L’Unione riscopra le radici

Il decreto di scioglimento lo ha firmato il presidente Ciampi. La
XIV legislatura del Parlamento giunge a conclusione.
Che Paese lascia il quinquennio dell’era berlusconiana? Ognuno di
noi può fare i suoi conti. Materiali innanzitutto. Ed è fuori
discussione che la maggioranza degli italiani ha subito un
ridimensionamento economico pesante. Il dato che prevale è quello
dell’incertezza per il futuro proprio e per quello dei più
giovani. Si sostiene, come se fosse un fatto naturale, che le
nuove generazioni non avranno alcuna protezione pensionistica. Le
pensioni attuali nel tempo si ridimensioneranno, ci assicurano gli
esperti. Già  oggi le pensioni in essere hanno perso potere
d’acquisto e una parte consistente del lavoro giovanile non ha
alcuna decente copertura assicurativa. In genere è continuato, in
questi anni di governo della destra, il processo di spostamento
della ricchezza nazionale dal mondo del lavoro a quello della
rendita finanziaria. I poveri sono diventati più poveri e i ricchi
più ricchi ed anche le fasce medie hanno subito un duro colpo nei
redditi e nelle prospettive personali e della propria famiglia. Lo
stesso mondo delle imprese economiche ha sofferto della crisi. Il
centrodestra ha rappresentato bene gli interessi del propri
elettori? Sarebbe troppo semplice. Molti elettori di Fini o di
Casini appartengono al ceto medio e al mondo del lavoro, purtroppo
le scellerate politiche economiche hanno premiato altri settori
della società  italiana. Se un governo deve essere giudicato per
quello che ha fatto, non ci sarebbe partita. E’ per questo che
Berlusconi ha spostato l’asse della discussione enfatizzando la
battaglia ideologica contro il comunismo. Non è un’idea balzana.
Anche se rimane complesso dimostrare che Bertinotti si accinge a
conquistare “il palazzo d’Inverno”, Berlusconi punta a mobilitare
il ventre molle del paese a partire dal disprezzo per la sinistra.
Tutto e tutti coloro che non alzano la bandiera del berlusconismo
non possono che essere strumenti del comunismo rampante.
Sottovalutare il cavaliere sarebbe sbagliato. In realtà  Lui
l’Italia è riuscito a cambiarla davvero. Ognuno può stabilire se
in meglio o in peggio, ma il mutamento è stato radicale in
moltissimi settori a cominciare dal ruolo della politica in una
società  complessa come quella italiana. Berlusconi ha
rappresentato al meglio l’antipolitica come strumento di governo
aiutato in questo da commentatori interessati, da cerchiobottisti
e da gravi errori del centrosinistra. La telenovela degli scontri
televisivi ha portato acqua all’impostazione politica del
cavaliere non certo alla credibilità  del centrosinistra.
Un altro bilancio bisogna saper fare. Che comunità  è oggi
l’Italia? Le istituzioni squassate da una tempesta di polemiche e
da leggi improvvisate e distruttive di regole. Una società  meno
solidale in cui il rapporto tra cittadino e interesse pubblico è
peggiorato ulteriormente senza che una politica diversa sia stata
percepibile dal senso comune delle grandi masse. Il centrosinistra
è stato negli anni diviso nei programmi e la sua classe dirigente
non ha saputo avere una immagine forte e credibile. La leaderite è
stata la componente essenziale di gran parte dei gruppi dirigenti
a discapito dell’interesse a costruire un’alternativa possibile al
berlusconismo. La “videocrazia” non è stato strumento del solo
cavaliere do Arcore. Ci si affida allo scontro TV, sperando nella
correttezza dei conduttori. La democrazia è stata spesso un
optional anche per tanti unionisti. I partiti anche del
centrosinistra, rimangono fragili agglomerati di apparati dove
iscritti e militanti hanno ruoli e compiti che non incidono mai
sulle decisioni essenziali. Una risposta, per quanto ambigua,
poteva essere il meccanismo delle primarie. Strumento che è stato
utilizzato con parsimonia. Subito più che voluto non è stato il
procedimento di mobilitazione per la campagna elettorale. Intanto
gli eletti sono stati decisi anche dall’Unione a Roma senza che
ciò suonasse scandalo per nessuno. All’elettore spetta soltanto
scegliere il simbolo del partito, l’eletto è già  stabilito. Unica
consolazione è che presumibilmente in questa campagna elettorale i
“santini” con le foto e biografie dei candidati non ci saranno. Si
risparmierà  in quattrini e buon gusto e la cosa non è da poco.
