bulimia

L’onorevole Rutelli è andato negli Stati Uniti. Un viaggio di lavoro nella duplice veste di ministro per i Beni Culturali e di presidente della Margherita.  L’onorevole, incontrando alcuni leader del Partito Democratico, si è sentito a casa. Ha riscontrato consonanza su tutte le materie trattate con gli interlocutori americani. Ad esempio ha concordato che mai e poi mai il Partito Democratico Italiano potrà  aderire all’Internazionale Socialista. Nonostante che il segretario Fassino abbia lavorato molto per modificare le regole di iscrizione all’Internazionale. L’inossidabile Rutelli come ha dimostrato negli anni, si spezza ma non si piega e non cambia mai idea. Non ci sta: mai aderiremo a quella organizzazione conferma con decisione. Punto e a capo. Decisione legittima ma che rende ancor più travagliato il tragitto per la costruzione del partito voluto da Prodi e da tanti dirigenti diessini. Divaricazioni in vista?
La storia della sinistra oltre che storia di grandi lotte per emancipare le masse popolari è anche una storia di rotture e lacerazioni. I momenti migliori sono sempre stati quelli in cui nei gruppi dirigenti prevaleva l’assillo di costruire qualcosa di utile al Paese e non alla banale sopravvivenza dei singoli dirigenti.  Il partito “nuovo” che ha in testa Fassino corrisponde all’esigenza di dare risposta ai problemi nuovi e antichi del Paese? Qualche dubbio è legittimo visto l’assoluta povertà  d’indagine della realtà  dimostrata in questi anni dai diessini e dagli altri riformisti nostrani. Che cosa è oggi il nostro Paese? Quali le sue prospettive?
Non ci troviamo oggi in un momento storico che richiede svolte radicali? Per fare questo c’è bisogno di cultura politica, di analisi della realtà  italiana, di nuove idee da mettere in discussione. Le ideologie del novecento saranno anche morte, ma senza un’idea forte della realtà  che si deve governare si diventa una nave senza bussola in cui prevale il chiacchiericcio di un ceto politico sempre più slegato dagli interessi ideali e materiali del popolo.
Nel poderoso programma elettorale l’Unione partiva da questa esigenza e proponeva soluzioni anche di lunga lena. Aver voluto accelerare la discussione sul partito democratico è stata cosa saggia? Dove l’urgenza? I più accorti dirigenti pro partito democratico, dicono che non si può immaginare un nuovo partito quale sommatoria degli apparati diessini e margheritini. Bravi, ma se così è il percorso non può essere quello scelto ad Orvieto per il partito democratico.
Per intanto bisogna ben governare a Roma e in periferia e a quanto si vede il governo Prodi e molte amministrazioni locali non brillano per consenso diffuso.
Il centrodestra scende in piazza forte di un diffuso malessere contro il governo Prodi volendo dimostrare che il berlusconismo non è morto il 10 aprile. La sconfitta elettorale del cavaliere “risorto” è solo una pausa prima del ritorno? Per essere franco, alcuni dirigenti dell’Unione hanno fatto di tutto per ridare fiato al leader di Arcore. Un solo marginale esempio: un ordine del giorno in commissione sanità  al Senato. In quella sede è stato approvato un documento che intima al ministro della salute, la diessina Turco, il ritiro del decreto sulla dose minima per uso personale di cannabis. Un decreto considerato poca cosa rispetto al programma dell’Unione che prevede la riscrittura della legge sulle droghe voluta dal centrodestra. Eppure la senatrice diessina Serafini, coniugata Fassino, ha votato insieme alla destra e alla Margherita contro il decreto del governo. Le first lady non sempre aiutano in politica. Che c’entra ciò con il berlusconismo?
Il berlusconismo ha permeato nel profondo la società  italiana in un intreccio di perbenismo, leaderismo, moralismo d’accatto, narcisismo e falsi valori. Il “verbo” ha fatto molti proseliti anche in parti significative del centrosinistra. Dipende da questo lo scarso appeal della politica in genere ed anche le sgradevoli beghe interne all’Unione? Sì. Quando una classe dirigente con poche idee e valori riesce ad impedire qualsiasi processo di rinnovamento non può che alimentare la propria bulimia e nel tempo implodere. Altro che Partito Democratico.

