Nessuno dubbio. I milioni di elettori che hanno partecipato alle
elezioni hanno voluto sollecitare il centrosinistra a unirsi verso
la formazione del partito democratico. Non ha dubbi Fassino, non
ne ha Bassolino, Rutelli ne è certo. Un solo partito per tutti i
riformisti d’Italia questo è il sogno che avevano in testa gli
italiani che si sono messi in fila il 16 ottobre per votare alle
primarie. Se questo è il sogno dobbiamo tutti cambiare le icone
della nostra passione politica: via tutti i vecchi volti dei
leader del movimento operaio italiano,europeo e mondiale.
Attacchiamo alle pareti delle nostre case i volti di Roosevelt,
Kennedy, Tony Blair, Schmidt e passando per Benjamin Franklin,
Thomas Jefferson, inneggiamo a Abraham Lincoln. Topolino e Nembo
Kid farebbero glamour. Facciamo nostra “l’identità  che segna gli
Stati Uniti: il pionierismo”. ” Dobbiamo essere Socialisti e
Kennediani”, titola il Corriere della Sera un’intervista a
Fassino. Leggendola si rimane stupefatti e non si sa se prevale
nelle dichiarazioni del segretario diessino l’ignoranza della
storia o la malafede di chi non avendo un’idea autonoma rispetto
alle esigenze di una società  complessa come quella italiana,
insegue modelli che non hanno niente da dire e poco a che fare con
la storia del nostro Paese. Che la sinistra italiana (gli arcaici
comunisti innanzitutto) abbiano studiato e in certe fasi,
apprezzato quello che accadeva in America non è una novità . Molti
hanno studiato e imparato la lezione di “Americanismo e Fordismo”
e certo il movimento operaio italiano ha tratto frutto da quelle
analisi. Altra cosa è il voler importare un modello democratico
che ha un senso in una storia nazionale completamente diversa
dalla nostra e che è criticato anche negli Usa. La scarsa
partecipazione alle elezioni non è una grande attrattiva. O questo
è un particolare insignificante per giudicare una democrazia?
Qualche intervista televisiva in meno e qualche lettura in più
aiuterebbe a dire qualche banalità  in meno.
Il bipartitismo è frutto di quella storia e ha poco senso in un
Paese come il nostro. La prova? Si è sperimentato per oltre dieci
anni un sistema maggioritario e il risultato è sotto gli occhi di
tutti: i partiti sono diventati una ventina, la democrazia si è
impoverita e tutta la politica è gestita da oligarchie
autoreferenziali,litigiose e politicamente mediocri.
Sono quindici anni che i leader del centrosinistra accendono i
fuochi della ricerca di un contenitore diverso da quello di un
partito di massa senza che si sia trovato uno sbocco positivo. Il
comportamento dei leader ricorda quello imperante negli anni
cinquanta nell’Unione Goliardica Italiana. L’Ugi era la
organizzazione della sinistra che organizzava gli studenti
universitari. L’organizzazione entrò nella leggenda per la sua
litigiosità  interna e perchè quasi tutti i dirigenti svilupparono
una formidabile capacità  di manovra e di furbizia che aiutarono
carriere politiche importanti. Se si analizzano i curriculum di
molti attuali dirigenti politici troverete il riferimento alla
struttura studentesca di cui sopra. Del centrosinistra la furbizia
sembra il carattere dominante anche all’interno dell’Unione. Il
furbo Rutelli “radicale” avversario di Prodi si è subito adeguato
al successo del professore e ha rilanciato assieme alla lista
dell’ulivo il partito democratico.
Domanda. Di fronte ad un Paese smarrito dal berlusconismo
imperante e da una crisi economica che rende precaria la vita alla
maggioranza del popolo, nella prospettiva di elezioni politiche
difficilissime, è proprio necessario dividersi un’altra volta tra
riformisti duri e puri e chi vuol costruire qualcosa di diverso
dal blairismo?
