Tempi difficili

La stagione iniziata con i referendum elettorali di Segni e Occhetto sulla preferenza unica si è conclusa il 13 e 14 aprile. Il bilancio del “nuovo che avanza”? Un Parlamento che sarà  il più a destra della storia repubblicana e che produrrà  il governo più a destra d’Europa. Non ci saranno più gli oltre quaranta gruppi parlamentari finanziati con denaro pubblico delle passate legislature e questo è un bene. Non ci sarà  più la sinistra e questo, qualche problema lo pone a tutti i democratici.
La sinistra di matrice socialista e comunista, scompare nella rappresentanza delle massime istituzioni dello Stato.
Siamo diventati extraparlamentari non per libera scelta ma perchè gli elettori non hanno dato il consenso all’operazione raffazzonata della Sinistra, L’arcobaleno. La proposta elettorale della sinistra plurale non solo è stata ritenuta inutile a contrastare il berlusconismo, ma è stata considerata priva di qualsiasi significato politico. La riproposta secca del solito personale politico dei vari partiti e partitini della sinistra, è stata la premessa del disastro elettorale. Non si è capito che la sconfitta del governo Prodi nella testa della gente è stata anche la conseguenza della litigiosità  dei vari Pecoraro Scanio e non soltanto dei voltagabbana alla Dini? Una campagna elettorale priva di finalità  diverse dalla salvaguardia di una presenza in Parlamento della sinistra, non ha inciso affatto negli orientamenti di un popolo deluso e annichilito da anni di cattiva politica. Una cattiva politica che ha riguardato anche pezzi della sinistra. I rifiuti di Napoli non sono ascrivibili soltanto a Bassolino. Al governo regionale campano ci sono anche il PRC e i Verdi hanno svolto un ruolo decisivo in quella vergogna.
Soltanto una parte del voto di sinistra si è spostata sul PD, altri hanno preferito astenersi o votare Lega. La campagna del PD per il voto utile ha funzionato soltanto in parte. Non è riuscita a recuperare interamente i voti persi per la fuga a destra di una parte dell’elettorato ex Margherita. Il voto utile è stato forse un altro stimolo che ha aiutato la delusione del popolo ex Unione che anche per questo si è rifugiato nel non voto. Un’ipotesi ragionevole. Che fare. Siamo extraparlamentari, ma la sinistra rimane diffusa nel territorio ed è presente nella cultura e nella società  italiana. Nonostante tutto si può ricominciare magari partendo con umiltà  dalla conoscenza della realtà  e dalle sue enormi contraddizioni.
Un’intera classe dirigente della sinistra plurale è destinata a ripartire da zero e lo sta facendo per adesso malissimo. La discussione interna al PRC non lascia prevedere niente di buono. Sembra prevalere la tesi dell’azzeramento di ogni progetto di unità  organizzativa dei vari pezzi della sinistra. Diliberto vuol ripartire dalla “falce e martello” come se niente fosse successo. Rifugiarsi nel fortino dell’antico prestigio dei simboli del lavoro non sembra cosa saggia. Il mondo del lavoro è ben diverso da quello rappresentato dalla falce e dal martello. Ancora non è chiaro? L’emergenza per la sinistra è di conoscere quello che è oggi l’universo dei lavori per costruire un rapporto politico a partire dai luoghi di lavoro e dal territorio.
