a livello locale il Partito Democratico cominciasse ad introdurre mutamenti nella realtà  istituzionale che governa.
In Umbria, ad esempio, i leader del nuovo partito hanno responsabilità  amministrative trasbordanti. Sindaci, presidenti, assessori di grandi e piccoli enti hanno aderito al partito di Veltroni.
Da tempo si sta svolgendo in Umbria una discussione sulle riforme endoregionali, ma il processo di trasformazione non è semplice. Interessi legittimi o meno si frappongono all’interesse generale di rendere le istituzioni più efficaci e meno costose. Non è facile tagliare ed è complesso rompere feudi consolidati negli anni che hanno assicurato carriera e vantaggi politici a vassalli e feudatari. Ingeneroso sarebbe sottovalutare le difficoltà .
Ma qualcosa bisogna pur fare se si vuol recuperare un elettorato che, anche in Umbria trova, diciamo così, qualche disagio nella gestione del potere degli uomini e delle donne del centrosinistra. Un piccolo suggerimento. Perchè non si propone subito in consiglio regionale una legge che riporta a trenta il numero dei consiglieri oggi previsto a trentasei? Sarebbe un bel segnale di rigore e si potrebbe superare la follia che un’assemblea priva di potere, venga riempita da quarantasei membri tra consiglieri eletti, assessori nominati e quanto di altro. La legge entrerebbe in funzione nel 2010 e ognuno avrebbe tempo di riprogettare con sagacia il proprio destino politico.
E’ stato riconfermato Tippolotti quale presidente dell’assemblea regionale. Complimenti e auguri.
Speriamo che il presidente possa dare all’assemblea quei poteri di controllo e di indirizzo necessari ad avere una democrazia efficace e trasparente. La regione diretta da Pietro Conti e da Fabio Fiorelli si definiva “regione aperta”. Oggi l’ente regione somiglia più ad una linea Maginot. Ma cambiare si può e si deve.

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