La mossa del cavallo di Veltroni ha prodotto risultati inimmaginabili fino a poche settimane fa. Caduto il governo Prodi, sciolte le Camere, indette le elezioni per il 13 e 14 aprile, l’Unione è implosa rovinosamente annullando una coalizione che se è vero che aveva sconfitto Berlusconi per due volte, si è dimostrata incapace di assicurare un governo duraturo al Paese. Non esiste più un’alleanza di centrosinistra: esiste un centro e una sinistra. Il tempo stabilirà se la cosa è un bene o un male.
La situazione è il risultato della crisi della politica e dell’incapacità delle classi dirigenti di far convivere riformismo moderato e sinistra popolare. Esercizio inutile ricercarne le responsabilità , pochi si salvano dal fallimento di un’esperienza che poteva andare in altro modo.
Resta da dire che una classe dirigente che riesce a far risorgere Berlusconi, dato per spacciato (politicamente) a dicembre, è un ceto politico che dovrebbe riflettere seriamente sull’opportunità di rinunciare alle fatiche dell’impegno politico. Vi sono tante altre attività di servizio per il bene dell’umanità . Un po’ di riposo fuori dalla macchina pubblica farebbe bene alla loro e alla nostra salute. E una fase di decantazione può aiutare il PD a costruire un partito vero e alla sinistra di ricostruire idee, valori e programmi adeguati ai problemi del Paese. Comunque, non avere più a che fare con mastelliani e diniani per chi vuole rendere più civile l’Italia sarà cosa buona.
Il futuro ci dirà quali forme prenderà una rinnovata alleanza tra il centro e la sinistra. Evitare l’effetto domino salvaguardando le alleanze che governano tanta parte del sistema pubblico italiano nelle regioni e nei comuni, non sarà impresa facile ma ritorsioni di qualsiasi natura sarebbero inammissibili.
Spetta al partito di Veltroni dimostrare che la scelta di correre da soli è stata una scelta vincente, obbligata, e non frutto di improvvisazione. La vocazione maggioritaria del PD si scontra con un sistema elettorale profondamente diverso da quello anglosassone. La corsa solitaria è obbligatoria in Inghilterra e Stati Uniti, non lo è in Italia. Anzi. Difficile ipotizzare un PD che da solo o con l’aiuto di Di Pietro raggiunga il 51% dei consensi e correre da solo per conquistare una buona posizione nell’opposizione parlamentare non è un obbiettivo che mobilita le masse del riformismo italiano. Nell’immaginario di qualche opinion maker lo scenario potrebbe essere quello della grande coalizione, come sbocco possibile del risultato delle elezioni. Un bel governo tra berluscones e veltroniani che mettano mano alla Costituzione e rendano l’Italia finalmente un Paese normale. Povera Costituzione! E’ stata frutto di grande intelligenza e di grandi sacrifici. Eppure la Carta ha soltanto sessanta anni di vita (quella americana è del 1787 millesettecentoottantasette), sembrerebbe vitale, basterebbe applicarla bene, ma a cadenze annuali c’è chi vuole umiliarla con modifiche spesso astruse. Ma quello di una alleanza tra PD e destra berlusconiana sembra un incubo da film dell’orrore. Meglio immaginare un risultato elettorale che chiarisca da chi l’Italia vuole essere governata.
La scelta della corsa solitaria del PD si è dimostrata efficace sia a sinistra che a destra dello schieramento politico.
Con anni di ritardo, i leader della sinistra a sinistra del PD sembrano decisi a mettersi insieme in una sola lista per le prossime elezioni. La sinistra arcobaleno sembra aver scelto come leader candidato a premier Bertinotti. Le resistenze sono state molte e conoscendo i protagonisti ancora tutto può accadere. Ma sembrerebbe deciso anche il simbolo. Dovranno fare in fretta e bene. Il rischio della scomparsa di ogni sinistra è ben alto in Italia. Se Veltroni, come è ovvio, giocherà la carta del voto utile, la sinistra se vuole avere chance positive dovrà dimostrare nei programmi e negli uomini e donne candidate nelle liste, di essere qualcosa di vivo e di utile al Paese. Facendo si che anche quello a sinistra potrà essere considerato un voto utile. E’ un obbligo per tutti sperare che il PD esca forte dal risultato elettorale, ma per Veltroni è vitale anche che ci sia una sinistra non umiliata e capace di lavorare in uno schieramento in grado di cambiare finalmente l’Italia.