 

precarietà 

La precarietà  del governo Prodi è la prova più efficace che conferma l’esigenza di una svolta radicale nel modo di essere della democrazia italiana. Sono passati quindici anni ma dalle macerie della repubblica, fondata sui partiti di massa, non è ancora emersa una democrazia solida che assicura stabilità  ai governi e allo stesso tempo consente al parlamento di rappresentare al meglio le sensibilità  e le culture presenti nella società  italiana.
Sono diciannove i movimenti politici rappresentati in parlamento e ciò, se rende certamente incerta la vita di chi governa, non riesce a recuperare un rapporto positivo dei cittadini con la politica. Questo fiorir di partiti non è frutto della oscena legge elettorale voluta dal centrodestra. E’ stato il sistema elettorale maggioritario, il famoso mattarellum, che ha frantumato la rappresentanza consegnando il funzionamento della democrazia italiana ai partiti “personali”. Il referendum costituzionale ha impedito che si completasse il percorso voluto dalla destra verso un assetto istituzionale post-repubblicano e post-democratico ma stranamente quello straordinario risultato sembra ormai interessare poco il ceto politico italiano. Si parla d’altro.
Nonostante tutto quanto successo nel mondo della politica, il popolo italiano ha confermato una Costituzione che ha, come base fondante, una democrazia di massa in cui i partiti politici svolgono uno dei ruoli essenziali, ma ai quali è chiesta una funzione di organizzatori della vita democratica. Quel referendum non ha bloccato soltanto la destra. Anche il centrosinistra è stato chiamato in causa dal No al referendum per le sue scelte istituzionali ed anche per il suo modo di funzionare come agente della democrazia.
Stupisce che pochi, anche nella coalizione di centrosinistra, riflettano sul dato, ormai storico, della feudalizzazione della politica e dei meccanismi che l’hanno prodotta e consolidata. sbalordisce che nelle discussioni attorno alla formazione del partito democratico, il sistema politico che si prefigura è un meccanismo che non può che consolidare forme di leaderite magari temperata dal meccanismo delle primarie. Nessuno sembra interessato ad introdurre regole e vincoli che impediscano il riprodursi di conflitti d’interessi nell’agire istituzionale. Dietro il paradossale conflitto d’interessi del cavalier Berlusconi, si sono nascosti piccoli e grandi conflitti cementati dalla personalizzazione della politica. Sono in atto tentativi per superare le poche regole ancora presenti nella legislazione elettorale. Ad esempio, si chiede di legiferare per permettere ai sindaci almeno un altro mandato, dieci anni sono pochi. Se i presidenti di regione possono essere eletti per quante legislature vogliono, perchè i sindaci no? Dicono. A nessuno è venuto in mente di adeguare al ribasso i presidenti. Quando mai! Aumentiamo invece i mandati ai sindaci. Sconcerta che qualcuno si possa stupire dell’incremento esponenziale del qualunquismo o non capire perchè i giovani stanno lontano dalla vita politica e s’impegnino non nei partiti ma nel volontariato. Si è consolidato un notabilato politico che ha fatto della propria carriera la principale ragione dell’agire e come una testuggine romana, impedisce l’ingresso nella politica delle nuove generazioni. Questa è la dura verità .
Si crede davvero che il partito dei sindaci, dei presidenti, degli assessori e dei parlamentari, abbia qualche appeal per coloro che vogliono riformare un Paese corporativizzato come l’Italia? E che cosa sono oggi i diesse o i margheriti se non formazioni politiche che ruotano attorno agli eletti?