Un ritorno alle antiche certezze serve a poco.
Micropolis non ha mai apprezzato la maggioranza del ceto politico impegnato nelle varie sigle della sinistra. Senza alcun astio, ma con determinazione, abbiamo cercato, per oltre un decennio, di sollecitare comportamenti e linee politiche più adeguate alla necessità  di rapportarsi ad una realtà  che mutava nel mondo e in Umbria. Non ci siamo riusciti e anche in Umbria, l’onda lunga della destra ha spazzato via la sinistra.
I flussi elettorali confermano che soltanto il 50% del voto della sinistra è andato a Veltroni o Di Pietro. Ha prevalso l’astensione e il voto a destra.
Stupefacente l’atteggiamento del PD umbro che dichiara la soddisfazione per il risultato elettorale nella nostra regione.
Il centro-sinistra perde il 10%, ma nel PD tutti sembrano felici. Capiamo il motivo. A conti fatti non appaiono in discussione gli organigrammi futuri per sindaci e presidenti. La salvezza per le ormai risicate maggioranze di molte amministrazioni locali, sarà  ricercata nell’alleanza con l’UDC. La presidente Lorenzetti e l’ex parlamentare UDC Ronconi uniti nella lotta e alla faccia della dissolta sinistra estremista. Il PD sarà  ai vertici delle amministrazioni umbre anche in futuro. Nonostante la vittoria di Berlusconi le oligarchie locali continueranno a sacrificarsi per tutti noi. Così ragionano molti stagionati eroi della classe dirigente locale. Non hanno capito bene. Anche in Umbria c’è stato il disastro del centro-sinistra e anche per la nostra comunità  il futuro diviene incerto e al di là  dei destini personali che sinceramente non ci appassionano, il futuro, per una regione di confine come l’Umbria, non sembra entusiasmante. Un solo esempio: il nuovo governo della destra ha come primo appuntamento la realizzazione del federalismo fiscale. Difficilmente la Lega potrà  aspettare molto per incassare questo suo fondamentale obbiettivo. La leggerezza irresponsabile con cui i riformisti hanno da anni affrontato l’argomento non è rassicurante e il rischio di un colpo micidiale per la spesa pubblica delle regioni più deboli è evidente. I nostri governanti regionali hanno ben considerato quello che significa in termini di trasferimento dallo Stato un federalismo fiscale alla Bossi? Come si pensa di conservare l’occupazione della pletora di enti e strutture pubbliche nate come funghi negli ultimi decenni o salvaguardare i buoni standard della sanità  pubblica regionale?
Non sarà  facile. L’ondata che ha fatto vincere la destra in Italia non è detto che non travolga anche le regioni ex-rosse se non si cambia alla radice il rapporto con la realtà . Una materialità  economico-sociale diversa da quella che hanno in testa i riformisti e la sinistra. La crisi del Paese, rimossa nella campagna elettorale, produrrà  drammatiche tensioni sociali con un sindacato diviso e in difficoltà  evidenti. I “movimenti” poi non sembrano in grado di aggregare grandi forze se non su singoli issue. Tempi difficili. (altro…)

