L’evoluzione della democrazia

Siamo abituati a pensare che lo scopo di un partito o di un movimento politico sia quello, in regime democratico, di conquistare consensi per cambiare o conservare un modello di società utilizzando le sedi previste per prendere le decisioni di legge necessarie ad attuare il programma con il quale è stato chiesto il voto. In Italia vige un sistema democratico basato sulle assemblee elettive che eleggono il governo. Questo modello di democrazia incentrata sulla rappresentanza sembra non reggere più. Con la nascita dei partiti personali la natura della democrazia cambia radicalmente. (altro…)

L’evoluzione della democrazia

Siamo abituati a pensare che lo scopo di un partito o di un movimento politico sia quello, in regime democratico, di conquistare consensi per cambiare o conservare un modello di società  utilizzando le sedi previste per prendere le decisioni di legge necessarie ad attuare il programma con il quale è stato chiesto il voto. In Italia vige un sistema democratico basato sulle assemblee elettive che eleggono il governo. Questo modello di democrazia incentrata sulla rappresentanza sembra non reggere più. Con la nascita dei partiti personali la natura della democrazia cambia radicalmente. Il leader di un partito o di un movimento, diviene il padre padrone e i militanti, i supporter senza alcun potere se non quello di osannare la leadership. Ciò comporta lo svuotamento delle sedi della democrazia. Il parlamento non è più il luogo del confronto ma soltanto la cassa di risonanza delle decisioni prese altrove. La trasformazione è stata enfatizzata da sistemi elettorali che assegnano ai vertici il potere di nomina dei parlamentari. Il “Porcellum”, voluto dalla destra berlusconiana, non è altro che la formalizzazione di questo degrado della democrazia. L’invenzione di Grillo e del Suo guru, è stata quella di enfatizzare un’altra democrazia possibile e semplice rispetto a quella della rappresentanza. Quella del web, della rete. L’illusione di decidere attraverso un post, un “mi piace” il proprio destino o quello del Paese è un sogno facile da vivere specialmente se c’è un leader che decide poi il tutto. La chiamano democrazia diretta. Non ci sono rappresentanti ma cittadini con vincolo di mandato. L’assemblea in rete come strumento dell’unica democrazia possibile. Se Lenin assegnava tutto il potere ai soviet, ora Grillo grida tutto il potere al blog! Molto glamour e passaggio certamente decisivo per un mondo migliore. Il successo elettorale del M5S ha molte motivazioni. L’indignazione popolare per la mediocrità  del ceto politico non basta da sola a spiegare la vittoria elettorale. Il Paese subisce un impoverimento dovuto a politiche europee sbagliate che hanno provocato una recessione profonda dell’economia reale salvaguardando soltanto il mondo della finanza. Si nega il futuro a intere generazioni di donne e di uomini e si continua a balbettare su tali politiche per timore dei mercati finanziari? Il partito democratico è stato ritenuto corresponsabile tanto quanto Monti del disastro sociale dell’ultimo anno. Quello di Bersani è un partito che non è riuscito a rappresentare a dovere i ceti colpiti dalla crisi. Questo è il punto. In una fase di giusta radicalità , il moderatismo e la ricerca del consenso al centro, ha impedito una vittoria elettorale data troppo presto per acquisita dalla leadership dei democratici. Una parte rilevante dell’elettorato popolare ha scelto di non votare il PD perchè questo partito rimane un amalgama non riuscito. Certo, il partito democratico non ha un padre padrone e rimane l’unico tentativo di autoriforma di un partito. Ma il processo di rinnovamento è troppo lento ai vertici, manca di radicalità  sia nella dirigenza, nei programmi e nel sistema di valori e ideali che vuol rappresentare. E adesso che succederà ? Il blogger, Grillo, continua a rifiutare qualsiasi possibilità  di dialogo con il PD. Il PD, giustamente, rifiuta di formare un governo assieme alla destra berlusconiana. Un governo del Presidente? Chi lo vota? S’ipotizza un governo a scadenza che modifichi la legge elettorale, faccia qualche intervento urgente per l’economia reale e poi nuove elezioni. Banale domanda. Quale dovrà  essere la nuova legge elettorale? Abbiamo due leader, Berlusconi e Grillo, che sono d’accordo almeno su un punto. Loro vogliono governare da soli e con pieni poteri. Berlusconi sostiene da tempo che i pesi e contrappesi previsti dalla carta costituzionale sono inaccettabili. Potere pieno ed esclusivo. Quale legge elettorale consentirebbe di avere un parlamento in grado di modificare alla radice la Costituzione come vuole l’uomo di Arcore? Quella vigente ha consentito alla destra di aver una maggioranza mostruosa eppure Berlusconi si è sentito impotente. Sembra difficile avere una modifica della legge elettorale che realizzi il sogno berlusconiano. Da parte sua Grillo sostiene che non volendo accordi con nessuno, Lui punta ad avere il 100% dei parlamentari. Dal partito unico delle democrazie popolari di triste memoria, al movimento unico dei Grillini come nerbo della democrazia della rete? Evoluzione interessante. Il problema è che nessuno può impedire ai partiti di esistere e di partecipare alle elezioni. Essi non possono essere cassati con un decreto. E’ stato fatto nel passato dal fascismo ma almeno in regime democratico la cancellazione dei partiti non è prevista. Quale legge elettorale vuole Grillo per realizzare il suo progetto di governare da solo? Vista la fiducia assoluta del web, prima del promesso referendum sull’Euro, perchè Grillo non promuove una consultazione in rete rispetto a quanto propone Bersani in termini di leggi da far approvare al Parlamento? Non è obbligatorio allearsi con il PD ma sarebbe una disgrazia sprecare l’occasione di andare oltre la brutta politica di questi anni.
Corriere dell’Umbria 10 marzo 2013

