AUGURI A PIETRO INGRAO

Domani, 30 marzo, Pietro Ingrao compie 99 anni. Questo è il messaggio di auguri del presidente del CRS Mario Tronti.

99 anni. La quercia Ingrao sfida le intemperie del tempo. I venti della storia, o meglio della cronaca, spirano in senso contrario a tutto quanto Pietro Ingrao ha depositato nel suo pensare e nel suo agire. Pensiero e azione che si riscoprono andando a riprendere il suo passato che non passa: come documentano gli scritti e gli atti, che riemergono dall’Archivio Ingrao, gelosamente custodito dalla Fondazione Crs. I testi delle sue Carte, tematicamente raccolti dal prezioso lavoro intrapreso da Maria Luisa Boccia e da Alberto Olivetti, tornano a circolare, a interrogare, a far discutere. Tornano a ricordare che da quella postazione, e su quella strada, un’altra storia sarebbe stata possibile per questo Paese e per l’Europa.
La quercia Ingrao tuttora ci protegge. E ci rassicura che quelle solide radici niente e nessuno potrà mai sradicare. Esse affondano in una storia più grande, lunga, contrastata e gloriosa, cha va al di là di ognuno di noi, che non è finita, è forse solo interrotta. Riprendere quel filo, riannodarlo alle nuove generazioni, riadattarlo ai tempi nuovi, ai nuovi bisogni, a nuovi soggetti, questo è il compito che il pensiero vissuto di Pietro ci lascia. La sua lunga vita di combattente non domato è un evento simbolico da prendere come modello. L’idea comunista è dura a morire. Questo ci dicono questi novantanove anni. Non sappiamo come e non sappiamo quando: ma l’esistenza di Pietro afferma che, con questa idea, ci dovranno ancora fare i conti i padroni del mondo. Malgrado tutti gli smemorati che sono corsi al loro seguito.

Mario Tronti

DUE INGENUE DOMANDE

La sto­ria eco­no­mica (dopo la crisi del ’29), e la teo­ria eco­no­mica moderna (cioè la Teo­ria gene­rale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta di J.M. Key­nes, del ’36), mostrano e dimo­strano che la vec­chia teo­ria eco­no­mica (la teo­ria neo­clas­sica dei primi anni del Nove­cento, ma ancora oggi ege­mone) non for­ni­sce ricette effi­caci per i nostri pro­blemi. Il livello dell’occupazione non si deter­mina sul mer­cato del lavoro: il mer­cato del lavoro non è come il mer­cato del pesce.

Il prezzo e la quan­tità del pesce ven­duto e com­pe­rato è deter­mi­nato dall’incontro tra domanda e offerta, dove è bene che non vi siano impe­di­menti arti­fi­ciali; men­tre una mag­giore “fles­si­bi­lità” del mer­cato del lavoro, che non è una merce come le altre, si tra­duce in più bassi salari e dun­que in un aumento dei pro­fitti e delle ren­dite, ma non anche in mag­giore occupazione.

Tut­ta­via nella pre­messa al decreto sul Jobs Act (chi sa per­ché in ame­ri­cano) si dice: «Rite­nuta la straor­di­na­ria neces­sità ed urgenza di sem­pli­fi­care le moda­lità attra­verso cui viene favo­rito l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro ecc.».

Per­ché non si stu­dia un po’ di più?

Con­di­zione neces­sa­ria affin­ché cre­sca l’occupazione (con­di­zione sì neces­sa­ria ma oggi non anche suf­fi­ciente) è invece che cre­sca la pro­du­zione. Su que­sto punto c’è ormai ampio con­senso, anche se da più di dieci anni si era già avver­tito che il pro­blema dell’economia ita­liana è un pro­blema di cre­scita; però si indica sol­tanto nei vin­coli euro­pei l’impedimento a una mag­giore spesa pub­blica; e si invo­cano prov­ve­di­menti quali la bene­fi­cenza e i tagli delle pre­bende come pos­si­bile solu­zione. Bene­fi­cenza e tagli sacro­santi, ma con­diti con la dema­go­gia della soli­da­rietà e dell’equità.

Ini­qua è invece la distri­bu­zione del red­dito oggi in Ita­lia, e que­sta è una delle cause della crisi. Tut­ta­via l’aliquota mar­gi­nale mas­sima dell’Irpef è oggi pari al 43% per i red­diti oltre i 75 mila euro, men­tre è noto a tutti che molti e di molto sono i red­diti più ele­vati: il 5% dei con­tri­buenti più ric­chi con­cen­tra il 22,7% del red­dito com­ples­sivo; e tut­ta­via l’elusione e l’evasione fiscale non ven­gono com­bat­tute con gli stru­menti che in realtà sono disponibili.