Articolo utile

___________________________________________________________________
Quel grande vuoto alla sinistra del Pd
di Gianfranco Pasquino

Quando la sconfitta numerica assume proporzioni notevoli e implica addirittura la sparizione di un partito dalla rappresentanza parlamentare, i primi ad interrogarsi e a criticarsi debbono essere i dirigenti di quel partito. La Sinistra Arcobaleno è stata una creatura artificiale, raffazzonata, senza programma, senza orizzonte, con molti rancori e pochi obiettivi. Non poteva fare breccia neppure più nel suo elettorato collocatosi a cavallo fra disorientamento e irritazione, politica e sociale. Sicuramente, la Sinistra Arcobaleno è anche stata penalizzata dal voto utile che, evidentemente, non ha saputo contrastare spiegando a sua volta quanto utile, e per fare che cosa, avrebbe comunque potuto essere il voto espresso per le sue liste (e i suoi, non propri nuovissimi e convincentissimi, candidati). Adesso, qualcuno potrebbe rallegrarsi della scomparsa della Sinistra Arcobaleno a livello nazionale, e il Presidente della Confindustria Montezemolo lo ha subito fatto, ma non è stato l’unico. Troppo facile. Rimane, però, che a livello locale la Sinistra Arcobaleno ancora esiste, conta ed è attualmente determinante per la formazione e per il funzionamento di non poche giunte con il Partito Democratico. Avendo imparato la lezione, potrebbe smetterla di creare destabilizzazioni per puro egoismo partitico e, qualche volta, per esibizionismo personalistico, e dovrebbe, invece, cercare di dimostrare che la sua esistenza in quanto soggetto politico è utile, qui e adesso, ma anche nel prossimo futuro. Dovrebbe anche preoccuparsi della dinamica del suo ex-elettorato. Infatti, i dati nazionali e quelli, più disaggregati a livello regionale e provinciale, rivelano che, aggiungerò “purtroppo”, non è affatto vero che tutti i voti mancati alla Sinistra Arcobaleno sono finiti sulle liste del Partito Democratico. Sembra addirittura che una parte di quei voti fra protesta e antipolitica abbia trovato uno sbocco credibile e accettabile nella Lega (ancora, dunque, come disse memorabilmente Massimo D’Alema, una «costola della sinistra»?) Incidentalmente, il Partito Democratico si sarà  anche incamminato sulla strada giusta, ma il suo 33 per cento, per un partito a vocazione maggioritaria, non costituisce affatto un punto di approdo entusiasmante (è persino meno del 35 per cento ovvero della soglia che aveva posto Goffredo Bettini). Per andare più su a competere con il centro-destra sono indispensabili percentuali parecchio più elevate e qualcosa potrebbe venire proprio da un elettorato di sinistra che altrimenti sembrerebbe destinato a disperdersi in maniera deprimente e deludente. Dal punto di vista sistemico, per quanto la rappresentanza politica e parlamentare che la Sinistra Arcobaleno ha saputo offrire ai suoi elettori non fosse, come ha dimostrato il loro comportamento di voto, abbastanza soddisfacente, è assolutamente fuori di dubbio che quell’elettorato, fra molti umori e pulsioni anche da contrastare con fermezza, esprimeva radicamento, preferenze, interessi, esigenze che qualsiasi organizzazione politica di sinistra ha l’obbligo di cercare di capire e di rappresentare adeguatamente. Un conto, infatti, è respingere, doverosamente, le pressioni e i condizionamenti posti da un ceto politico come quello della Sinistra Arcobaleno, schierato a difesa in special modo del suo status e dei suoi privilegi. Un conto molto diverso è cercare di ampliare, da parte del Partito Democratico, il perimetro della sua rappresentanza politica e sociale. Paradossalmente, questa operazione che, a mio parere, è tutt’altro che contraddittoria con il radicamento del partito, ma funzionale ad esso, potrebbe essere più facile se, necessariamente, svolta dall’opposizione, selezionando temi e problemi che, ovviamente e inevitabilmente, il nuovo governo di Berlusconi metterà  ai margini, ma che, in un Paese caratterizzato dalle grandi disuguaglianze economiche e sociali, geografiche e generazionali, risultano essenziali per qualsiasi partito progressista (oh, quanto vorrei scrivere «socialista-socialdemocratico»). Insomma, il Partito Democratico deve porsi il compito di garantire, alle sue condizioni e con le sue prospettive, rappresentanza politica a quegli interessi e quelle preferenze che la Sinistra Arcobaleno ha, per suo demerito e nonostante gli avvertimenti, definitivamente perduto. Non soltanto il Partito Democratico adempirà  ad un importante compito sistemico, anche se mi pare del tutto eccessiva e persino allarmistica qualsiasi preoccupazione per l’insorgenza di comportamenti violenti da quegli elettori poco rappresentanti, ma ne trarrà  vantaggi politici e elettorali di cui ha molto bisogno. “Andare oltre” il consenso attuale significa per il Pd anche spingersi deliberatamente e consapevolmente fino a raccogliere e educare, proprio così, un elettorato che, per condizioni sociali e per aspettative di vita, è comunque collocabile nel terreno che la sinistra deve frequentare, movimentare e rappresentare.

Un SMS utile

ricevo un sms interessante per scegliere per chi votare eccolo:

Quello che i media non dicono sulla legge elettorale…facciamo chiarezza:
per non fare vincere Berlusconi bisogna votare La Sinistra-L’Arcobaleno.
Nelle regioni tradizionalmente “rosse” come la nostra, dove è quasi scontata la vittoria del PD, votare la Sinistra L’Arcobaleno vuol dire TOGLIERE SEGGI AL PDL. Non a caso, la simulazione in cui la Sinistra-L’Arcobaleno raggiunge il 9,3% (21 senatori) è anche quella in cui Berlusconi prende meno seggi (154).
Vi spieghiamo il perchè:

Alla CAMERA:
Com’è noto, alla Camera con questa legge elettorale basta un solo voto in più rispetto a tutti gli altri partiti per aggiudicare 340 deputati (il 54%). Visto che a Montecitorio Berlusconi è in testa in tutti i sondaggi, Pd, La Sinistra-L’Arcobaleno e Udc si spartiranno i 270 deputati restanti. Chi parla di pareggio dunque deve necessariamente concentrarsi su palazzo Madama cioè il Senato.
Al SENATO:
Vediamo il caso dell’Umbria. La legge assegna all’Umbria 7 seggi al Senato. Quattro andranno al partito di maggioranza (presumibilmente il PD) gli altri tre verranno divisi tra le forze che raggiungeranno almeno l’8%, ma non è detto che questa percentuale basti. E’ facile capire che se La Sinistra-L’Arcobaleno non dovesse ottenere un successo tutti e tre i seggi andranno a Berlusconi, mentre se gli elettori premieranno la Sinistra unita un seggio andrà  alla Sinistra-L’Arcobaleno.
Il Messaggero, in uno studio pubblicato recentemente, rovescia tutti i luoghi comuni costruiti ad arte sul «voto utile» grazie ad un’operazione di chiarezza che ribalta l’analisi del bipartitismo artificiale Veltroni-Berlusconi prendendo in considerazione le forze principali in campo. L’analisi del Messaggero tracciando 4 scenari constata che «il controllo del Senato non dipende solo dallo scontro diretto Berlusconi e Veltroni» ma soprattutto dal risultato delle altre forze politiche. Per come è fatta la legge elettorale e per la serie storica di dati tra regioni «bianche» e «rosse» una maggioranza chiara (di destra) con un successo della Sinistra-L’Arcobaleno è quasi impossibile.
Quindi contro la martellante campagna di stampa e televisione i dati provano che chi non vuole far vincere Berlusconi e non vuole accordi tra PDL e PD deve votare La SINISTRA-L’ARCOBALENO.