Non c’è più la lista di Forza Italia, non c’è più quella di Alleanza Nazionale! Alle elezioni ci sarà la lista del Popolo della Libertà che farà una federazione con la Lega. Colpisce la fermezza di Fini nel cambiare posizione rispetto ai desideri del cavaliere di Arcore. L’UDC dell’eroico Casini? Abbandonato al suo destino. E gli altri diciotto raggruppamenti politici della galassia della destra? E l’Udeur di Mastella? E i Liberal Democratici di Dini? E la DC di Rotondi? Vittime della semplificazione veltroniana dovranno unificarsi in un solo simbolo o aderire al Partito del Popolo. Non male. Al di là delle proprie convinzioni politiche tutti dovremmo essere riconoscenti al sindaco di Roma per i risultati dello spariglio prodotto correndo in solitudine.
Una ventina di persone, tra Roma e Arcore, decideranno nei prossimi giorni chi nominare come senatori e come deputati. Decideranno in venti o giù di lì. A noi elettori è consentita la scelta di mettere una croce accanto ad una lista. Non vedremo che successivamente chi entrerà in Parlamento. Le liste dovranno essere presentate il 9 marzo. C’è tutto il tempo per una consultazione di massa sui candidati. Può il nuovo partito, il PD, o la nuova sinistra, permettersi il lusso di non sentire anche il parere degli elettori rispetto alle candidature? Anche nelle scuole elementari la politica non riscuote un gran apprezzamento. Se si vuole bloccare l’antipolitica e il possibile astensionismo di massa, bisogna che si diano segnali immediati che è possibile anche produrre una buona politica. Ad iniziare dalla scelta degli uomini e le donne che questa politica intendono produrla.
sembra evidente che la mossa di veltroni ha innescato un meccanismo che cambierà il sistema politico? certamente. il problema è quale tipo di democrazia si affermerà . Il sogno americano di veltroni o una democrazia in cui esiste anche una sinistra moderna quanto si vuole ma diversa da quella alla Clinton o alla Blair?
Non credo che l’espressione “voto utile” possa venire utilizzata solo in relazione alla immediata -o meno- spendibilità del proprio voto per la formazione di un governo.
Non mi piacciono gli slogan e mi annoiano le dietrologie come sport.
Il problema di fondo è il sistema elettorale stesso, per non parlare della cultura italiana. Un dibattito politico dovrebbe essere fondato sulle proposte, centrato sui problemi. E invece vediamo che siamo agli antipodi. Guarda la farsa della par-condicio.
Ecco, allora anche in questa situazione si puà ammettere che esista la possibiità di utilizzare il proprio voto come investimento lungimirante, per far sଠche venga introdotta in parlamento una forza portatrice di idee che si vogliono sostenere. Ovvio che una decisione simile trova senso specialmente contestualizzata in date circostanze, e cioè io credo che in questo momento votare V o B destini il Paese ad essere governato in modo piuttosto simile, e dalle solite persone che finora hanno fallito quasi su ogni fronte.
Io voterà, secondo questa prospettiva, “Per il bene comune”, perchà© pur essendo S. Montanari un “troppo nuovo” della politica, e non dotato di doti comunicative sufficienti, è dotato di un programma semplice, chiaro e pragmatico. Dove non si produce distanza -per i soliti motivi strumentali- tra i princà¬pi ispiratori e i propositi di azione (trasparenti).
Ma i miei dubbi restano, certo. Nel frattempo mi auguro che B possa tramontare definitivamente, perchà© V è -di poco- “meno peggio”. Beppe Grillo, oggi 10 aprile ha appena pubblicato un post intitolato proprio cosà¬, “Il meno peggio”, che pur colmo di fraintendimenti, slogan facili, semplicismi, contiene anche alcune verità . A forza di andare avanti col “meno peggio” l’Italia affonda.
Certo che se la battaglia elettorale si fosse giocata attorno alle idee, avremmo avuto un 75% degli Italiani che non avrebbe capito un’acca dei problemi trattati, ma una esposizione su base paritaria dei vari candidati. Io trovo inconcepibile che si finisca a dare un minimo di spazio a roba anacronistica tipo quella propinata da Ferrando, ma non a “Per il bene comune”. I Verdi hanno abbondantemente deluso: passi il Pecoraro Scanio, ma a livello locale sono stati flebili quando non conniventi col potere; i risultati si vedono.
Insomma siamo alle solite, rivoluzione culturale a quando? Da dove partire?
Ognuno scelga e agisca, ma in fretta e in modo serio.