FESSERIE

Una finanziaria che scontenta tutti, è una buona finanziaria. Così declamò ripetutamente il professor Prodi. Non sappiamo da quale filosofia politica o da quale spin doctor il presidente del consiglio derivi questa convinzione. Siamo però certi che è una fesseria. Molti nemici molto onore non è qualcosa che serve a mobilitare il popolo che ha sconfitto elettoralmente Berlusconi e che si aspettava una svolta radicale nelle scelte e nelle priorità . Comprensibile il disagio di Prodi costretto a dirigere un governo e una maggioranza che sembra non comprendere la gravità  della situazione economica e sociale del Paese. Sondaggi e addetti ai lavori, descrivono una caduta verticale del consenso per l’azione governativa dell’Unione. Scoramento è il termine più diffuso tra molti elettori del centrosinistra. Lo spettacolo di una finanziaria riscritta giorno per giorno è stato avvilente.  Invece di preoccuparsene i leader dei partiti e partitini della coalizione hanno continuato ad alzare un polverone come se si fosse ancora in campagna elettorale. Il particolare prevale sull’interesse generale. Soltanto il meccanismo dei voti di fiducia ha impedito il tracollo della maggioranza. Avvilente anche per gli stomaci forti, figuriamoci per la gente comune.
Aver scelto tutto e subito nell’azione di risanamento, è stata una scelta saggia? In presenza di una situazione che permane di impoverimento progressivo di una parte della popolazione qualche cautela sarebbe stata apprezzata. Che il fondo monetario sia soddisfatto del lavoro di Padoa Schioppa non ci ha procurato grande esultanza. Il taglio del cuneo fiscale previsto nella finanziaria ha spostato molte risorse verso le imprese. Risolve questo il problema della caduta della produttività  delle aziende italiane? O è vero invece che la produttività  non deriva soltanto dal costo del lavoro, ma da fattori diversi quali la scarsissima propensione all’investimento in innovazione di prodotto dei nostri valorosi imprenditori? Non è paradossale che la prima finanziaria del centrosinistra tagli alla grande proprio nel settore della ricerca pubblica? Che le cose, visto il risultato elettorale, non sarebbero state facili era scontato. E tanto per rafforzare lo stato di coesione di un’alleanza frastagliata come l’attuale, il volonteroso Fassino e l’ottimo Rutelli hanno accelerato il processo di costruzione del partito democratico. Il treno è partito, ma non si sa bene chi ci salirà . Per adesso è questione che riguarda essenzialmente i gruppi dirigenti di Margherita e DS. Si sono formati comitati e prefigurata una scuola di partito che, ne siamo certi, non somiglierà  alle mitiche Frattocchie. Si insegnerà  come essere riformisti e come gestire l’esistente.
Non vedevamo l’urgenza di una tale scuola. Il ceto politico al comando è ben capace di galleggiare nel mondo così come è dato e quanto a riformismo ne abbiamo avuto esempi straordinari in questi anni nei governi locali gestiti dal centrosinistra.

Di fiducia in fiducia

Un emendamento, di 264 pagine contenenti circa mille commi, modifica il testo della finanziaria per il prossimo anno. I deputati hanno un giorno per leggerlo e poi scatta il voto di fiducia. Difficile che qualche deputato riesca a leggere l’intero volume di commi. Per fortuna il sabato non sono previsti salotti televisivi dove arringare, conseguentemente gli onorevoli, avranno anche la serata per leggere il documento. E’ impossibile che anche i migliori votino con cognizione di causa, ma il voto di fiducia ha le sue regole.
Fine del discorso? No. Bertinotti, sostenuto da Napolitano, denuncia i meccanismi di approvazione delle leggi di bilancio. I presidenti hanno ragione e danno voce allo scoramento del Paese di fronte ad uno spettacolo incomprensibile per la maggior parte dei cittadini. Dicono bene, i presidenti, ma essendo ambedue capitani di lungo corso delle aule parlamentari, avrebbero dovuto intervenire qualche anno prima con qualche proposta sensata. Per adesso la lotta all’ultimo stanziamento, per questo o per quello, si conclude con un altro voto di fiducia del governo Prodi.