Se vince le elezioni, il centrosinistra come farà  ad affrontare i
problemi se non scommette anche sulla partecipazione della gente?
Riformare ciò che la destra ha imposto in questi anni, sarà 
possibile senza una grande ondata democratica che solleciti
intelligenze e passioni?
Ieri Prodi ha presentato il suo programma di governo. Bene era
ora. Gli incontentabili sostengono che al di là  delle singole
scelte ciò che manca è un’anima riformatrice. E’ assente la
semplicità  dello slogan comprensibile alla gente. Insomma non è
contemplata la sloganistica tipo: “pace e lavoro”. Non sarebbe
grave se la sostanza delle proposte si muove in direzioni
completamente diverse da quelle del governo Berlusconi e anche da
quelle del primo governo Prodi. Governi assolutamente diversi che
però hanno avuto un tratto in comune. Non certo l’arroganza delle
leggi personali o la volgarità  leghista, piuttosto l’accettazione
dell’ideologia liberista imperante nonostante i suoi fallimenti.
Che il mercato sia un riferimento decisivo nel mondo globalizzato
è un’ovvietà  accettata da tutti. Ciò che non è più accettabile è
un mercato senza regole o che ha regole che riguardino soltanto la
libertà  della precarizzazione del lavoro a vantaggio della
speculazione finanziaria. Prodi ha detto che il suo sarà  un
governo che lotterà  contro la precarietà  dei giovani lavoratori.
Sembra essere una scelta saggia. L’Unione ha un senso soltanto se
riscopre le sue radici sociali e su questo costruisce il programma
di governo. L’antiberlusconismo non basterà  per risolvere i drammi
del Paese.
Corriere dell’Umbria 12 febbraio 2006

L’Unione riscopra le radici

Il decreto di scioglimento lo ha firmato il presidente Ciampi. La
XIV legislatura del Parlamento giunge a conclusione.
Che Paese lascia il quinquennio dell’era berlusconiana? Ognuno di
noi può fare i suoi conti. Materiali innanzitutto. Ed è fuori
discussione che la maggioranza degli italiani ha subito un
ridimensionamento economico pesante. Il dato che prevale è quello
dell’incertezza per il futuro proprio e per quello dei più
giovani. Si sostiene, come se fosse un fatto naturale, che le
nuove generazioni non avranno alcuna protezione pensionistica. Le
pensioni attuali nel tempo si ridimensioneranno, ci assicurano gli
esperti. Già oggi le pensioni in essere hanno perso potere
d’acquisto e una parte consistente del lavoro giovanile non ha
alcuna decente copertura assicurativa. In genere è continuato, in
questi anni di governo della destra, il processo di spostamento
della ricchezza nazionale dal mondo del lavoro a quello della
rendita finanziaria. I poveri sono diventati più poveri e i ricchi
più ricchi ed anche le fasce medie hanno subito un duro colpo nei
redditi e nelle prospettive personali e della propria famiglia. Lo
stesso mondo delle imprese economiche ha sofferto della crisi. Il
centrodestra ha rappresentato bene gli interessi del propri
elettori? Sarebbe troppo semplice. Molti elettori di Fini o di
Casini appartengono al ceto medio e al mondo del lavoro, purtroppo
le scellerate politiche economiche hanno premiato altri settori
della società italiana. Se un governo deve essere giudicato per
quello che ha fatto, non ci sarebbe partita. E’ per questo che
Berlusconi ha spostato l’asse della discussione enfatizzando la
battaglia ideologica contro il comunismo. Non è un’idea balzana.
Anche se rimane complesso dimostrare che Bertinotti si accinge a
conquistare “il palazzo d’Inverno”, Berlusconi punta a mobilitare
il ventre molle del paese a partire dal disprezzo per la sinistra.
Tutto e tutti coloro che non alzano la bandiera del berlusconismo
non possono che essere strumenti del comunismo rampante.
Sottovalutare il cavaliere sarebbe sbagliato. In realtà Lui
l’Italia è riuscito a cambiarla davvero. Ognuno può stabilire se
in meglio o in peggio, ma il mutamento è stato radicale in
moltissimi settori a cominciare dal ruolo della politica in una
società complessa come quella italiana. Berlusconi ha
rappresentato al meglio l’antipolitica come strumento di governo
aiutato in questo da commentatori interessati, da cerchiobottisti
e da gravi errori del centrosinistra. La telenovela degli scontri
televisivi ha portato acqua all’impostazione politica del
cavaliere non certo alla credibilità del centrosinistra.