Secondo il sobrio arti­colo 53 della Costi­tu­zione: «Tutti sono tenuti a con­cor­rere alle spese pub­bli­che in ragione della loro capa­cità con­tri­bu­tiva. Il sistema tri­bu­ta­rio è infor­mato a cri­teri di progressività».

Per­ché non si rispetta la Costituzione?

dal Manifesto  Giorgio LUNGHINI

L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS: UN’OCCASIONE DA NON PERDERE.

Le prossime elezioni europee saranno un momento importante per decidere quale tipo di Europa vogliamo. Si scontreranno infatti due concezioni entrambe inaccettabili. Da un lato quella fondata sull’austerità e sul rigore finanziario che ha dominato la politica europea in tempo di crisi, determinando una grave recessione e il drammatico impoverimento di interi Paesi e di ampi settori della società. E’ stata una politica miope, asservita alle esigenze dei mercati finanziari, quegli stessi che sono stati all’origine della crisi, che ha prodotto crescenti disuguaglianze sociali, una disoccupazione ormai insostenibile (che colpisce 27 milioni di persone), e ha assestato duri colpi al Welfare europeo e alle istituzioni democratiche della stessa Unione Europea e dei Paesi sottoposti al controllo della Troika (Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale, Commissione europea). D’altro lato vi è la concezione antieuropeista di chi propone l’uscita dall’euro, il superamento dell’Unione, il ritorno ad un nazionalismo chiuso ed egoistico. Si tratta di una posizione conservatrice e di destra, che è stata alimentata dalla politica di austerità, ma che non è in grado di dare nessuna risposta seria per uscire dalla crisi e anzi propone soluzioni demagogiche che aggraverebbero la situazione di alcuni Paesi, compresa l’Italia.
Occorre sfuggire all’alternativa tra due posizioni entrambe inaccettabili e che convergono nel mettere in crisi l’idea stessa di un’Europa unita. Occorre tornare all’idea dei padri fondatori che immaginavano un’Europa sociale e democratica, fondata sulla garanzia dei diritti civili e sociali, la pari dignità, la protezione delle fasce più deboli, la valorizzazione di un patrimonio artistico e culturale che non ha eguali al mondo. Alle prossime elezioni questo è possibile perché fra le due concezioni distruttive dell’Europa esiste una terza via, rappresentata dalla lista “L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS”, nata da un appello di intellettuali europeisti, che propone come candidato alla presidenza della Commissione europea Alexis Tsipras, il giovane leader del partito Syriza che i sondaggi danno oggi come primo partito della Grecia. Il programma lanciato da Tsipras propone un’Europa più solidale, che aiuti i Paesi in maggiore difficoltà e le fasce sociali più colpite dalla crisi, l’abbandono della austerità per sostenere una politica di rilancio e di investimenti, rispettosa dell’ambiente e della dignità delle persone, una Unione più democratica che dia maggiore forza al Parlamento europeo e alla volontà politica manifestata dai cittadini europei. E’ questa una prospettiva che non accetta subalternità e compromessi al ribasso come quelli che hanno caratterizzato negli anni della crisi la politica europea di molti partiti socialdemocratici e in Italia del PD. Il successo de “L’altra Europa” rappresenta l’unica via per proporre una politica diversa e innovativa con la quale i partiti socialisti e democratico-progressisti siano costretti a misurarsi. Per questa ragione invitiamo quanti sono critici verso l’attuale politica europea di austerità e di recessione, ma non vogliono ricadere nelle spire di quel nazionalismo statalistico che ha prodotto due guerre mondiali, di votare alle prossime elezioni europee per “L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS”.