Sono sei mesi che il centrosinistra è al governo. Sono stati mesi estremamente travagliati che, così dicono i sondaggi, hanno alienato moltissimi consensi alla coalizione che ha sconfitto Berlusconi alle elezioni politiche. Il malessere è grande e Prodi, innervosito, si è lasciato andare a dichiarazioni pesanti sul grado di follia di un Paese addormentato che Lui cerca di svegliare. Denuncia il presidente, la catastrofe prodotta dal governo della destra e assicura che gli italiani alla fine capiranno. E’ probabile anche se non certo. Per intanto va registrato il primo sciopero contro il governo. Non lo ha dichiarato il sindacato della destra ma CGIL-CISL-UIL chiamando in piazza il mondo dei ricercatori e dell’università . I sindacati di base, per parte loro, hanno scioperato e manifestato in 24 città  italiane contro la precarietà  dei ricercatori e di altri lavoratori.
Nel programma elettorale dell’Unione la questione della ricerca e della scuola in generale era presentata come esigenza strategica per l’Italia. Se c’era questione che poteva caratterizzare la prima finanziaria del governo Prodi, questa doveva essere proprio quella degli investimenti per questo settore. Non è andata così. Perchè? Priorità  al risanamento dei conti e, conseguentemente, tagli in tutti i settori della spesa pubblica. Questa è stata la scelta. Che risanare sia obbligatorio è vero. Ciò che non era scontato è il volerlo fare in un solo esercizio di bilancio. Sia la Francia che la Germania hanno contrattato con Bruxelles il rientro nel vincolo del tre per cento di disavanzo in più esercizi finanziari. Proprio perchè la situazione finanziaria lasciata da Tremonti era “un cocktail micidiale”, come dice Prodi, era necessario concordare con i burocrati della comunità  europea una finanziaria meno pesante. Si è preferito una strada diversa e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Convince poco la tesi dei prodiani secondo cui è stato un difetto di comunicazione del governo a produrre il malcontento. Perchè tutti hanno capito e apprezzato ciò che stava facendo D’Alema in politica estera o il ministro Bersani sulle liberalizzazioni? Trasparente era nel decreto Bersani l’obbiettivo, chiari gli interessi che si colpivano ed evidenti i vantaggi per i cittadini.
Purtroppo per il governo, la finanziaria è risultata agli occhi dei più priva di un’asse strategico capace di dare fiducia.
Non si capisce chi paga per il risanamento e chi trarrà  vantaggi dai sacrifici richiesti. E’ certamente vero che la grande stampa ha giocato una partita politica per indebolire l’azione di governo. Ma le divisioni interne alla coalizione sono un dato che corrisponde alla realtà  non un’invenzione di Panebianco.
Molti commentatori politici sostengono, come Berlusconi, che Prodi sia ostaggio della così detta sinistra radicale. E’ vero o è una balla funzionale ad un progetto politico? E’ una balla strumentale. Rifondazione non ha alcun interesse a mettere in crisi Prodi. Sanno i rifondatori che una crisi, da loro provocata, sarebbe vissuta dalla sinistra come una tragedia. Non è casuale il richiamo costante per l’azione di governo dei leader del PRC al programma elettorale dell’Unione. Ci vuole molta fantasia per considerare il governo del professore spostato a sinistra. Quando mai. Siamo nelle mani di riformisti estremamente cauti, non c’è da preoccuparsi. Le battute scherzose dell’onorevole Caruso riempiono i giornali e scandalizzano, mentre nessuno osserva che molti dei battibecchi intercoalizione sono provocati da dirigenti margheritini. Ad iniziare da Rutelli. Alcuni di loro dichiarano spesso che bisogna andare oltre il programma sottoscritto anche su argomenti delicati. Non è casuale che sia stato il diessino Vanino Chiti a dichiarare che il documento elettorale non è la bibbia. I cinquantun parlamentari che hanno manifestato la loro contrarietà  al decreto del ministro Livia Turco(concernente la dose minima di cannabis per uso personale) sono quasi tutti della Margherita. Eppure l’Unione ha chiesto voti anche per cambiare la legge inerente la droga voluta dal centrodestra ed è il consiglio dei ministri che ha autorizzato il decreto della Turco. Difficile dire la durata di questo governo. La sua eventuale caduta potrà  avvenire non per l’estremismo (?) di Bertinotti, ma per l’azione di forze moderate intenzionate a realizzare il sogno di Montezemolo che non potendo cambiare il popolo, testardo nel votare anche a sinistra, vuole un altro governo prono ai voleri di quei capitani coraggiosi di cui è presidente.