Un altro bilancio bisogna saper fare. Che comunità è oggi
l’Italia? Le istituzioni squassate da una tempesta di polemiche e
da leggi improvvisate e distruttive di regole. Una società meno
solidale in cui il rapporto tra cittadino e interesse pubblico è
peggiorato ulteriormente senza che una politica diversa sia stata
percepibile dal senso comune delle grandi masse. Il centrosinistra
è stato negli anni diviso nei programmi e la sua classe dirigente
non ha saputo avere una immagine forte e credibile. La leaderite è
stata la componente essenziale di gran parte dei gruppi dirigenti
a discapito dell’interesse a costruire un’alternativa possibile al
berlusconismo. La “videocrazia” non è stato strumento del solo
cavaliere do Arcore. Ci si affida allo scontro TV, sperando nella
correttezza dei conduttori. La democrazia è stata spesso un
optional anche per tanti unionisti. I partiti anche del
centrosinistra, rimangono fragili agglomerati di apparati dove
iscritti e militanti hanno ruoli e compiti che non incidono mai
sulle decisioni essenziali. Una risposta, per quanto ambigua,
poteva essere il meccanismo delle primarie. Strumento che è stato
utilizzato con parsimonia. Subito più che voluto non è stato il
procedimento di mobilitazione per la campagna elettorale. Intanto
gli eletti sono stati decisi anche dall’Unione a Roma senza che
ciò suonasse scandalo per nessuno. All’elettore spetta soltanto
scegliere il simbolo del partito, l’eletto è già stabilito. Unica
consolazione è che presumibilmente in questa campagna elettorale i
“santini” con le foto e biografie dei candidati non ci saranno. Si
risparmierà in quattrini e buon gusto e la cosa non è da poco.
Se vince le elezioni, il centrosinistra come farà ad affrontare i
problemi se non scommette anche sulla partecipazione della gente?
Riformare ciò che la destra ha imposto in questi anni, sarà
possibile senza una grande ondata democratica che solleciti
intelligenze e passioni?
Ieri Prodi ha presentato il suo programma di governo. Bene era
ora. Gli incontentabili sostengono che al di là delle singole
scelte ciò che manca è un’anima riformatrice. E’ assente la
semplicità dello slogan comprensibile alla gente. Insomma non è
contemplata la sloganistica tipo: “pace e lavoro”. Non sarebbe
grave se la sostanza delle proposte si muove in direzioni
completamente diverse da quelle del governo Berlusconi e anche da
quelle del primo governo Prodi. Governi assolutamente diversi che
però hanno avuto un tratto in comune. Non certo l’arroganza delle
leggi personali o la volgarità leghista, piuttosto l’accettazione
dell’ideologia liberista imperante nonostante i suoi fallimenti.
Che il mercato sia un riferimento decisivo nel mondo globalizzato
è un’ovvietà accettata da tutti. Ciò che non è più accettabile è
un mercato senza regole o che ha regole che riguardino soltanto la
libertà della precarizzazione del lavoro a vantaggio della
speculazione finanziaria. Prodi ha detto che il suo sarà un
governo che lotterà contro la precarietà dei giovani lavoratori.
Sembra essere una scelta saggia. L’Unione ha un senso soltanto se
riscopre le sue radici sociali e su questo costruisce il programma
di governo. L’antiberlusconismo non basterà per risolvere i drammi
del Paese.
Corriere dell’Umbria 12 febbraio 2006

UNIPOL, una solidarietà  che non c’è

Quel movimento di massa riconducibile alla cooperazione tra gli
uomini e le donne, diffusosi dall’Inghilterra della rivoluzione
industriale come difesa dalla crudeltà  delle condizioni di vita
dei lavoratori, ha storicamente avuto limpidi scopi: produrre
ricchezza in modo solidale, avere assistenza, difendere il proprio
potere di acquisto. Quel moto realizzato dal movimento operaio è
cresciuto negli anni in ogni angolo del globo.
Nel mondo globalizzato le persone che lavorano in forma
cooperativa, aderenti all’Alleanza Cooperativa Internazionale,
sono oltre 750 milioni. L’ACI è un’associazione che non ha uguali
per numero di organizzati e per diffusione.
Il terzo settore italiano rappresenta una parte significativa
della struttura economica del Paese ed è l’unico che dalla crisi
degli anni ’90 è uscito ristrutturandosi anche allargando la
propria base economica ed occupazionale. Settori strategici come
la grande distribuzione hanno come protagoniste fondamentali
imprese cooperative, uniche a contrastare le grandi corporation
europee e mondiali del settore. Soltanto una sorta di cieco
provincialismo può considerare le cooperative come un fatto
residuale dei vecchi movimenti solidaristici dell’ottocento. Le
coop sono le imprese che più crescono nel nostro Paese da qui
bisogna partire.