Un voto utile? Si può dare

Nel mese di marzo mese si sono svolte le elezioni amministrative in Francia e le elezioni politiche in Spagna. In entrambi i Paesi ha vinto la sinistra. Non un generico centrosinistra, non indefiniti riformisti ma una sinistra, in Francia composta di socialisti, comunisti e verdi, ed in Spagna da un partito che si definisce socialista, il PSOE di Zapatero. Nel dopo elezioni i cittadini gridano: “Spagna socialista” e Zapatero assicura che continuerà  a governare partendo da coloro che meno posseggono. Zapatero si conferma come il vero leader di una sinistra europea che non rinuncia a trasformare la realtà . Ciò che i riformisti italiani considerano pericoloso estremismo laicista, in Spagna sono leggi dello Stato nonostante la feroce contrarietà  dei vescovi spagnoli. Nessuna guerra di religione ma la semplice riaffermazione della laicità  dello Stato. Per noi italiani sembra un sogno. Soltanto ai tempi di Papa Pacelli l’influenza politica della chiesa sulle questioni terrene ha avuto tanto rilievo. Allora resistette De Gasperi al tentativo di tornare ai tempi del papa re. Adesso soltanto la Sinistra Arcobaleno e i socialisti di Boselli sembrano interessati alla questione della laicità  dello Stato.
La campagna elettorale si svolge come uno commercial continuo e per il PD la parola magica diviene il riformismo, senza aggettivi. Si può fare. Cosa? Slogan ben formulati ed è tutto. Veltroni dichiara il Partito Democratico un partito riformista e non un partito di sinistra. Viva la chiarezza. Nessuna osservazione ma questa scelta tende ad escludere quella rivendicata consonanza con ciò che Zapatero ha realizzato, come socialista, in Spagna.
Prodi ha annunciato il suo ritiro dalla politica attiva. Sconfitto, non ha fatto finta di niente come è consuetudine di quasi tutti i leader di questi anni difficili per la politica. Prodi ha scelto di uscire di scena assumendosi la responsabilità  del fallimento dell’Unione.
Non è ingiurioso addebitare alla sinistra le responsabilità  esclusive delle mancate riforme del governo Prodi? La libera scelta di Veltroni di mollare la sinistra a vantaggio di Di Pietro e radicali è legittima, mistificare è cosa sgradevole. Alcune rivendicazioni della sinistra al governo contro la precarietà  sono oggi nel programma del PD e quindi si presume che non esageravano Fabio Mussi o Ferrero quando chiedevano che si affrontasse questo problema. Ripetutamente la sinistra ha richiesto che il governo facesse fronte alla questione dei livelli salariali e delle pensioni. Oggi Veltroni assicura che questa è la priorità  del Paese.
La sinistra al governo suggeriva un’azione di risanamento dei conti pubblici graduale a vantaggio di politiche di sviluppo e di riequilibrio sociale. Oggi Veltroni dice basta con la politica dei due tempi, prima risaniamo poi investiamo sullo sviluppo. Esattamente quello che hanno sostenuto per anni gli economisti della sinistra.
Perchè non è stato fatto dal governo killerato da Mastella? Il PD dove era?
Siamo in campagna elettorale e difficilmente un discorso di verità  potrà  essere ascoltato. Ci spetta di scegliere come votare sulla base dei molti spot che ci propinano giornalmente i competitori.
Eravamo preoccupati. Berlusconi appariva poco brillante e un po’ moscio con quei suoi girocollo da playboy di provincia. Rimessa la cravatta, il cavaliere è tornato a brillare e a produrre quelle gaffe che lo hanno reso famoso e divertente nel mondo. Il bon ton dimenticato. Ci siamo tranquillizzati ascoltando le sua: “Alitalia agli italiani” e le spiegazioni per la candidatura di Ciarrapico con gli apprezzamenti della comunità  ebraica e del partito popolare europeo. Rientra nella norma berlusconiana il dileggio per chi è dall’altra parte. Il povero Veltroni è stato paragonato addirittura a Giuseppe Stalin.
Riduzione delle tasse, taglio della spesa pubblica, liberalizzazione dei servizi pubblici, sono gli slogan che rendono i programmi di PD e PDL molto simili. Berlusconi ha affermato che potrebbe votarlo il programma di Veltroni. Non lo fa perchè preferisce sacrificarsi Lui per il bene del Paese.
Uniti contro le tasse e contro la spesa pubblica PD e PDL assicurano a tutti, ricchi e poveri, la salvezza dell’Italia.
Che le tasse sui redditi da lavoro siano alte è possibile. Che le tasse sui redditi da rendita finanziaria siano irrisorie è certo.
Sembra che le nostre classi dirigenti non apprendano nulla dall’esperienza altrui. L’ondata di crisi che travolge l’occidente e l’oriente appare come un castigo divino e non il risultato delle politiche liberiste dell’America di Bush e dell’Europa guidata dalla destra economica.
L’amministrazione Bush ha improntato tutta la sua politica sui tagli alle tasse e sulla riduzione dei servizi al cittadino. La spesa pubblica è esplosa per le guerre volute da Bush. Il risultato? La recessione americana, l’impoverimento di milioni e milioni di americani e l’esportazione della crisi in ogni angolo del mondo. Un disastro. Molti sostengono che la crisi economica attuale è la peggiore del dopoguerra. Dopo trenta anni di dominio del liberismo e del libero mercato, a vent’anni dal crollo del blocco sovietico, non è il caso di mettere in discussione l’ideologia liberista dominante? Non ha dimostrato a sufficienza la sua incapacità  di risolvere i problemi dell’umanità ?
Il partito di Veltroni non sembra interessato a porsi la questione. (altro…)

