da Francesco Mandarini | Nov 6, 2008
Settimana impegnativa e molto intensa per il governo. Al di là del numero dei partecipanti, oggetto della consueta e risibile disputa tra chi enfatizza e chi minimizza, le piazze italiane si sono riempite di moltissima gente chiamata a manifestare contro i provvedimenti che i ministri di Berlusconi hanno voluto imporre al Paese senza discussione nè in Parlamento nè con le categorie interessate.
Soltanto la rabbia può far dire alla destra che in piazza c’erano dei facinorosi irresponsabili. Quanto si è visto in televisione era soltanto un popolo composto e serio che poneva alla “politica” una domanda drammatica. Può un Paese come l’Italia tagliare le risorse pubbliche al mondo della formazione delle nuove generazioni? Sbaglia chi ritiene che sia stata la cattiva informazione della sinistra a portare in piazza così tanta gente. La sinistra, moderata o no che sia, c’entra poco con le lotte dei giovani, degli insegnanti e delle famiglie. Massimo D’Alema ha ragione quando avverte anche i suoi che l’opinione pubblica non ha trasformato il dissenso dall’azione del governo in un consenso per l’opposizione. Questo è un grande problema per la democrazia italiana, la indebolisce ulteriormente. Non è con un riformismo debole che si riconquistano i consensi. Quello che il Partito Democratico è obbligato a fare è un salto di qualità nei programmi alternativi a quelli della destra. La riuscita della manifestazione del 25 ottobre è servita forse a ricompattare il popolo dei democratici, ma non poteva risolvere alcuna questione programmatica. Ottima operazione di marketing, ma di altro c’è bisogno.
Il movimento per la salvaguardia della scuola pubblica ha una sua autonomia e non si riconosce in alcuna sigla politica. Non si tratta di un movimento apolitico, ma di un qualcosa che richiede una nuova politica che abbia nuove priorità . Quando i giovani gridano che non intendono pagare loro la crisi provocata dalle classi dirigenti chiedono una svolta sia al governo che alle forze politiche dell’opposizione. Non vogliono che scuola e università restino quello che ora sono, ma tagliare in modo indiscriminato non è riformare. Si colpiscano gli sprechi, ma non si tratta di uno spreco valorizzare le professionalità degli insegnanti compresi quelli che sono precari da anni. Ridurre l’orario d’insegnamento e tornare al doposcuola sono un impoverimento nella formazione dei giovani che fa arretrare la qualità della scuola primaria. Non è questa una constatazione della sinistra, ma di tutto il mondo della scuola. (altro…)
da Francesco Mandarini | Ott 29, 2008
La crisi sta assumendo le cadenze di una devastazione senza precedenti. I “venerdì neri” per le borse si susseguono uno dopo l’altro e non sembra che gli interventi dei governi a sostegno di banche e mondo della finanza incidano più di tanto sul grado di incertezza che provoca la fuga degli investitori dalle borse di tutto il mondo. Le radici del disastro sono ormai accertate. Il Time di Londra è un giornale conservatore. Martedì scorso aveva una pagina titolata: “Marx aveva capito tutto?” l’articolo non risolveva il quesito, ma l’autore sosteneva che “Il Capitale” sarà ancora letto anche quando nessuno leggerà più nè Milton nè Shakespeare. Stupefacente.
La contraddizione che devono risolvere le classi dirigenti è di quelle toste. Per trenta anni intellettuali, politici, presentatori televisivi, premi Nobel per l’economia, veline, capi di stato, professori universitari e quanto di altro della varia umanità che governa il mondo ci ha imposto un unico modo di vedere il futuro delle società . Deregulation, privatizzazioni dei beni pubblici e libero mercato, le parole d’ordine ossessivamente ripetute da predicatori di ogni qualità del verbo liberista. Se poi per esportare il messaggio e la democrazia occidentale bisogna fare qualche guerra locale, guerra sia. Un’egemonia culturale della destra americana che ha annichilito qualsiasi pensiero autonomo anche nella sinistra riformista o non che fosse. Esemplare il fascino esercitato dal blairismo e dal clintonismo nel ceto politico ex DS o Margherita.
Per trenta anni hanno cercato di privatizzare tutto come fonte di profitto privato: sanità , trasporti, sistemi pensionistici, acqua e gestione dei suoli. Scuola e università pensate e organizzate per produrre le professionalità adatte al libero mercato e non come momenti di formazione generale delle giovani generazioni. Tutti sono diventati giocatori di borsa. Mentre sistemi di “welfare state” venivano destrutturati a vantaggio dell’imprenditoria privata, l’impoverimento relativo di fasce sempre più grandi di popolazione dell’occidente cresceva.
I ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Lo scarto tra benestanti e indigenti in dieci anni in Italia è aumentato del 33 per cento. Nell’aumentare il differenziale tra vertice della ricchezza e povertà solo gli Stati Uniti e altri quattro Paesi sono stati più efficaci dell’Italia. Un altro record per il Bel Paese.
Che fare di fronte alla catastrofe nata nell’America di Bush? (altro…)
da Francesco Mandarini | Ott 21, 2008
Mentre CGIL, CISL e UIL stentano a trovare un accordo sul se e sul quando reagire ai tagli del governo su scuola e università , i sindacati di base hanno indetto uno sciopero e portato a Roma 300 mila persone. In tutte le città continuano le proteste di studenti e docenti contrari ai provvedimenti della Ministra Gelmini.
Il mondo della scuola sembra essere l’opposizione più consistente e incisiva in un Paese che appare berlusconizzato e quasi tramortito dalla crisi economico-sociale esplosa in questi mesi. Anche se Berlusconi continua a far spallucce nei confronti di chi non è d’accordo con Lui, l’impressione è che l’idea di ridimensionare ulteriormente la scuola e l’università non sia stata una grande trovata. E si capisce perchè. Non c’è sondaggio che non affermi con nettezza la preferenza delle famiglie per una scuola e un’università pubbliche da rinnovare che devono rimanere pubbliche e che necessitano di maggiori risorse finanziarie ed umane. Tagliare otto miliardi di Euro come previsto dai provvedimenti governativi significa espellere dal sistema formativo migliaia di precari che lavorano da decenni in tutti i livelli del sistema scolastico-accademico e senza i quali il destino della scuola pubblica non potrà che essere drammaticamente incapace di assicurare la formazione dei giovani. Il decisionismo populista e autoritario del governo della destra si sviluppa in molti settori, ma sbaglia il PD a non fare del problema “scuola” la priorità della sua opposizione in Parlamento e nel Paese. Argomenti c’è ne sono a iosa.
Per salvare il sistema creditizio o per il regalo dell’Alitalia agli eroici amici della Compagnia Aerea Italiana, Tremonti ha trovato decine di miliardi di Euro, per la scuola se ne tagliano otto in tre anni.
Si rimette il grembiulino ai bambini, si prevede di bocciare anche alle elementari per l’insufficienza in una materia e come ciliegina sulla torta, si prevedono le classi differenziali per gli immigrati che non conoscono l’italiano. Il grembiulino sarà certo l’occasione per confermare l’eleganza dell’Italian Style, le bocciature saranno occasione di molti ricorsi ai vari Tribunali amministrativi e le classi differenziali dimostreranno al mondo che in Italia non esiste xenofobia ma una forte volontà d’integrazione dei bimbi migranti. Tragico ma non serio.
Sergio Marchionne è l’amministratore delegato della FIAT. Nel suo ultimo discorso in Confindustria pur apprezzando gli interventi di salvataggio delle banche presi dal governo, ha sostenuto che il problema decisivo è la ripresa dei consumi interni. Suggerisce un allentamento della pressione fiscale non per tutti ma per coloro che vivono di salari e stipendi. La stessa tesi è sostenuta da molti economisti. Il programma elettorale della destra prevedeva il taglio delle tasse. Perchè non lo si fa? Tremonti è orgoglioso per aver fatto approvare dal Consiglio dei Ministri la finanziaria per il 2009 in nove minuti nove. Bravo, ma perchè non decreta con urgenza il taglio delle tasse per gli stipendi, i salari e le pensioni più basse? Meglio di tutti noi il ministro dell’economia sa che la crisi finanziaria che l’America ha esportato nel mondo, nasce essenzialmente dalla caduta del potere d’acquisto delle famiglie americane. Indebitata e annichilita da salari e stipendi insufficienti a pagare i mutui e i debiti fatti per curarsi o mandare i figli all’università , la classe operaia e il ceto medio hanno visto sfumare l’american dream nel cataclisma di Wall Street. Il presidente Bush in otto anni ha aumentato del 74% le spese per il Pentagono, ha ridotto le tasse ai ricchi e impoverito vastissime fasce di popolazione che per tanti anni sono state costrette a vivere, indebitandosi, al di sopra dei loro redditi. (altro…)
da Francesco Mandarini | Ott 15, 2008
Panico. E’ questa la parola ricorrente in ogni dichiarazione in ogni scritto di politici , uomini di governo e opinion maker. Il crack delle borse mondiali non ha ancora terminato i suoi effetti e tutti si affannano a cercare una soluzione. Non è facile trovarla una via d’uscita anche perchè ancora oggi non si vuol riconoscere l’evidenza. E cioè che il modello di capitalismo, figlio della era della destra thatcheriana e reaganiana, ha provocato il più grave disastro finanziario della storia contemporanea. Non è questione di fine del capitalismo.