L’esplodere dell’affair “Unipol-BNL” ha prodotto una violenta
polemica non solo tra i berluscones e i diesse, ma anche
all’interno di tutto il centrosinistra. Non si tratta di un
complotto, ma di qualcosa di più bizzarro. Non è stravagante
accusare Fassino perchè si è interessato di come andava l’OPA di
Unipol sulla BNL? Il capo del maggior partito italiano non deve
essere informato di un fatto economico di tale rilevanza? Che cosa
centra la commistione tra affari e politica? Dei comportamenti e
dei rapporti di Consorte con gli “scalatori” di RCS e di
Ambronveneta è responsabile Consorte non certo il segretario
diessino. Tifare per Abete è consentito e per l’Unipol no? Perchè?
La “colpa” della sinistra è di ben altra natura. Ed è tutta
politica. Ideologica si potrebbe dire, gli affari centrano poco.
Uno storico dirigente della sinistra, Bruno Trentin, ha scritto
che il mondo della cooperazione ha perso l’anima. L’onorevole
Bersani ha detto che le “coop hanno cambiato faccia e natura”
senza che i diesse ne razionalizzassero il cambiamento. Non sono
affermazioni di poco conto, ma bisogna andare più a fondo del
problema. L’analisi forse confermerebbe che inseguire l’avversario
politico utilizzando la stessa concezione del mondo porta in una
strada in cui è la sinistra che può perdere l’anima. E’ ormai
introitato anche nella sinistra l’idea che la politica è la
semplice gestione dell’esistente all’interno di orizzonti fissati
dall’ideologia liberista imperante. Nessuna riflessione seria è
stata fatta. Ad esempio, sulla politica delle privatizzazioni. Con
quelle già  realizzate è migliorata la concorrenza? I consumatori
hanno tratto qualche vantaggio o le tariffe sono aumentate e i
servizi peggiorati? Anche il mondo delle coop ha subito il fascino
del libero mercato e delle governance fatte dai manager che
decidono tutto sulla testa dei soci e dei lavoratori?
Bisognerebbe discutere di questo dando per acquisito che una
sinistra senza etica non può vivere. Cooperare senza una forte
eticità  non avrebbe senso. La discussione dovrebbe essere
trasparente e non può riguardare solo i DS. Ritenere che si potrà 
lucrare qualche voto dalla difficoltà  di Fassino e D’Alema è un
grave errore sia per Rutelli che per gli altri unionisti.
L’Unione può battere la destra soltanto se i diessini riusciranno
a contrastare la campagna mediatica che si è scatenata contro di
loro. Quando il maggior quotidiano italiano pubblica quindici
pagine di notizie, interviste e commenti sulla vicenda
dell’Unipol, forse non si deve parlare di complotto, ma c’entra
poco anche la libertà  d’informazione.
Utile sarebbe, per il centrosinistra, evitare forzature che
c’entrano poco con la morale che, insisto, è un pre-condizione per
un dirigente della sinistra. Un palpito leggero di solidarietà 
sarebbe educato tra alleati.
Il segretario umbro di Rifondazione ha, attraverso l’agenzia del
consiglio regionale, espresso giudizi molto aspri rispetto alle
intercettazioni delle telefonate di Fassino. Giudizi che non
aiuteranno la discussione. Ma più interessanti sono le
dichiarazione di Vinti sul mondo della cooperazione anche umbra.
Vinti dice: “”¦il movimento cooperativo recuperi valori fondanti ed
originari”¦Per farlo è necessario che le risorse, spesso di
provenienza pubblica, siano investite per accrescere la qualità 
del lavoro, accantonando ogni tentazione di sfruttamento delle
quali vediamo esempi in alcune cooperative sociali, anche umbre,
nelle quali troppo spesso si sacrifica la stessa dignità  del socio
lavoratore.” Punto a capo, si potrebbe dire. Vinti è un
consigliere regionale che altre volte ha affrontato, con
comunicati, la questione delle cooperative sociali umbre.
Rifondazione è al potere nella nostra regione. Possibile che
nessuno si senta in dovere di dire qualcosa in merito a quanto
denunciato dal segretario? E il segretario non ha altri strumenti
d’intervento su un problema così delicato?