E’ tutto un altro mondo

Il sistema politico italiano in lenta agonia da anni ha cessato di esistere con il voto di domenica scorsa. L’accanimento terapeutico tentato dagli amanti del sistema bipolare è cessato. Grillo ha staccato la spina. E adesso poveruomo? Sembrerebbe che la linea del padre padrone del Movimento sia d’obbligare gli altri partiti a formare un governicchio. Ciò che in democrazia è la norma, discutere tra diversi, per Grillo è il mercato delle vacche. Meglio per Grillo un bel governo con tutti dentro. Bersani, Berlusconi, Monti, Bossi. Un governo che avrebbe una vita grama e durerebbe qualche mese. (altro…)

Berlusconate

In nessuna parte del mondo le elezioni politiche sono un pranzo di gala. I partiti in genere tentano di conquistare voti attraverso programmi volti ad acquisire nuovi voti mantenendo l’elettore solitamente fedele. Anche in Francia o in Gran Bretagna o negli USA si cerca di dimostrare che i competitor sono inadeguati alla bisogna. Le promesse dei partiti sono molto simili. Ad esempio, tutti vogliono abbassare la tassazione. Ed è ovvio perché. Il livello di pressione fiscale è diventato indecente. Nessuno sembra responsabile di ciò così che nessun appare convincente. Non lo è il centrodestra essendo stato il governo che ha prodotto l’aumento delle tasse più rilevante. (altro…)