Un voto utile? Si può dare

Nel mese di marzo mese si sono svolte le elezioni amministrative in Francia e le elezioni politiche in Spagna. In entrambi i Paesi ha vinto la sinistra. Non un generico centrosinistra, non indefiniti riformisti ma una sinistra, in Francia composta di socialisti, comunisti e verdi, ed in Spagna da un partito che si definisce socialista, il PSOE di Zapatero. Nel dopo elezioni i cittadini gridano: ”Spagna socialista” e Zapatero assicura che continuerà a governare partendo da coloro che meno posseggono. Zapatero si conferma come il vero leader di una sinistra europea che non rinuncia a trasformare la realtà. Ciò che i riformisti italiani considerano pericoloso estremismo laicista, in Spagna sono leggi dello Stato nonostante la feroce contrarietà dei vescovi spagnoli. Nessuna guerra di religione ma la semplice riaffermazione della laicità dello Stato. Per noi italiani sembra un sogno. Soltanto ai tempi di Papa Pacelli l’influenza politica della chiesa sulle questioni terrene ha avuto tanto rilievo. Allora resistette De Gasperi al tentativo di tornare ai tempi del papa re. Adesso soltanto la Sinistra Arcobaleno e i socialisti di Boselli sembrano interessati alla questione della laicità dello Stato.
La campagna elettorale si svolge come uno commercial continuo e per il PD la parola magica diviene il riformismo, senza aggettivi. Si può fare. Cosa? Slogan ben formulati ed è tutto. Veltroni dichiara il Partito Democratico un partito riformista e non un partito di sinistra. Viva la chiarezza. Nessuna osservazione ma questa scelta tende ad escludere quella rivendicata consonanza con ciò che Zapatero ha realizzato, come socialista, in Spagna.
Prodi ha annunciato il suo ritiro dalla politica attiva. Sconfitto, non ha fatto finta di niente come è consuetudine di quasi tutti i leader di questi anni difficili per la politica. Prodi ha scelto di uscire di scena assumendosi la responsabilità del fallimento dell’Unione.
Non è ingiurioso addebitare alla sinistra le responsabilità esclusive delle mancate riforme del governo Prodi? La libera scelta di Veltroni di mollare la sinistra a vantaggio di Di Pietro e radicali è legittima, mistificare è cosa sgradevole. Alcune rivendicazioni della sinistra al governo contro la precarietà sono oggi nel programma del PD e quindi si presume che non esageravano Fabio Mussi o Ferrero quando chiedevano che si affrontasse questo problema. Ripetutamente la sinistra ha richiesto che il governo facesse fronte alla questione dei livelli salariali e delle pensioni. Oggi Veltroni assicura che questa è la priorità del Paese.
La sinistra al governo suggeriva un’azione di risanamento dei conti pubblici graduale a vantaggio di politiche di sviluppo e di riequilibrio sociale. Oggi Veltroni dice basta con la politica dei due tempi, prima risaniamo poi investiamo sullo sviluppo. Esattamente quello che hanno sostenuto per anni gli economisti della sinistra.
Perché non è stato fatto dal governo killerato da Mastella? Il PD dove era?
Siamo in campagna elettorale e difficilmente un discorso di verità potrà essere ascoltato. Ci spetta di scegliere come votare sulla base dei molti spot che ci propinano giornalmente i competitori.
Eravamo preoccupati. Berlusconi appariva poco brillante e un po’ moscio con quei suoi girocollo da playboy di provincia. Rimessa la cravatta, il cavaliere è tornato a brillare e a produrre quelle gaffe che lo hanno reso famoso e divertente nel mondo. Il bon ton dimenticato. Ci siamo tranquillizzati ascoltando le sua: “Alitalia agli italiani” e le spiegazioni per la candidatura di Ciarrapico con gli apprezzamenti della comunità ebraica e del partito popolare europeo. Rientra nella norma berlusconiana il dileggio per chi è dall’altra parte. Il povero Veltroni è stato paragonato addirittura a Giuseppe Stalin.
Riduzione delle tasse, taglio della spesa pubblica, liberalizzazione dei servizi pubblici, sono gli slogan che rendono i programmi di PD e PDL molto simili. Berlusconi ha affermato che potrebbe votarlo il programma di Veltroni. Non lo fa perché preferisce sacrificarsi Lui per il bene del Paese.
Uniti contro le tasse e contro la spesa pubblica PD e PDL assicurano a tutti, ricchi e poveri, la salvezza dell’Italia.
Che le tasse sui redditi da lavoro siano alte è possibile. Che le tasse sui redditi da rendita finanziaria siano irrisorie è certo.
Sembra che le nostre classi dirigenti non apprendano nulla dall’esperienza altrui. L’ondata di crisi che travolge l’occidente e l’oriente appare come un castigo divino e non il risultato delle politiche liberiste dell’America di Bush e dell’Europa guidata dalla destra economica.
L’amministrazione Bush ha improntato tutta la sua politica sui tagli alle tasse e sulla riduzione dei servizi al cittadino. La spesa pubblica è esplosa per le guerre volute da Bush. Il risultato? La recessione americana, l’impoverimento di milioni e milioni di americani e l’esportazione della crisi in ogni angolo del mondo. Un disastro. Molti sostengono che la crisi economica attuale è la peggiore del dopoguerra. Dopo trenta anni di dominio del liberismo e del libero mercato, a vent’anni dal crollo del blocco sovietico, non è il caso di mettere in discussione l’ideologia liberista dominante? Non ha dimostrato a sufficienza la sua incapacità di risolvere i problemi dell’umanità?
Il partito di Veltroni non sembra interessato a porsi la questione. (altro…)