Comincia alla grande il 2006. Scopriamo che Berlusconi facendo
politica ci ha rimesso quattrini. Eravamo convinti del contrario
fuorviati dalla propaganda comunista. Evidentemente lo stato
patrimoniale della famiglia Berlusconi nel 1994, l’anno della
scesa in campo del cavaliere, era migliore dello stato
patrimoniale del 2005. I bilanci di Fininvest e di Mediaset dicono
il contrario, ma forse si tratta di errori di stampa.
Corriere dell’Umbria 8 gennaio 2005

UNIPOL, una solidarietà che non c’è

Quel movimento di massa riconducibile alla cooperazione tra gli
uomini e le donne, diffusosi dall’Inghilterra della rivoluzione
industriale come difesa dalla crudeltà delle condizioni di vita
dei lavoratori, ha storicamente avuto limpidi scopi: produrre
ricchezza in modo solidale, avere assistenza, difendere il proprio
potere di acquisto. Quel moto realizzato dal movimento operaio è
cresciuto negli anni in ogni angolo del globo.
Nel mondo globalizzato le persone che lavorano in forma
cooperativa, aderenti all’Alleanza Cooperativa Internazionale,
sono oltre 750 milioni. L’ACI è un’associazione che non ha uguali
per numero di organizzati e per diffusione.
Il terzo settore italiano rappresenta una parte significativa
della struttura economica del Paese ed è l’unico che dalla crisi
degli anni ’90 è uscito ristrutturandosi anche allargando la
propria base economica ed occupazionale. Settori strategici come
la grande distribuzione hanno come protagoniste fondamentali
imprese cooperative, uniche a contrastare le grandi corporation
europee e mondiali del settore. Soltanto una sorta di cieco
provincialismo può considerare le cooperative come un fatto
residuale dei vecchi movimenti solidaristici dell’ottocento. Le
coop sono le imprese che più crescono nel nostro Paese da qui
bisogna partire.
L’esplodere dell’affair “Unipol-BNL” ha prodotto una violenta
polemica non solo tra i berluscones e i diesse, ma anche
all’interno di tutto il centrosinistra. Non si tratta di un
complotto, ma di qualcosa di più bizzarro. Non è stravagante
accusare Fassino perché si è interessato di come andava l’OPA di
Unipol sulla BNL? Il capo del maggior partito italiano non deve
essere informato di un fatto economico di tale rilevanza? Che cosa
centra la commistione tra affari e politica? Dei comportamenti e
dei rapporti di Consorte con gli “scalatori” di RCS e di
Ambronveneta è responsabile Consorte non certo il segretario
diessino. Tifare per Abete è consentito e per l’Unipol no? Perché?
La “colpa” della sinistra è di ben altra natura. Ed è tutta
politica. Ideologica si potrebbe dire, gli affari centrano poco.
Uno storico dirigente della sinistra, Bruno Trentin, ha scritto
che il mondo della cooperazione ha perso l’anima. L’onorevole
Bersani ha detto che le “coop hanno cambiato faccia e natura”
senza che i diesse ne razionalizzassero il cambiamento. Non sono
affermazioni di poco conto, ma bisogna andare più a fondo del
problema. L’analisi forse confermerebbe che inseguire l’avversario
politico utilizzando la stessa concezione del mondo porta in una
strada in cui è la sinistra che può perdere l’anima. E’ ormai
introitato anche nella sinistra l’idea che la politica è la
semplice gestione dell’esistente all’interno di orizzonti fissati
dall’ideologia liberista imperante. Nessuna riflessione seria è
stata fatta. Ad esempio, sulla politica delle privatizzazioni. Con
quelle già realizzate è migliorata la concorrenza? I consumatori
hanno tratto qualche vantaggio o le tariffe sono aumentate e i
servizi peggiorati? Anche il mondo delle coop ha subito il fascino
del libero mercato e delle governance fatte dai manager che
decidono tutto sulla testa dei soci e dei lavoratori?
Bisognerebbe discutere di questo dando per acquisito che una
sinistra senza etica non può vivere. Cooperare senza una forte
eticità non avrebbe senso. La discussione dovrebbe essere
trasparente e non può riguardare solo i DS. Ritenere che si potrà
lucrare qualche voto dalla difficoltà di Fassino e D’Alema è un
grave errore sia per Rutelli che per gli altri unionisti.
L’Unione può battere la destra soltanto se i diessini riusciranno
a contrastare la campagna mediatica che si è scatenata contro di
loro. Quando il maggior quotidiano italiano pubblica quindici
pagine di notizie, interviste e commenti sulla vicenda
dell’Unipol, forse non si deve parlare di complotto, ma c’entra
poco anche la libertà d’informazione.
