La situazione politica ed istituzionale in Umbria è in
fibrillazione. Montano tensioni tra i partiti e riesplodono
campanilismi e particolarismi che lasciano presagire bufere quando
emergerà in tutta la sua gravità la crisi della finanza pubblica.
Il ritorno di Tremonti al ministero dell’economia non è
rassicurante per nessuno, figuriamoci per gli amministratori
locali. La tendenza di scaricare in periferia i disastri dei conti
pubblici sarà rafforzata certamente dalla finanziaria che il
risorto ministro si appresta ad elaborare. Tempi duri quindi per
sindaci e presidenti. Durissimi per gli amministrati.
La sfida dei prossimi anni sarà tutta politica e soltanto una
grande capacità politica potrà permettere alle classi dirigenti di
guidare una fase in cui la spesa pubblica tenderà a
ridimensionarsi. Per questo è necessario innovare le strutture da
riformare perchè inutili o inefficaci e procedere ad una riforma
della politica e del suo modo di essere. Il costo della politica è
eccessivo. Lo dice Prodi e lo dicono molti altri. E principalmente
lo pensa la gente comune. Prebende e privilegi dovranno essere
ridimensionati. Vuoi vedere che se si tagliano i guadagni e
ritorna l’etica di un po’ di lavoro volontario la rincorsa alla
carriera non sarà più così violenta?
Non è tempo che la politica torni a svolgere il ruolo che gli
compete a partire dal lavorare per l’interesse pubblico? E’
urgente interrompere il meccanismo del carrierismo politico. Male
non solo italiano, ma che in Italia ha assunto caratteri da
repubblica delle banane. Non si va da nessuna parte con politici
che costruiscono le loro corti come arcaici feudatari.
Fuori la politica dalla gestione? La scelta dell’aziendalizzazione
di tutto è stata micidiale. Ad esempio, il criterio di valutazione
di un manager della sanità è esclusivamente quello della capacità
di risparmio. La sanità , lo dice la parola stessa, dovrebbe
guardare alla salute pubblica e chi ci lavora dovrebbe essere
giudicato per la capacità di far curare bene i malati. E invece
non è così. Si sceglie con un criterio di appartenenza politica o
peggio al club personale e se il manager sa far di conto è
ritenuto sufficiente anche se per un intervento chirurgico puoi
aspettare molti mesi.
L’Università di Perugia ha disdetto la convenzione che regola i
rapporti con l’Ente regionale nelle materie della sanità . La
scelta dell’ateneo non è cosa da poco. E fanno bene gli
amministratori regionali ed il rettore a lavorare per ritrovare
un’intesa positiva che rassicuri prima di tutto l’utenza. Si sa
che gli interessi in campo sono molteplici e non sempre
trasparenti. La vecchia divisione tra personale ospedaliero e
quello universitario ogni tanto produce tensioni e incomprensioni.
Ci vuole molta pazienza rifuggendo da pregiudizi inutili. Ad
esempio, è sciocco sostenere che l’eccellenza professionale sia
più di una parte che dell’altra. Asserire questo non aiuta.
Indossare la maglia di una squadra almeno a certi livelli di
direzione politica, come è stato fatto, è un errore politico da
non ripetere. In Umbria ci sono per fortuna punte di vera qualità
sia nella sanità ospedaliera che in quella universitaria.
Bisognerebbe preoccuparsi di ciò che purtroppo ancora non funziona
in tutti e due i campi concorrenti. Compito della Regione e
dell’Università è premiare nella trasparenza e con rigore tutte le
eccellenze. Il problema è rafforzare l’integrazione nella cura del
malato evitando quanto possibile duplicazioni e sprechi. E’ la
politica che deve saper risolvere con saggezza quanto di sbagliato
a volte produce il prevalere dell’interesse del singolo sul bene
comune. Uno sforzo tutto politico va fatto. Ripicche e sgarbi non
servono a nessuno e il conflitto produce, in questo caso, soltanto
pessime soluzioni. Come si usa dire chi ha più intelligenza
l’adoperi e qualche incontro in più non è un gran problema se
serve a risolvere i problemi. Nella trasparenza.
I rapporti tra le forze politiche di maggioranza sono in molte
parti dell’Umbria molto tesi a causa della voglia di essere
visibili di molti dirigenti politici di questo o quel partito.
Un esempio tra tanti. La crisi politica che si è aperta negli enti
territoriali di Terni ha qualcosa di paradigmatico. Non è
chiarissimo l’oggetto del contendere e non è certo che quello che
divide le forze politiche, sia una diversa lettura delle scelte
volte all’interesse comune. Avere amministrazioni efficaci in un
momento particolarmente difficile per quelle comunità dovrebbe
costituire l’ambizione di tutti gli addetti ai lavori al di là del
brutale interesse di partito. Rompere un accordo per un problema
di visibilità politica di questa o di quella forza politica non
sarebbe capito.
Si comprende poco perchè il dirigente massimo della Margherita di
Terni ritiene che la diatriba debba e possa essere risolta con
incontri romani.
E’ democraticamente corretto rinviare a Roma la soluzione di
problemi che riguardano l’Umbria? Che competenze hanno a Roma
rispetto al funzionamento del comune di Terni? Nessuna. Non è
questione di banale sovranità . Sono i cittadini ternani che hanno
eletto i loro amministratori e quindi sono le forze politiche
locali che devono saper trovare la soluzione. Arbitraggi esterni
distorcono le cose ed umiliano anche chi li rivendica. Chiti e
Rutelli, se vogliono vincere le prossime elezioni, hanno ben altri
problemi da risolvere, lasciamoli lavorare. Sarebbe saggio e utile
se tutti si assumessero le loro responsabilità al livello delle
proprie competenze.
Capisco che i tempi sono quelli che sono ed è noto che, anche
recentemente, si sono decisi a Roma anche quali assessori
regionali far nominare dai Presidenti. Non è però questo un bel
andazzo, non fa bene alla democrazia.
Corriere dell’Umbria 25 settembre 2005