una vita spericolata

Altra settimana all’insegna delle divisioni all’interno del centrosinistra. Questa volta a far notizia è la dichiarazione di non voto della senatrice Levi Montalcini. Tagliare i fondi per la ricerca del 20% è considerato inaccettabile per tutto il mondo dell’Università  e della ricerca di base. Il rifiuto della senatrice premio Nobel, è emblematico dello stato di confusione prodotto da una finanziaria senza alcun criterio se non quello del risanamento dei conti pubblici. Se c’è discussione attorno al livello del declino economico del Paese, tutti concordano che il disastro storico dell’Italia va collocato negli insufficienti fondi destinati al mondo della scuola e della ricerca in generale. Siamo il Paese europeo con il più basso indice di brevetti presentati. Ed è cosa nota e denunciata da tutti, la fuga di “cervelli” verso altri lidi lontani dall’Italia. Ha un bel complementarsi con se stesso Prodi per il via libera ottenuto a Bruxelles sulla finanziaria. Nei cinque anni di governo, Berlusconi e Tremonti hanno sempre avuto il benestare della Commissione Europea. Poi abbiamo visto che è successo alle finanze dello Stato: voragini che adessso il centrosinistra dovrà  colmare. Non tutti i risparmi di spesa hanno lo stesso significato. Quelli previsti per la ricerca non si possono considerare virtuosi, ma delittuosi. Che la finanza pubblica debba essere risanata è vero ed è vero che si può risparmiare su molti settori. Tagli indiscriminati, però, possono produrre soltanto disastri. Quella sorta di caravanserraglio che è diventato il Parlamento, sta affrontando la discussione attorno alla finanziaria senza che emerga con chiarezza quale sia il progetto del governo. Si abbassa l’ICI per le attività  commerciali della chiessa, perchè così vuole Mastella e si tagliano i fondi per la ricerca. Stupendo. Che deve pensare un elettore di centrosinistra? Strattonato dalle diverse corporazioni, insultato dal pluripresidente Luca Cordero di Montezemolo, annichilito dalla volontà  dei vari “capi” di partito e partitino, Prodi naviga a vista.

Il capo del governo sembra riporre le sue speranze di durata nel processo di formazione del partito democratico. Che la formazione del partito democratico non sarebbe stato un pranzo di gala lo si poteva ben comprendere. Una politica vissuta come carriera personale dal ceto politico al potere non è un buon viatico per aggregare forze. La rivendicazione della propria nobile identità  era scontata. La difficle riconoscibilità  di valori comuni tra un Rutelli e un Mussi non aiuta a prefigurare una vita in comune. Sarà  una vita vissuta pericolosamente canterebbe il grande Vasco. Si capisce poco perchè in una situazione confusa come l’attuale si siano voluti accellerare i tempi di costruzione del nuovo partito. Che la gente voglia l’unità  è cosa scontata. Che i piccoli partiti del centrosinistra abbiano un appeal soltanto sufficiente ai vari Pecoraro Scanio per contrattare poltrone è cosa nota. Ma piccoli sono e piccoli sono destinati a rimanere. Non è scontato che l’unità  si costruisca soltanto dentro un partito. Non ci sono elezioni in vista e forse sarebbe stato meglio, piuttosto che accellerare, riflettere su cosa serve all’Italia per uscire dalla crisi democratica che attraversa.

Di cosa abbiamo bisogno? Che Rutelli e Fassino stiano nella formazione politica o la priorità  è diversa?