Quello che è all’ordine del giorno è la costruzione di un nuovo modello di sviluppo che faccia tesoro degli errori fatti e rigetti l’ideologia che ha coperto le scelte sbagliate di una classe dirigente che ha fallito per avidità e arroganza. Anche se molti sono convinti che il libero mercato sia figlio di qualche divinità , la crisi non è frutto di un dio indignato per i peccati dell’umanità . Il tracollo nasce dalla subalternità della politica ai voleri della casta dei top manager dei conglomerati economici e finanziari che determinano lo sviluppo dell’economia mondiale e che attraverso il lobbismo determinano le scelte della politica con la tracotanza degli intoccabili. In genere, due cose li accomuna: l’avidità e il gioco del golf. E il mondo per trenta anni è stato nelle mani di giocatori di golf. Con tutto il rispetto.
L’AIG statunitense è la più grande società di assicurazione del mondo. Era in bancarotta ed è stata salvata da un intervento statale di 85 miliardi di dollari. Nel mese di settembre, dopo il salvataggio, l’AIG premiò 70 manager con una vacanza in California costata alla società 440 mila dollari. Il presidente dell’Aig Sullivan ha intascato 40 milioni di dollari di liquidazione.
I top manager se la cavano bene anche quando fanno disastri. La cosa riguarda anche i “top” italiani se si ricorda le liquidazioni dei vari amministratori delegati di Alitalia o delle Ferrovie dello Stato. Per i comuni mortali le cose si fanno scure. Già milioni di americani hanno visto decurtate le loro pensioni di oltre il 20% e molti altri sanno che le loro non ci saranno proprio. I piccoli risparmiatori sono giustamente in affanno e tornano a comprare i Bot e non azioni di altro tipo.
Tutti d’accordo bisogna salvare le banche. Intervenga lo Stato con molti quattrini ma deve essere chiaro che le banche non devono essere nazionalizzate. La forza dell’ideologia. Il privato è bello e il pubblico deve per forza far schifo. E’ vero che spesso le cose pubbliche non funzionano, ma scusate la domanda ingenua, la crisi delle banche da chi dipende, dal pubblico o è il “privato” che ha fatto il disastro? Non si capisce perchè la sinistra non dica niente al riguardo. Rossana Rossanda ha scritto:”Non credo che una sinistra possa dirsi esistente se di fronte alla più grossa crisi del capitalismo dal 1929 non sa cosa proporre”. Quanta ragione ha la “ragazza del secolo scorso”. (altro…)
da Francesco Mandarini | Ott 9, 2008
Silvio Berlusconi è un uomo di grandi successi personali ma quando è chiamato a governare la fortuna sembra abbandonarlo. Nel 2001 vinse le elezioni alla grande ma si trovò a guidare il governo nel mondo del dopo 11 settembre. Terrorismo e guerre in Afganistan e Irak lo scenario in cui il “nostro” dovette operare. Anche per questo terrificante quadro mondiale i risultati del governo Berlusconi non furono brillanti. Tasso di sviluppo scadente, debito pubblico fuori controllo, malessere sociale alle stelle. Tanto disagio provocò il governo della destra che alle elezioni successive Prodi con l’Unione va a Palazzo Chigi.
Berlusconi stravince le elezioni nell’aprile scorso e si trova nel mezzo della più grave crisi economica del capitalismo contemporaneo. Se non è sfortuna questa!