Affinità elettive

I Berluscones e i Berluschinis hanno fatto l’accordo. Finalmente dopo la catastrofe democratica provocata dalla legge porcata imposta dal centrodestra di proprietà di Berlusconi avremo una nuova legge elettorale. Il Berlusconi, dopo essere stato espulso dal Senato della Repubblica, ha scoperto affinità elettive con il prode Renzi: sindaco di Firenze e super votato alle primarie del PD che, come è noto,lo hanno incoronato segretario del solido Partito democratico. Profonda consonanza con Forza Italia nella “riforma” della Costituzione e in quella della legge elettorale, ha dichiarato Renzi. Ottimo e abbondante il tutto. Non c’è da meravigliarsi più di tanto. Ci troviamo di fronte a personaggi che hanno molto in comune. Uno ha dominato la scena politica italiana per venti anni ed è stato capace di tener fede al suo essere Unto dal Signore: chi altri avrebbe potuto resistere agli attacchi concentrici di magistratura, comunisti e l’odiosa stampa nazionale ed estera? E’ vero che alla fine è diventato un pregiudicato in attesa di sapere se andrà agli arresti domiciliari o ai servizi sociali, ma la cosa in Italia non ha importanza, Lui rimane il leader massimo della destra italiana e quindi l’interlocutore privilegiato del Capo assoluto del PD. Se non è un miracolo questo, che cosa è? Da parte sua il Renzi non ha dichiarato di essere ancora Unto dal Signore, ma è sulla buona strada. Non ha soltanto resuscitato un morto “politico” ma rischia di farlo diventare un Padre della Patria. Nel pantheon dei costituenti la Repubblica accanto a De Gasperi,Togliatti, Calamandrei, Terracini, Moro ecc…ecc. ci sarà Lui, presidente dell’A.C.Milan, noto nel mondo per la passione del cabaret fatto in casa e per aver portato l’Italia al tracollo finanziario. Per intanto, anche Renzi sembra che abbia ottenuto la proprietà piena del partito. A differenza di Berlusconi non lo ha comperato con i propri danari, ma attraverso un voto popolare. Ci assicura il sindaco che quei due milioni di voti ottenuti alle primarie volevano la fine della contesa con la destra berlusconiana. E’ difficile contestare la sua tesi e anche se c’è chi sostiene che immaginare di riformare l’Italia con chi ha contribuito a renderla un Paese alla deriva sembrerebbe problematico. Ma quello che sostiene il Capo era da tempo indiscutibile per la destra adesso lo è anche per il centrosinistra. Certo per chi ha una certa età può meravigliare un segretario di un partito che si auto definisce democratico, che dichiara nella direzione  e nei gruppi parlamentari che una proposta da Lui fatta deve essere accettata senza se e senza ma altrimenti tutti a casa, ma è una meraviglia arcaica da rottamare. Il Verbo non si discute. Anche Lui, inteso come il sindaco-segretario, risponde soltanto al popolo che lo ha votato. Renzi vuole abolire il senato e le province per risparmiare. Fa benissimo. Forse potrebbe iniziare a risparmiare eliminando la direzione del PD, tanto sembra un organismo inutile come un frigorifero al polo nord. Un uomo solo al comando non ha bisogno di perdere tempo in oziose discussioni. Possiamo stare comunque tranquilli: i prossimi parlamentari continueranno ad essere nominati dai segretari dei partiti, ma adesso i capi partito sono altra cosa rispetto al passato.  Vuoi mettere il Renzi con i vecchi segretari del PD.

Mistificazioni da evitare

Con l’urgenza derivante da un situazione politica e sociale da brividi, il segretario Renzi ha fatto conoscere le sue idee rispetto alla inevititabile modifica della legge elettorale porcata imposta a maggioranza dalla destra berlusconiana otto anni or sono, Soltanto dopo la sentenza della Corte costituzionale il ceto politico ha capito che deve riformare il sistema elettorale. Quale è lo scopo delle elezioni? Consentire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti in parlamento secondo i valori e le esigenze concrete di ciascuno e contribuire a scegliere un governo, Quindi ci vuole una legge elettorale che consenta questo bisogno di essere rappresentati e favorisce nel contempo aggregazioni per il governo del Paese. Sommessamente sottolineo che nessuna delle tre ipotesi formulate da Renzi soddisfa entrambe le esigenze. Il “Mattarellum”, riformato con un premio di maggioranza, conserva alle segreterie nazionali dei partiti la scelta degli eletti. Chi sceglie chi candidare nei collegi? Le segreterie nazionali. Questo è stato il meccanismo che ha consentito, ad esempio, a Di Pietro (abruzzese) di essere eletto nel collegio del Mugello “rosso” (Toscana) o al prode Adornato di ottenere il posto in parlamento con l’elezione nel collegio di Perugia dove, ne sono testimone, era un perfetto sconosciuto. Nelle segrete stanze romane di compensazione si decidevano i collegi da assegnare di là da ogni considerazione dei rapporti del candidato con il territorio. Utile sarebbe per Renzi rileggere ciò che intellettuali e opinion maker dicevano del “Mattarellum” vigente. Eleggere il sindaco d’Italia? A mia conoscenza soltanto in Israele si elegge il primo ministro. Posso essere in torto ma in tutte le democrazie evolute il capo del governo è eletto dal parlamento. La nostra carta costituzionale prevede appunto che l’incarico di capo del governo è dato dal presidente della repubblica e soltanto dopo la fiducia del parlamento il governo assume pieni poteri.  Il sistema spagnolo dei piccoli collegi? Se si vuole il bipartitismo e non il bipolarismo la scelta è giusta ma il criterio della rappresentanza viene a cadere completamente. La democrazia italiana è malata e molti sono i segnali che ci dicono che sta montando nel popolo l’idea dell’uomo solo al comando sia la risposta alla decadenza dei partiti, Purtroppo nella nostra storia ne abbiamo fatto esperienza prima con il ventennio mussoliniano poi con il ventennio berlusconiano. Dalla tragedia alla farsa.