Quando lo share di una trasmissione politica diviene argomento per un’aspra discussione tra il centrodestra e il centrosinistra, siamo alla frutta. E’ vero che ancora una volta la TV pubblica e privata sono state piegate ai voleri di Berlusconi e la cosa sta assumendo contorni allarmanti per lo stato della democrazia italiana. Ma è il merito che andava indagato. Berlusconi voleva solidi paracaduti per la Sua promozione come ricostruttore. Aspirava illustrare i record raggiunti nella gestione del dopo terremoto abruzzese, ma forse bisognava entrare più nella sostanza e dimostrare che la coppia Berlusconi – Bertolaso non aveva battuto alcun record. Vendevano aria fritta. Stupisce che un giornalista che pretende di essere bravo e imparziale come Bruno Vespa, non abbia studiato i tempi di ricostruzione dei passati terremoti. Studiando, Vespa avrebbe scoperto che i trenta moduli abitativi consegnati a Onna dopo 116 giorni dall’evento sismico in diretta televisiva, avevano richiesto tempi più lunghi di quelli del terremoto del Molise o dell’Umbria. Dove è stato il miracolo dell’efficienza berlusconiana? E’ stata una grande bugia che per fortuna del Capo non ha attratto molti telespettatori. I dati storici dicono che l’Umbria consegnò i trenta moduli in 98 giorni, il Molise in 82 giorni dal sisma. Forse il presidente Bracalente non fece installare televisori al plasma nei moduli abitativi, ma la ricostruzione dei borghi storici dell’Umbria iniziò con efficacia e tutti gli umbri sono tornati, negli anni, nelle proprie abitazioni. Speriamo che gli abitanti della città  più colpita, l’Aquila abbiano lo stesso destino e le new town rimangano nella testa di chi le ha ipotizzate al posto della ricostruzione della vecchia città . Il Porta a Porta si è dimostrato un flop e Vespa un giornalista che nasconde la propria disinformazione dietro l’untuosità .
Rimane stupefacente che il dibattito politico non riesca a entrare nel merito della crisi italiana. L’agenda politica, nel bene e nel male, viene fissata da Berlusconi e da Bossi. Siamo ormai famosi nel mondo per il nostro presidente e per la debolezza delle forze che contrastano la deriva della democrazia repubblicana. Per citare tutti gli articoli di giornali esteri di destra e di sinistra che guardano con preoccupazione allo stato del bel paese occorrerebbe un libro. Ciò che sconvolge è questa sorta di assuefazione al peggio che sembra aver preso una parte consistente del popolo, degli intellettuali, delle forze sociali.
E’ vero che l’opposizione parlamentare e extraparlamentare non hanno molti strumenti di comunicazione e che molti intellettuali e giornalisti tengono famiglia, ma la situazione italiana è molto seria e non solo per la crisi economica.
Occupata dai berluscones ormai quasi completamente anche la televisione pubblica, rimangono pochi giornali disponibili ad un’informazione oggettiva. Ma il problema è lo stato organizzativo del PD e dei cespugli della sinistra.
Non si hanno notizie certe ma gli schieramenti interni al partito di Franceschini si sono ormai definiti e forse l’unico dato positivo è una sorta di rimescolamento tra gli ex diessini e gli ex margheritini. Rutelli si sta guardando intorno e chi può dirlo. Nella sua vita politica ha cambiato spesso idea e partito, di fronte ad eventi particolari come un meraviglioso “grande centro”, per non morire in un partito anche flebilmente di sinistra, l’ex sindaco di Roma, troverà  certo i motivi per lasciare Bersani o Franceschini al loro destino.
La sinistra non sembra trovare i motivi e le spinte per una ricomposizione che superi la nostalgia del tempo che fu e le lacerazioni di questi anni. Ci si accapiglia anche per il successo che la sinistra tedesca sta avendo dopo la ricomposizione incentrata sulla leadership di Oskar Lafontaine.
Anche le aggregazioni fuori dalle organizzazioni di partito pur ricche di giovani non riescono a trovare la quadra per costruire un nuovo soggetto politico. E’ un mondo questo che riesce a discutere di politica e di problemi che dovrebbero interessare i partiti organizzati, ma le prossime elezioni regionali non aiutano. Ognuno sembra interessato al proprio strapuntino in consiglio.
A proposito di elezioni. Il consiglio regionale dovrà  affrontare la riforma della legge elettorale. Cosa non semplice. Gli interessi sono spesso divaricanti non tanto tra centrodestra e centrosinistra, ma all’interno dei singoli raggruppamenti. Così le proposte vanno sempre lette alla luce delle esigenze di questo o di quello. Il capogruppo del PD Gianluca Rossi ha fatto una sua proposta. Questa è la proposta: Trenta consiglieri più il presidente della giunta, preferenza singola, assegnazione dei consiglieri su base provinciale con l’impegno al riequilibrio territoriale. Rimangono aperte alcune ipotesi. Eleggere prioritariamente i candidati a presidente; la possibilità  di suddividere i 30 consiglieri in due blocchi, sei da eleggere con il maggioritario (listino) e ventiquattro con il metodo proporzionale. Sono poi previsti vincoli per assicurare la presenza di consiglieri di ambo i sessi.
Una sola osservazione. E’ noto che l’attuale Parlamento è composto non da eletti ma da nominati direttamente dagli oligarchi dei partiti. Non eletti dal popolo ma “assunti” come dipendenti dei partiti.
La cosa, è senso comune, è repellente ed è la causa principale del degrado dell’assemblea parlamentare. Abbiamo sperimentato anche in Umbria il listino. Il listino prevede che ci siano consiglieri non eletti ma nominati dai partiti. La cosa era ed è inaccettabile.
In consiglio devono entrare gli eletti dal popolo: questa è la democrazia. I partiti hanno la responsabilità  di scegliere i candidati non quella di premiare i clientes. E’ utile ricordare che finite le ideologie è, per molti, finita anche la disciplina di partito. Come ebbe a dire Fassino in occasione di un referendum, astenersi non è più peccato. Votare turandosi il naso non va più di moda.

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