Si potrebbe affermare che le capacità dell’uomo dei miracoli funziona soltanto nel bel paese. Il cavaliere è un re taumaturgo a gittata nazionale. Per adesso l’azione del governo sembra ricevere l’apprezzamento dell’opinione pubblica. Così ci spiegano gli opinion maker analizzando i sondaggi che dimostrerebbero il feeling tra le masse e il Cavaliere. Sarebbe apprezzato se gli stessi opinion maker spiegassero come è potuto succedere che, dopo oltre venti anni di dominio dell’ideologia liberista, il mondo occidentale rischia il collasso economico con l’impoverimento di enormi masse di cittadini. Deregulation, finanziarizzazione, privatizzazioni nel nome di meno stato più mercato: la bibbia della destra e dei riformisti innamorati del modello americano. La sinistra è stata sconfitta anche perchè incapace di contrastare i valori e gli ideali insiti in una visione del mondo in cui, non importa come e che cosa, l’importante è il consumare e arricchirsi al di là dell’etica e delle leggi. Al meno stato più mercato corrisponde oggi il più massiccio intervento pubblico della storia contemporanea. Banche e assicurazioni nazionalizzate in molti paesi, massicci finanziamenti pubblici ad un sistema finanziario ormai fuori controllo. Il governo irlandese si fa carico della garanzia di tutti i depositi bancari, il presidente Sarkozy propone la creazione di un fondo pubblico di 300 miliardi di euro per salvare banche e assicurazioni dal fallimento. Non sarà il crollo del capitalismo, ma il mondo che ci aspetta sarà diverso da quello predicato dai Chicago Boys e dal Fondo Monetario Internazionale. Un mondo migliore o peggiore? Per intanto, milioni di cittadini americani vedono dissolversi le loro pensioni nel crack e nelle speculazioni borsistiche. I manager che hanno provocato il cataclisma, possono riprendere a giocare a golf. L’intervento di 700 miliardi di dollari forse li aiuterà ad evitare la prigione. E si, negli Stati Uniti i reati finanziari sono puniti con il carcere. (altro…)
da Francesco Mandarini | Set 29, 2008
Partiamo da noi. Da “Micropolis”. Un periodico mensile che riusciamo ad editare da tredici anni grazie al lavoro volontario di alcuni, all’autofinanziamento e alla sensibilità dei compagni del “Manifesto” che ci distribuiscono come allegato al quotidiano ogni 27 del mese. Con la Legge 133 dell’8 agosto il Ministro Tremonti ha decretato la morte di 20 testate giornalistiche di proprietà di cooperative o di società no-profit. Si è modificata, con decreto, la Legge sull’Editoria che da oltre venti anni assicurava risorse ai giornali di proprietà di cooperative di giornalisti che, attraverso la raccolta pubblicitaria,  il mercato discriminava perchè editori “puri” non vincolati da interessi di gruppi imprenditoriali. L’informazione come bene pubblico. Questa era la filosofia della legge che il governo della destra ha voluto annichilire nell’indifferenza generale di intellettuali, dei partiti, dei sindacati.
Il “Manifesto” rischia di chiudere se non interverranno ripensamenti del Governo, del Parlamento e se nel Paese non si creerà un movimento a favore dell’unica voce della sinistra che non ha vincoli di partito o interessi economici da proteggere. Diviene drammaticamente urgente una sottoscrizione popolare a cui siamo chiamati a partecipare anche dall’Umbria per trovare le risorse affinchè il “Manifesto” mantenga la sua indipendenza è vitale.
Non si tratta della solita crisi ciclica della cooperativa. Gli amministratori, i giornalisti e gli altri lavoratori del giornale sono impegnati da mesi e mesi in una operazione di ristrutturazione che ha comportato grandi sacrifici per far uscire nelle edicole un giornale più adeguato alla situazione politica e anche risposta al disorientamento post elettorale di tanti compagni. Spetta alla comunità dei lettori la responsabilità di dimostrare l’esigenza di continuare questa lunga storia editoriale e politica o di interromperla perchè non più utile.
In discussione c’è ormai la possibilità per il popolo della sinistra di avere almeno una voce fuori dal coro del berlusconismo rampante. Uno strumento che sia capace di aggregare anche tutte le voci indipendenti, libere da condizionamenti ideologici e che non ci stanno alla logica del mercato truccato della comunicazione.
Un Paese si giudica anche dal grado di pluralismo democratico nell’informazione presente nella società . In Italia la concentrazione di risorse pubblicitarie e di mezzi di comunicazione è unica in Europa e nel mondo. Il duopolio televisivo assorbe oltre il cinquanta per cento delle risorse pubblicitarie (il doppio che in Europa) il resto è appannaggio dei grandi gruppi editoriali, tra i quali spicca Mondadori di proprietà di Berlusconi. E’ un problema di qualità della democrazia ed ha ragione Walter Veltroni quando denuncia il rischio di un autunno della democrazia repubblicana. Dovrebbe chiedersi il segretario del Partito Democratico perchè si è giunti a questo punto e quali sono le responsabilità di ciascuno. E di responsabilità il gruppo dirigente del PD ne ha molte. A cinque mesi dalle elezioni il PD non è stato capace di fare una discussione seria sui motivi che hanno consentito alla destra di stravincere le elezioni e sul perchè e con quali meccanismi il berlusconismo sia riuscito a permeare gran parte della società italiana.
(altro…)