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Quel grande vuoto alla sinistra del Pd
di Gianfranco Pasquino
Quando la sconfitta numerica assume proporzioni notevoli e implica addirittura la sparizione di un partito dalla rappresentanza parlamentare, i primi ad interrogarsi e a criticarsi debbono essere i dirigenti di quel partito. La Sinistra Arcobaleno è stata una creatura artificiale, raffazzonata, senza programma, senza orizzonte, con molti rancori e pochi obiettivi. Non poteva fare breccia neppure più nel suo elettorato collocatosi a cavallo fra disorientamento e irritazione, politica e sociale. Sicuramente, la Sinistra Arcobaleno è anche stata penalizzata dal voto utile che, evidentemente, non ha saputo contrastare spiegando a sua volta quanto utile, e per fare che cosa, avrebbe comunque potuto essere il voto espresso per le sue liste (e i suoi, non propri nuovissimi e convincentissimi, candidati). Adesso, qualcuno potrebbe rallegrarsi della scomparsa della Sinistra Arcobaleno a livello nazionale, e il Presidente della Confindustria Montezemolo lo ha subito fatto, ma non è stato l’unico. Troppo facile. Rimane, però, che a livello locale la Sinistra Arcobaleno ancora esiste, conta ed è attualmente determinante per la formazione e per il funzionamento di non poche giunte con il Partito Democratico. Avendo imparato la lezione, potrebbe smetterla di creare destabilizzazioni per puro egoismo partitico e, qualche volta, per esibizionismo personalistico, e dovrebbe, invece, cercare di dimostrare che la sua esistenza in quanto soggetto politico è utile, qui e adesso, ma anche nel prossimo futuro. Dovrebbe anche preoccuparsi della dinamica del suo ex-elettorato. Infatti, i dati nazionali e quelli, più disaggregati a livello regionale e provinciale, rivelano che, aggiungerò “purtroppo”, non è affatto vero che tutti i voti mancati alla Sinistra Arcobaleno sono finiti sulle liste del Partito Democratico. Sembra addirittura che una parte di quei voti fra protesta e antipolitica abbia trovato uno sbocco credibile e accettabile nella Lega (ancora, dunque, come disse memorabilmente Massimo D’Alema, una «costola della sinistra»?) Incidentalmente, il Partito Democratico si sarà anche incamminato sulla strada giusta, ma il suo 33 per cento, per un partito a vocazione maggioritaria, non costituisce affatto un punto di approdo entusiasmante (è persino meno del 35 per cento ovvero della soglia che aveva posto Goffredo Bettini). Per andare più su a competere con il centro-destra sono indispensabili percentuali parecchio più elevate e qualcosa potrebbe venire proprio da un elettorato di sinistra che altrimenti sembrerebbe destinato a disperdersi in maniera deprimente e deludente. Dal punto di vista sistemico, per quanto la rappresentanza politica e parlamentare che la Sinistra Arcobaleno ha saputo offrire ai suoi elettori non fosse, come ha dimostrato il loro comportamento di voto, abbastanza soddisfacente, è assolutamente fuori di dubbio che quell’elettorato, fra molti umori e pulsioni anche da contrastare con fermezza, esprimeva radicamento, preferenze, interessi, esigenze che qualsiasi organizzazione politica di sinistra ha l’obbligo di cercare di capire e di rappresentare adeguatamente. Un conto, infatti, è respingere, doverosamente, le pressioni e i condizionamenti posti da un ceto politico come quello della Sinistra Arcobaleno, schierato a difesa in special modo del suo status e dei suoi privilegi. Un conto molto diverso è cercare di ampliare, da parte del Partito Democratico, il perimetro della sua rappresentanza politica e sociale. Paradossalmente, questa operazione che, a mio parere, è tutt’altro che contraddittoria con il radicamento del partito, ma funzionale ad esso, potrebbe essere più facile se, necessariamente, svolta dall’opposizione, selezionando temi e problemi che, ovviamente e inevitabilmente, il nuovo governo di Berlusconi metterà ai margini, ma che, in un Paese caratterizzato dalle grandi disuguaglianze economiche e sociali, geografiche e generazionali, risultano essenziali per qualsiasi partito progressista (oh, quanto vorrei scrivere «socialista-socialdemocratico»). Insomma, il Partito Democratico deve porsi il compito di garantire, alle sue condizioni e con le sue prospettive, rappresentanza politica a quegli interessi e quelle preferenze che la Sinistra Arcobaleno ha, per suo demerito e nonostante gli avvertimenti, definitivamente perduto. Non soltanto il Partito Democratico adempirà ad un importante compito sistemico, anche se mi pare del tutto eccessiva e persino allarmistica qualsiasi preoccupazione per l’insorgenza di comportamenti violenti da quegli elettori poco rappresentanti, ma ne trarrà vantaggi politici e elettorali di cui ha molto bisogno. “Andare oltre” il consenso attuale significa per il Pd anche spingersi deliberatamente e consapevolmente fino a raccogliere e educare, proprio così, un elettorato che, per condizioni sociali e per aspettative di vita, è comunque collocabile nel terreno che la sinistra deve frequentare, movimentare e rappresentare.
un’impostazione intelligente che la sinistra politica dovrebbe tener in conto se vuole ricominciare a svolgere un ruolo positivo nella società italiana. Rappresentando le sensibilità e gli interessi che dovrebbe costituire la propria essenza la sinistra a sinistra del Pd aiuterebbe a costruire un’alternativa al berlusconismo