Il centrosinistra è in ambasce nella ricerca di un piattaforma programmatica capace di contrastare la linea nazional-popolare che il berlusconismo impone al Paese. Il partito democratico continua ad essere un partito in formazione la cui identità  rimane incerta e fumosa. Una formazione politica riformista con vocazione maggioritaria che non riesce a comporre concretamente il suo riformismo. Definizione quest’ultima utilizzata da tutti a destra, al centro, tra le forze sociali.
Il governo della destra propaganda i tagli a scuola, università , sanità , editoria, trasferimenti a comuni,province e regioni come riforme tese ad eliminare sprechi e privilegi ottenendo un consenso popolare che sarà  anche in calo, ma che rimane molto elevato. Considerando la situazione economica e l’aumento delle fasce di povertà  ci si aspetterebbe un’azione più incisiva dell’opposizione, in Parlamento e nel Paese.
Per adesso soltanto il mondo della scuola e pezzi di sindacato, sembrano in campo per contrastare un processo di ridimensionamento dell’intervento pubblico volto al mantenimento di quel rabberciato welfare state italiano. Il successo delle manifestazioni di venerdì conferma che l'”onda” dei giovani non si fermerà  facilmente. Il rischio però è che lo slogan gridato dagli studenti “non pagheremo noi la crisi”, rimanga una speranza e nulla più. La destra al potere non intende modificare i provvedimenti contenuti nella finanziaria di Tremonti e risorse per invertire la tendenza alla decadenza economica non se ne vedono. Il calo del prodotto interno lordo è un indicatore significativo anche se non esclusivo del benessere di una nazione. Il nostro è in calo per l’anno corrente e lo sarà  per il prossimo. Siamo in recessione. Gli esperti la definiscono tecnica, ma per il popolo tecnica non è.
La crisi la stiamo già  pagando e peggio arriverà  se non si cambiano le priorità  nel combattere una recessione che se riguarda tutto il mondo occidentale ha una sua peculiarità  tutta italiana. La scelta del salvare le banche non è servita a bloccare il processo di stagnazione dell’economia. Dicono tutti che i consumi non possono riprendere se stipendi, pensioni e salari non aumentano in modo significativo. Perchè l’efficiente Tremonti non prende provvedimenti per affrontare il problema? Le risorse a disposizione del salvataggio del sistema creditizio si sono trovate. Perchè le risorse non si trovano per garantire alle fasce impoverite della popolazione, comprese fette di ceto medio, redditi più adeguati? Il ridimensionamento della spesa pubblica locale significa concretamente meno servizi, meno interventi nel sociale, aumento del disagio per tutti coloro che vivono del loro reddito. Se ci sono sprechi si intervenga, ma perchè tagli indiscriminati e provvedimenti di privatizzazione anche quando il pubblico è meglio del privato. Ad esempio il 6 agosto, con voto bipartisan, il Parlamento ha deciso che le reti idriche comunali devono essere messe nel marcato. L’acqua da bene pubblico ad occasione di arricchimento personale. In uno studio di Mediobanca si dimostra che le migliori reti idriche europee, con le tariffe più basse, sono quelle gestite da due aziende pubbliche milanesi, la CAP ed MM. Le peggiori e le più esose per i cittadini, quelle privatizzate. Eppure anche le reti milanesi dovranno essere messe nel mercato entro il 2010 per decisione dei riformisti di destra e di centrosinistra. L’ideologia liberista nonostante le catastrofi di questi mesi, come si vede, è dura a morire
Una politica di riformismo forte non la si percepisce.
La  manifestazione del 25 ottobre non ha sollecitato grandi risultati nel concreto agire del partito democratico ed è difficile capire quali siano le priorità  per il partito di Veltroni. Purtroppo quello che risultano evidenti rimangono le divisioni interne ai gruppi dirigenti. Divisioni che portano ad una sorta di afasia anche di fronte a grandi questioni. La destra, supportata da Confindustria, è riuscita a lacerare l’unità  sindacale. Ormai l’eccezione è la firma congiunta su qualche accordo di CGIL, CISL, UIL. La norma sono gli accordi e le cene separate. Il danno è enorme anche perchè la CGIL raccoglie più iscritti degli altri sindacati messi insieme, qualche cautela si dovrebbe avere prima di isolare il sindacato diretto da Epifani. Qualcuno può dire quello che pensa il partito democratico di questa situazione? Non è per il rispetto dell’autonomia sindacale che Veltroni è costretto a tacere. Il problema nasce dal fatto che all’interno del gruppo dirigente le posizioni sono divaricanti e ci sono coloro che definiscono Epifani un estremista. Epifani un estremista? Ma, sembrerebbe eccessivo.
In realtà  non si fanno passi avanti nella costruzione di un partito se non esiste un comune sentire almeno sulle questioni più importanti. La salvaguardia delle diverse sensibilità  sembra essere un alibi che paralizza le scelte e che consolida le consorterie invece di distruggerle. Difficile mettere insieme le forze in un progetto comune quando continua a prevalere il destino personale o di gruppo, rispetto a quello collettivo. Prendiamo la discussione del PD umbro sulle nomine ai vertici delle federazioni di Terni e di Perugia. Il processo di rinnovamento è certamente necessario per assicurare un futuro al PD. Ed è certamente un problema di generazioni che devono essere messe in campo, ma è anche un problema di progettualità  complessiva che riguarda tutte le generazioni. Il mondo è in rapida trasformazione e le sfide per la sinistra e per i riformisti sono drammatiche.
Lo slogan de “il nuovo che avanza” ha prodotto nel passato molti disastri, ma la stagnazione dei gruppi dirigenti produce soltanto galleggiamento senza uno scopo che non sia altro che il galleggiare. La tempesta che ci aspetta rischia di affondare anche i più esperti galleggiatori.

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