Utile sarebbe, per il centrosinistra, evitare forzature che
c’entrano poco con la morale che, insisto, è un pre-condizione per
un dirigente della sinistra. Un palpito leggero di solidarietà
sarebbe educato tra alleati.
Il segretario umbro di Rifondazione ha, attraverso l’agenzia del
consiglio regionale, espresso giudizi molto aspri rispetto alle
intercettazioni delle telefonate di Fassino. Giudizi che non
aiuteranno la discussione. Ma più interessanti sono le
dichiarazione di Vinti sul mondo della cooperazione anche umbra.
Vinti dice: “…il movimento cooperativo recuperi valori fondanti ed
originari…Per farlo è necessario che le risorse, spesso di
provenienza pubblica, siano investite per accrescere la qualità
del lavoro, accantonando ogni tentazione di sfruttamento delle
quali vediamo esempi in alcune cooperative sociali, anche umbre,
nelle quali troppo spesso si sacrifica la stessa dignità del socio
lavoratore.” Punto a capo, si potrebbe dire. Vinti è un
consigliere regionale che altre volte ha affrontato, con
comunicati, la questione delle cooperative sociali umbre.
Rifondazione è al potere nella nostra regione. Possibile che
nessuno si senta in dovere di dire qualcosa in merito a quanto
denunciato dal segretario? E il segretario non ha altri strumenti
d’intervento su un problema così delicato?
Comincia alla grande il 2006. Scopriamo che Berlusconi facendo
politica ci ha rimesso quattrini. Eravamo convinti del contrario
fuorviati dalla propaganda comunista. Evidentemente lo stato
patrimoniale della famiglia Berlusconi nel 1994, l’anno della
scesa in campo del cavaliere, era migliore dello stato
patrimoniale del 2005. I bilanci di Fininvest e di Mediaset dicono
il contrario, ma forse si tratta di errori di stampa.
Corriere dell’Umbria 8 gennaio 2005

La corsa all’oro delle poltrone

Soltanto poche settimane or sono era capo del governo tedesco e
leader incontrastato della socialdemocrazia di quel grande Paese.
Uscito politicamente di scena, ha assunto la presidenza del
consiglio di sorveglianza della North Gas Pipe Line una società 
russo-tedesca, per la distribuzione del gas estratto nella patria
di Putin.
La scelta di Gerhard Schoeder ha provocato vari ed aspri commenti
in Europa.
Succede sempre più spesso che l’intreccio tra politica e affari si
espliciti in scelte individuali che non sono semplicemente
riconducibili a cadute di stile. Certo anche lo stile c’entra
qualcosa per l’ex capo della Spd, ma il problema è più profondo e
complesso.
Imputare a Schoeder un comportamento “anomalo” impedisce di capire
quanto profonda è ormai la crisi della politica, Ciò che prevale
sono gli interessi dei grandi e piccoli potentati economici. Già 
in Germania molti ex ministri sono stati cooptati come alti
manager da società  economiche tedesche ed è diffusa nel mondo
l’abitudine della dirigenza politica a sollecitare risorse
finanziare per campagne elettorali sempre più costose. E
Berlusconi ha fatto scuola: l’economia può benissimo scendere
direttamente in campo in politica evitando così la fatica di
mettere al potere qualche proprio “dipendente”. E’ risaputo che il
conflitto d’interessi è una invenzione dei comunisti, considerarlo
è comunque una arcaica esigenza .
E’ noto che una parte decisiva dell’Amministrazione di G.W.Bush è
composta da rappresentanti delle grandi corporation americane
chiamati a svolgere il ruolo di ministro o di sottosegretario.
E la politica del Presidente USA è ovviamente condizionata dagli
interessi dei lobbisti che siedono direttamente nel Gabinetto
presidenziale.
La prima esigenza di un qualsiasi candidato a qualche carica è
quella di aggregare risorse ed interessi: senza quattrini non si
vincono le elezioni. Così le multinazionali, non solo Usa, cercano
protezione attraverso un diffuso e trasparente meccanismo di
lobbies, controllano il processo legislativo e impediscono che
Senato e Camera dei Rappresentanti deliberino leggi in conflitto
con i propri interessi d’impresa. L’etica e i valori dominanti
sono esclusivamente quelli che servono ad aumentare il valore
delle azioni di Borsa.
Che cosa è oggi l’attività  politica? Un tempo c’erano coloro che
vivevano per la politica, non moltissimi ma nemmeno pochi. Gli
stipendi e prebende che ricevevano erano in genere non
entusiasmanti e non a caso pochi correvano per stare in qualche
lista elettorale.