Chi è andato a votare per Prodi o Bertinotti voleva soltanto far
sapere agli addetti ai lavori che forze della democrazia
importanti sono ancora in campo nonostante le bestialità  di
Berlusconi e malgrado le mediocri risse dei leader dell’Unione.
Bisogna saper patrimonializzare queste forze cercando di dare
sbocchi organizzati a questa spinta democratica o far finta che
niente è successo? Veramente credete che i quattro milioni e mezzo
che hanno votato lo hanno fatto perchè affascinati dal
maggioritario? Non ha forse prevalso l’indignazione contro
Berlusconi piuttosto che l’amore per Pecoraro Scanio, Bertinotti o
Prodi? Senza alcun merito l’Unione ha avuto una spinta formidabile
dal voto alle primarie. Delittuoso sarebbe mettere tra parentesi
la domanda di partecipazione espressa da tanta gente e riprendere
con le banalità  che caratterizzano troppo spesso il dibattito
interno al centrosinistra.
Che fare? La truffa della nuova legge elettorale falsamente
proporzionale, ha provocato lo smarrimento del ceto politico di
sinistra, di centro e di destra. Il posto al sole non è più sicuro
per molti. Ad esempio i diessini rischiano con la lista unitaria
di fare da portatori d’acqua ai piccoli partiti dell’Unione e alla
stessa Margherita.
Si rifanno i conti e si scopre che se vittoria sarà , quella
dell’Unione rischia di essere una vittoria dimezzata.
Anche per evitare questo rischio assume rilievo il modo come
costruire le liste elettorali. I candidati non possono essere
soltanto affare delle oligarchie di partito. La grande questione è
come innescare processi democratici che diano un senso alla
politica: la crisi del Paese è anche crisi della democrazia.
Il parere sulle primarie come scelta dei candidati è molto
differenziato anche all’interno di questo giornale. In genere e a
ragione non ci piace la personalizzazione della politica. Troppi
danni ha già  prodotto. Anche con durezza siamo stati contrari al
presidenzialismo regionale e consideriamo il meccanismo
elettorale incentrato nel collegio uninominale un disastro.
Non si può però non prendere atto che i partiti hanno una vita
interna democratica inesistente. Sono caste quelle che gestiscono
la politica. In questa situazione l’unica possibilità  di
partecipazione sembrerebbe essere il voto. Uno stimolo a
modificare le cose si potrebbe individuare nel rendere
obbligatorio per i partiti il meccanismo delle primarie per la
scelta dei candidati ad ogni livello? Discutiamone.
Intanto suggeriamo ai consiglieri regionali dell’Umbria impegnati
nella Commissione Statuto ad affrontare la questione delle forme
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della partecipazione nella nostra terra. Abbiamo l’impressione che
le priorità  siano altre per i consiglieri. Vescovi e cardinali,
preti e quanto d’altro risollecitano la questione delle radici
cristiane dell’Umbria. Altri sollecitano l’enfatizzazione della
sussidiarietà  anche per la gestione di servizi pubblici primari.
Noi non siamo mangiapreti, tutt’altro, ma laici lo siamo davvero
ed è per questo che non riteniamo affatto che la questione delle
radici sia questione da introdurre nello statuto dell’Umbria. Non
ne vediamo l’esigenza anche perchè ognuno di noi ha il diritto di
ricercare dove vuole le proprie radici senza che ci vengano
imposte per legge.
Per quanto riguarda la privatizzazione dei servizi la pensiamo
come l’Organizzazione Mondiale della Sanità : i migliori servizi
sanitari sono esclusivamente quelli pubblici. Ad esempio nelle
graduatorie mondiali la sanità  Usa (tutta privata) è al
diciannovesimo posto e la sanità  della vecchia Francia (gran parte
pubblica)al primo.
Non si capisce perchè l’Umbria dovrebbe importare nel servizio
sanitario il modello privatistico quando questo costa di più e
funziona peggio. Scommettiamo che nemmeno Fassino riuscirà  a
vincere le resistenze dell’Assessore Rosi.
Micropolis ottobre 2005

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