Premi Nobel per l’economia, cattedratici e intellettuali di chiara fama, balbettano. Capi di Stato e di governo si arrabattano per tranquillizzare l’opinione pubblica e i mercati. Negata fino a settembre, la recessione colpisce l’occidente e il resto del mondo.
Di fronte alla catastrofe provocata dal modello di sviluppo e di società  imposto da economisti premiati con il Nobel, intellettuali cantori del libero mercato, predicatori televisivi e veline succintamente vestite, insomma la classe dirigente dell’occidente, non trovano le parole per rassicurare nè gli investitori nè la gente comune. A noi italiani, vivendo nel Paese dei balocchi,  non resta che piangere o appassionarci con l’Isola dei Famosi e ridere per le barzellette del nostro Cesare.
Di chi sono le responsabilità  del crack che sconvolge le economie del mondo? Berlusconi  non ha dubbi: è colpa della sinistra e dei comunisti nemici della libertà .
Dopo tre decenni di deregulation, privatizzazioni e precarizzazione del lavoro l’economista più menzionato è John Maynard Keynes. I Chicago Boys sono scomparsi nell’oblio.  
La vittoria di Obama è vissuta anche da parti della destra come ottima cosa perchè potrebbe significare la ripresa di quel modello di sviluppo che va sotto il nome del New Deal. Tutti chiedono un intervento dello stato per salvare banche e industrie al collasso.
L’Europa si accinge ad autorizzare aiuti pubblici per i settori più a rischio sollecitando anche sforamenti dei vincoli di bilancio comunitari.
Insomma l’ideologia dominante non regge alla dura realtà  di un mondo in cui aumenta la povertà  e milioni di persone rischiano il posto di lavoro, le pensioni e ogni forma di assistenza sociale.
Ciò che lascia allibiti è il silenzio dei riformisti rispetto ai meccanismi che hanno portato alla situazione attuale. Eppure argomenti di critica “riformista” alle politiche e alle ideologie che hanno sconquassato le economie del pianeta c’è ne sarebbero.
Non bisogna essere comunisti della terza internazionale per affermare che le politiche liberiste sono le responsabili di quanto sta succedendo e che il libero mercato non è la soluzione dei problemi dell’umanità .
Il Partito democratico sembra essere impegnato in tutt’altre faccende. Sono passati decenni ma ancora siamo alla lotta tra veltroniani e dalemiani. Par di sognare. O meglio sembra di vivere un incubo. La redazione di Micropolis ha guardato con spirito critico, ma con rispetto e attenzione al tentativo di Veltroni e soci. Non pensiamo che il riformismo sia il nemico da battere. Pensiamo che la frantumata sinistra radicale non può che interloquire con il partito democratico. Purtroppo in questa area politica continua a prevalere una discussione tutta ideologica su simboli, bandiere da continuare a sventolare come se non fossero caduti i muri di Berlino e di Wall Street. Uno sforzo di intelligenza politica e di generosità  verso quel che rimane del popolo della sinistra richiederebbe la messa da parte di vecchie rivalità  e di gruppi dirigenti meno concentrati sui propri destini.
Sin dall’inizio abbiamo ritenuto che il progetto e le metodologie scelte per costruire il PD non fossero le più adatte a realizzare un partito di centrosinistra che aggregasse il riformismo laico e quello cattolico in una formazione politica magari plurale ma che avesse un programma comune. Ciò che per adesso risulta è un partito senza anima e senza un programma, con un gruppo dirigente in conflitto su tutto e che subisce la feroce aggressività  della destra perchè incapace di trovare posizioni comuni anche su argomenti decisivi. Ad esempio è stata evidente la volontà  di Berlusconi di rompere l’unità  sindacale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. CISL e UIL da una parte, CGIL da un’altra su problematiche rilevanti per il futuro dei lavoratori. Il PD non ha profferto parola rispetto a questo disastro. Perchè? Per rispetto dell’autonomia del sindacato? No. Perchè al suo interno i pareri sono diversi. Per qualcuno dei leader democratici Epifani è un pericoloso estremista mentre Angeletti e Bonanni sono veri riformisti. Non sappiamo se la soluzione per il PD debba essere un congresso, siamo certi però che senza una svolta radicale il partito di tutti i riformisti non avrà  vita facile.
Facile è stato per Alberto Stramaccioni riconquistare la leadership del PD di Perugia. Con il segretario appena eletto abbiamo una consuetudine alla discussione “franca”. Non abbiamo mancato di polemizzare con Stramaccioni quando era segretario dei DS e lo faremo, ne siamo certi, anche nel futuro. Abbiamo sempre stimato la sua franchezza e non nascondiamo l’apprezzamento della sua dichiarazione di indisponibilità  a future candidature nella struttura pubblica. L’arbitro non gioca, arbitra possibilmente senza regalare rigori. Siamo abituati a non interferire con problemi di organigramma dei partiti. Ciò che notiamo è il permanere di un conflitto interno al PD che viene mistificato come quello tra generazioni. Più volte abbiamo denunciato l’inossidabilità  di un ceto politico che gioca ai quattro cantoni ma la capacità  di innovazione non è proprietà  esclusiva dei più giovani e qualche vecchio è più innovativo di qualche pollo di allevamento del feudo dei signorotti locali. Ci sembra ridicola la discussione tra innovazione e continuità . L’esigenza di cambiare radicalmente l’azione del governo locale è nelle cose. Un obbligo pena la sconfitta futura.
La crisi del modello sin qui seguito, scaturisce da fattori generali ma anche dall’inadeguatezza delle risorse e delle priorità  delle amministrazioni umbre. L’autoriforma della spesa non ha prodotto grandi risultati se ancora oggi si discute di Sviluppumbria, di Comunità  Montane o si considera il livello di informatizzazione della struttura pubblica umbra adeguata. Tralasciando le intelligenze anche imprenditoriali presenti in Umbria, si continua a salvaguardare posizioni di rendita assolutamente incompatibili con la declamata innovazione.
I marosi della crisi globale sono di tale forza da richiedere una grande capacità  di mettere in discussione antiche certezze amministrative e politiche. Coraggio e generosità  politica contro il galleggiamento, è ciò che serve per battere il berlusconismo che è in noi.

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