Oggi c’è ne sono moltissimi che vivono di politica le retribuzioni
per incarichi pubblici non sono proprio insignificanti. La corsa
alle poltrone ha assunto le caratteristiche della corsa all’oro
nella California dell’ottocento. La nuova frontiera da noi è
entrare nel circolo degli eletti da qualche parte sia anche un
consiglio di quartiere. Da cosa nasce cosa.
Gli onorevoli Cesare Salvi e Massimo Villone hanno scritto un
saggio titolato “Il costo della democrazia”. Si tratta di un libro
significativo che interrompe un cupo silenzio su quanto è successo
negli ultimi dieci-quindici anni nelle retribuzioni del ceto
politico allargato e nei meccanismi di gestione della struttura
pubblica. E Berlusconi c’entra molto meno dell’onorevole Bassanini
nelle scelte fatte per arrivare all’attuale situazione.
Sapete a quanto ammonta il numero di coloro che vivono grazie alle
retribuzioni di quella che Massimo D’Alema ha chiamato la ”
Politica S.p.A”? Sono tra le ottocentomila al milione di persone
che percepiscono indennità , stipendi e prebende grazie alla
politica. Secondo gli estensori del libro, il costo si aggira
attorno ai tre, quattro miliardi di euro all’anno. Una casta
costosissima che in genere non si confronta con l’amato mercato.
Sono cifre che lasciano interdetti e attoniti. E’ convinzione
diffusa che la politica serve ormai a poco e i partiti sono
considerati inaffidabili e privi di qualsiasi appeal, ma essere
dentro l’elite politico-amministrativa può cambiarti la vita.
La politica è veramente in un angolo e tutto lo dimostra. Perchè è
successo? Non si tratta di problema esclusivamente italiano, ma in
Italia il degrado è stato forse più accelerato.
Come stiamo in Umbria? Non ci sono studi al riguardo e forse
sarebbe utile conoscere quanti dipendenti ha la “Politica Umbra
S.p.A”.
La presidente Lorenzetti ha più volte ripetuto l’impegno per una
riforma endoregionale capace di tagliare e innovare la struttura
pubblica. Con la massima fiducia nelle intenzioni suggeriamo di
affrontare anche la questione del perchè sia scomparso lo stesso
concetto di volontariato nella politica. Si scoprirà  forse che non
si tratta di una complessiva caduta dell’etica. Molte
organizzazioni vivono nella società  grazie al volontariato di
giovani e di meno giovani. Forse si tratta di lavorare affinchè la
politica e l’amministrare il bene pubblico ritrovino un senso e
producano valori e progetti capaci di mobilitare la gente.
Ottenere questo non sarà  facile. La pur forte maggioranza che
gestisce la Regione sembra dividersi su molte cose. Non sono un
tuttologo e quindi non posso esprimere valutazioni rispetto alla
legge sul “Sistema integrato per i servizi socio integrativi della
prima infanzia” approvata recentemente con il voto contrario di
Rifondazione. Quello che risulta evidente è il dato politico:
maggioranze consiliari variabili su questioni importanti non
aiutano a dare credibilità  e forza alla politica.
Corriere dell’Umbria 18 dicembre 2005

La corsa all’oro delle poltrone

Soltanto poche settimane or sono era capo del governo tedesco e
leader incontrastato della socialdemocrazia di quel grande Paese.
Uscito politicamente di scena, ha assunto la presidenza del
consiglio di sorveglianza della North Gas Pipe Line una società
russo-tedesca, per la distribuzione del gas estratto nella patria
di Putin.
La scelta di Gerhard Schoeder ha provocato vari ed aspri commenti
in Europa.
Succede sempre più spesso che l’intreccio tra politica e affari si
espliciti in scelte individuali che non sono semplicemente
riconducibili a cadute di stile. Certo anche lo stile c’entra
qualcosa per l’ex capo della Spd, ma il problema è più profondo e
complesso.
Imputare a Schoeder un comportamento “anomalo” impedisce di capire
quanto profonda è ormai la crisi della politica, Ciò che prevale
sono gli interessi dei grandi e piccoli potentati economici. Già
in Germania molti ex ministri sono stati cooptati come alti
manager da società economiche tedesche ed è diffusa nel mondo
l’abitudine della dirigenza politica a sollecitare risorse
finanziare per campagne elettorali sempre più costose. E
Berlusconi ha fatto scuola: l’economia può benissimo scendere
direttamente in campo in politica evitando così la fatica di
mettere al potere qualche proprio “dipendente”. E’ risaputo che il
conflitto d’interessi è una invenzione dei comunisti, considerarlo
è comunque una arcaica esigenza .