Centrosinistra, l’ora delle scelte

Perfetto. Bersani ha annunciato che il PD non intende partecipare al cabaret della politica e quindi la campagna elettorale del maggior partito del centrosinistra sarà  incentrata sui problemi del Paese e non sulla ricerca degli effetti speciali che i talk show possono produrre. E’ provato da ogni statistica che il popolo italiano legge poco i giornali e ancor meno i libri. La formazione delle idee e delle scelte politiche dipende molto, c’è chi sostiene esclusivamente, dalla presenza televisiva dei leader e dei leaderini dei partiti e dei movimenti. Particolarità , un’altra, del nostro Paese è stata quella di aver trasformato il dibattito politico in uno spettacolo di guitti. Responsabilità  primaria dell’imbarbarimento è stata del berlusconismo, ma alla costruzione di questo modo di discutere di politica ha partecipato per un ventennio anche il fior fiore degli uomini e delle donne anche del centrosinistra. La scomparsa dei partiti di massa come luogo di formazione e di acculturazione del popolo ha dato un enorme spazio a imbonitori di tutti i colori, sempre alla ricerca del palcoscenico televisivo dove esprimersi spesso urlando e insultando l’avversario e raramente producendo idee non banali. Slogan e battute a effetto sono ormai insopportabili per i più, ha ragione Bersani. La speranza è che questa campagna elettorale rappresenti una svolta e che i partiti riescano a farsi capire dall’elettorato. C’è bisogno di rendere chiaro ciò che si vuol fare per invertire la tendenza recessiva di un Paese che rimane a rischio collasso. I dati dell’ultimo bollettino della Banca d’Italia non lasciano dubbi rispetto alle prospettive negative per i livelli occupazionali e per i vincoli alla ripresa. Secondo la Confindustria, dall’inizio della crisi del 2008 al dicembre 2012, la produzione industriale si è ridotta del venticinque per cento. Cioè l’Italia ha perduto un quarto della capacità  produttiva. Non vogliamo chiamarla depressione in atto? Tra disoccupati e cassa integrati siamo attorno ai tre milioni e duecentomila di donne e uomini senza lavoro. Oltre il trentasette per cento dei giovani sono disoccupati. Tra chi lavora almeno un quarto ha un’occupazione precaria. Basta così? Forse più che di generiche agende professorali c’è bisogno di capire perchè l’Italia è così ridotta. La responsabilità  non può essere imputata al governo Monti. La situazione ereditata era quella che era e il rischio del collasso del debito era nelle cose. Responsabilità  di Monti è stata quella di proseguire nelle politiche di austerità  imposte dall’Europa e portate avanti da Tremonti. Tra il 2011 e il 2012 il governo Berlusconi e quello di Monti hanno imposto cinque manovre fiscali per un totale di tagli per 120 miliardi di Euro. Un salasso all’economia reale di dimensioni epocali. La Banca d’Italia, ma anche il Fondo Monetario, sostiene che le politiche di riduzione del deficit e del debito pubblico non possono funzionare in mancanza di scelte politiche di sviluppo. Che ne pensa al riguardo Bersani e il centrosinistra? Il rispetto dei vincoli comunitari non impedisce un confronto anche aspro per modificare le linee guida delle burocrazie europee e della Germania. Le politiche di austerità  non hanno funzionato. Sono l’esatto contrario di quanto sta avvenendo nell’economia americana che notoriamente non è guidata da estremisti alla Vendola. D’altra parte, non c’è bisogno di essere massimalisti comunisti per capire che senza rinsanguare l’economia reale anche il debito pubblico non potrà  che crescere e lo scempio del già  fragile welfare state italiano non potrà  che rendere precaria la tenuta sociale di un Paese già  stremato. Senza produrre un nuovo sviluppo. In Italia non c’è un eccesso di spesa pubblica rispetto ad altri Paesi europei. Purtroppo la nostra è in parte consistente, inefficiente a causa di apparati burocratici spesso inadeguati e improduttivi. La riconversione della spesa e della burocrazia pubblica sarà  questione primaria del governo che verrà ? Difficile esserne sicuri. Le esperienze passate non sono rassicuranti. La riforma che va sotto il nome dell’onorevole Bassanini ha prodotto una burocrazia dirigenziale molto ben pagata, spesso inamovibile ma non sempre efficace e all’altezza dei compiti da svolgere. Rendere l’apparato pubblico più efficiente significa valorizzare le molte intelligenze presenti nelle strutture pubbliche e investire nelle tecnologie capaci di rendere il rapporto con il cittadino più semplice. L’ideologia dominante è quella che assegna allo Stato un ruolo marginale a vantaggio di un libero mercato senza lacci e laccioli. Basta studiare qualche statistica e si scopre l’inganno. Esemplare quanto succede per la spesa sanitaria nel mondo. Le statistiche dell’organizzazione mondiale della sanità  dimostrano che i Paesi a gestione pubblica sostengono una spesa enormemente inferiore a quelli a sanità  privata. Il centrosinistra vuol continuare con le scelte del governo Monti di taglio alla sanità  pubblica o s’impegna a renderla più efficace, conservando però il diritto alla salute previsto dalla carta Costituzionale? Quali le scelte per produrre nuovo lavoro? Le grandi opere o l’opzione di creare lavoro con interventi diffusi nel territorio a risanamento ambientale? Grandi opere o rendere le fatiscenti scuole pubbliche adeguate in sicurezza e creando spazi adatti ai giovani studenti? Senza modificare il fallimentare modello di sviluppo prevalente in questi decenni il riformismo nostrano rischia di fallire la nuova prova di governo del Paese.
Corriere dell’Umbria 20 gennaio 2013

Centrosinistra, l’ora delle scelte

Perfetto. Bersani ha annunciato che il PD non intende partecipare al cabaret della politica e quindi la campagna elettorale del maggior partito del centrosinistra sarà incentrata sui problemi del Paese e non sulla ricerca degli effetti speciali che i talk show possono produrre. E’ provato da ogni statistica che il popolo italiano legge poco i giornali e ancor meno i libri. La formazione delle idee e delle scelte politiche dipende molto, c’è chi sostiene esclusivamente, dalla presenza televisiva dei leader e dei leaderini dei partiti e dei movimenti. Particolarità, un’altra, del nostro Paese è stata quella di aver trasformato il dibattito politico in uno spettacolo di guitti. Responsabilità primaria dell’imbarbarimento è stata del berlusconismo, ma alla costruzione di questo modo di discutere di politica ha partecipato per un ventennio anche il fior fiore degli uomini e delle donne anche del centrosinistra. La scomparsa dei partiti di massa come luogo di formazione e di acculturazione del popolo ha dato un enorme spazio a imbonitori di tutti i colori, sempre alla ricerca del palcoscenico televisivo dove esprimersi spesso urlando e insultando l’avversario e raramente producendo idee non banali. Slogan e battute a effetto sono ormai insopportabili per i più, ha ragione Bersani. La speranza è che questa campagna elettorale rappresenti una svolta e che i partiti riescano a farsi capire dall’elettorato. C’è bisogno di rendere chiaro ciò che si vuol fare per invertire la tendenza recessiva di un Paese che rimane a rischio collasso. I dati dell’ultimo bollettino della Banca d’Italia non lasciano dubbi rispetto alle prospettive negative per i livelli occupazionali e per i vincoli alla ripresa. Secondo la Confindustria, dall’inizio della crisi del 2008 al dicembre 2012, la produzione industriale si è ridotta del venticinque per cento. Cioè l’Italia ha perduto un quarto della capacità produttiva. Non vogliamo chiamarla depressione in atto? Tra disoccupati e cassa integrati siamo attorno ai tre milioni e duecentomila di donne e uomini senza lavoro. Oltre il trentasette per cento dei giovani sono disoccupati. Tra chi lavora almeno un quarto ha un’occupazione precaria. Basta così? Forse più che di generiche agende professorali c’è bisogno di capire perché l’Italia è così ridotta. La responsabilità non può essere imputata al governo Monti. La situazione ereditata era quella che era e il rischio del collasso del debito era nelle cose. Responsabilità di Monti è stata quella di proseguire nelle politiche di austerità imposte dall’Europa e portate avanti da Tremonti. Tra il 2011 e il 2012 il governo Berlusconi e quello di Monti hanno imposto cinque manovre fiscali per un totale di tagli per 120 miliardi di Euro. Un salasso all’economia reale di dimensioni epocali. La Banca d’Italia, ma anche il Fondo Monetario, sostiene che le politiche di riduzione del deficit e del debito pubblico non possono funzionare in mancanza di scelte politiche di sviluppo. Che ne pensa al riguardo Bersani e il centrosinistra? Il rispetto dei vincoli comunitari non impedisce un confronto anche aspro per modificare le linee guida delle burocrazie europee e della Germania. Le politiche di austerità non hanno funzionato. Sono l’esatto contrario di quanto sta avvenendo nell’economia americana che notoriamente non è guidata da estremisti alla Vendola. D’altra parte, non c’è bisogno di essere massimalisti comunisti per capire che senza rinsanguare l’economia reale anche il debito pubblico non potrà che crescere e lo scempio del già fragile welfare state italiano non potrà che rendere precaria la tenuta sociale di un Paese già stremato. Senza produrre un nuovo sviluppo. In Italia non c’è un eccesso di spesa pubblica rispetto ad altri Paesi europei. Purtroppo la nostra è in parte consistente, inefficiente a causa di apparati burocratici spesso inadeguati e improduttivi. La riconversione della spesa e della burocrazia pubblica sarà questione primaria del governo che verrà? Difficile esserne sicuri. Le esperienze passate non sono rassicuranti. La riforma che va sotto il nome dell’onorevole Bassanini ha prodotto una burocrazia dirigenziale molto ben pagata, spesso inamovibile ma non sempre efficace e all’altezza dei compiti da svolgere. Rendere l’apparato pubblico più efficiente significa valorizzare le molte intelligenze presenti nelle strutture pubbliche e investire nelle tecnologie capaci di rendere il rapporto con il cittadino più semplice. L’ideologia dominante è quella che assegna allo Stato un ruolo marginale a vantaggio di un libero mercato senza lacci e laccioli. Basta studiare qualche statistica e si scopre l’inganno. Esemplare quanto succede per la spesa sanitaria nel mondo. Le statistiche dell’organizzazione mondiale della sanità dimostrano che i Paesi a gestione pubblica sostengono una spesa enormemente inferiore a quelli a sanità privata. Il centrosinistra vuol continuare con le scelte del governo Monti di taglio alla sanità pubblica o s’impegna a renderla più efficace, conservando però il diritto alla salute previsto dalla carta Costituzionale? Quali le scelte per produrre nuovo lavoro? Le grandi opere o l’opzione di creare lavoro con interventi diffusi nel territorio a risanamento ambientale? Grandi opere o rendere le fatiscenti scuole pubbliche adeguate in sicurezza e creando spazi adatti ai giovani studenti? Senza modificare il fallimentare modello di sviluppo prevalente in questi decenni il riformismo nostrano rischia di fallire la nuova prova di governo del Paese.
Corriere dell’Umbria 20 gennaio 2013