E’ noto che una parte decisiva dell’Amministrazione di G.W.Bush è
composta da rappresentanti delle grandi corporation americane
chiamati a svolgere il ruolo di ministro o di sottosegretario.
E la politica del Presidente USA è ovviamente condizionata dagli
interessi dei lobbisti che siedono direttamente nel Gabinetto
presidenziale.
La prima esigenza di un qualsiasi candidato a qualche carica è
quella di aggregare risorse ed interessi: senza quattrini non si
vincono le elezioni. Così le multinazionali, non solo Usa, cercano
protezione attraverso un diffuso e trasparente meccanismo di
lobbies, controllano il processo legislativo e impediscono che
Senato e Camera dei Rappresentanti deliberino leggi in conflitto
con i propri interessi d’impresa. L’etica e i valori dominanti
sono esclusivamente quelli che servono ad aumentare il valore
delle azioni di Borsa.
Che cosa è oggi l’attività politica? Un tempo c’erano coloro che
vivevano per la politica, non moltissimi ma nemmeno pochi. Gli
stipendi e prebende che ricevevano erano in genere non
entusiasmanti e non a caso pochi correvano per stare in qualche
lista elettorale.
Oggi c’è ne sono moltissimi che vivono di politica le retribuzioni
per incarichi pubblici non sono proprio insignificanti. La corsa
alle poltrone ha assunto le caratteristiche della corsa all’oro
nella California dell’ottocento. La nuova frontiera da noi è
entrare nel circolo degli eletti da qualche parte sia anche un
consiglio di quartiere. Da cosa nasce cosa.
Gli onorevoli Cesare Salvi e Massimo Villone hanno scritto un
saggio titolato “Il costo della democrazia”. Si tratta di un libro
significativo che interrompe un cupo silenzio su quanto è successo
negli ultimi dieci-quindici anni nelle retribuzioni del ceto
politico allargato e nei meccanismi di gestione della struttura
pubblica. E Berlusconi c’entra molto meno dell’onorevole Bassanini
nelle scelte fatte per arrivare all’attuale situazione.
Sapete a quanto ammonta il numero di coloro che vivono grazie alle
retribuzioni di quella che Massimo D’Alema ha chiamato la “
Politica S.p.A”? Sono tra le ottocentomila al milione di persone
che percepiscono indennità, stipendi e prebende grazie alla
politica. Secondo gli estensori del libro, il costo si aggira
attorno ai tre, quattro miliardi di euro all’anno. Una casta
costosissima che in genere non si confronta con l’amato mercato.
Sono cifre che lasciano interdetti e attoniti. E’ convinzione
diffusa che la politica serve ormai a poco e i partiti sono
considerati inaffidabili e privi di qualsiasi appeal, ma essere
dentro l’elite politico-amministrativa può cambiarti la vita.
La politica è veramente in un angolo e tutto lo dimostra. Perché è
successo? Non si tratta di problema esclusivamente italiano, ma in
Italia il degrado è stato forse più accelerato.
Come stiamo in Umbria? Non ci sono studi al riguardo e forse
sarebbe utile conoscere quanti dipendenti ha la “Politica Umbra
S.p.A”.
La presidente Lorenzetti ha più volte ripetuto l’impegno per una
riforma endoregionale capace di tagliare e innovare la struttura
pubblica. Con la massima fiducia nelle intenzioni suggeriamo di
affrontare anche la questione del perché sia scomparso lo stesso
concetto di volontariato nella politica. Si scoprirà forse che non
si tratta di una complessiva caduta dell’etica. Molte
organizzazioni vivono nella società grazie al volontariato di
giovani e di meno giovani. Forse si tratta di lavorare affinché la
politica e l’amministrare il bene pubblico ritrovino un senso e
producano valori e progetti capaci di mobilitare la gente.
Ottenere questo non sarà facile. La pur forte maggioranza che
gestisce la Regione sembra dividersi su molte cose. Non sono un
tuttologo e quindi non posso esprimere valutazioni rispetto alla
legge sul “Sistema integrato per i servizi socio integrativi della
prima infanzia” approvata recentemente con il voto contrario di
Rifondazione. Quello che risulta evidente è il dato politico:
maggioranze consiliari variabili su questioni importanti non
aiutano a dare credibilità e forza alla politica.
Corriere dell’Umbria 18 dicembre 2005