Che succede a Perugia? Sono ormai giorni che il centro della città  è presidiato da ingenti forze dell’ordine che se da un lato rassicurano, dall’altro dimostrano che la capitale dell’Umbria ha seri problemi. Quali? Sottovalutare lo stato di disagio e d’insicurezza di alcuni settori della città  sarebbe un errore. Troppi gli episodi di sgradevole presenza di gruppi di pusher che vendono la loro merce per le strade prospicienti il centro come se fosse parmigiano reggiano. Per motivi complessi Perugia, ma non solo, negli anni è divenuta una città  in emergenza droga. Che sia la capitale europea della droga è indubbiamente una semplificazione del pessimo giornalismo in voga in questi tempi difficili e d’irresponsabili strumentalizzazioni politiche che non aiutano a trovare soluzioni razionali al problema. Ma certo che un problema serissimo c’è se molti perugini riscontrano un forte malessere nel vivere in certe ore la loro città . Una rigorosa e intelligente risposta di ordine pubblico è nelle cose da fare. Utile sarebbe evitare insensate enfatizzazioni del problema che, proprio perchè è già  serio in sè, non ha bisogno di propaganda ma di concreti risultati nel contrastare un processo di degrado sociale al cui interno la diffusione della droga è soltanto uno dei segnali. Non sarebbe utile alla città  se la classe dirigente cogliesse l’occasione per una discussione sui caratteri della Perugia degli ultimi decenni? Per quanto ne ho capito la mia città  ha innanzi tutto visto ridimensionare la sua base produttiva. Permane certo un tessuto imprenditoriale ma ridimensionato in maniera rilevante rispetto a quello che, negli anni sessanta e settanta, garantiva a marchi “perugini” la presenza su molti mercati mondiali. Si dirà  che la deindustrializzazione è stata un processo nazionale ed è vero, ma in altre parti del Paese è cresciuto un terziario avanzato che da noi non è riuscito a decollare per debolezza dell’imprenditoria ma anche per l’incapacità  del settore pubblico a riconvertirsi e a sburocratizzarsi utilizzando la leva dell’innovazione tecnologica. In una regione in cui più della metà  del prodotto interno lordo è riconducibile alla spesa pubblica, se questa non si riconverte, non esiste domanda sufficiente a far crescere un terziario avanzato degno di questo nome. Le poche esperienze imprenditoriali, e ve ne sono state, nel settore dell’innovazione dei processi non hanno trovato nella pubblica amministrazione un interlocutore. Le risorse pubbliche investite nell’informatizzazione della macchina amministrativa quantitativamente ridotte sono tenacemente spese male. Ci vorrebbe un saggio per descrivere le scelte urbanistiche affermatesi a Perugia in questi decenni. Lo svuotamento di tutte le funzioni dirigenziali del centro ha fatto da pendant a quello dei rioni storici e della rete delle stradine che portano al centro. Il vuoto è protagonista di molte parti della città , questo è il dato. Basta anche un sommario esame di quanta parte del patrimonio edilizio inutilizzato esiste oggi dentro le mura cittadine, per capire che forse è tempo di riflettere su quanto è stato fatto in questi anni. Molti si scandalizzano perchè migliaia di giovani la sera, fino a tardi, deambulano con bicchieri di plastica nelle strade. Possono fare altro? Quale alternativa, quali spazi per il tempo libero hanno i giovani? Cinema Lilli, chiuso da vent’anni? Modernissimo, da dieci? Cinema Turreno, da cinque? In tante città  le multi sale sono state create anche nel centro della città . Perchè da noi no? L’imprenditoria perugina in questi casi non fa una gran figura. Per fortuna almeno il Teatro Pavone ha saputo trovare una strada di riconversione culturalmente intelligente che sta funzionando. Non miglior figura spetta al settore pubblico rispetto alla leggendaria telenovela della riconversione del Mercato Coperto. Quanti anni dal primo progetto? Ero un giovane dirigente politico quando iniziò la prima discussione e le prime scelte. Sono un anziano pensionato e ancora nulla. Che dire della riconversione del vecchio Tabacchificio di Via Cortonese? Doveva essere un contenitore per le aziende del settore informatico operanti a Perugia in accordo con l’Università . Obliato. Soltanto recentemente ho risentito parlare del recupero degli spazi ex-carcere di Piazza Partigiani. Pratica iniziata tra Regione e Ministero della Giustizia nel millenovecentoottantasette. Dopo venticinque anni se ne riparla. Come tempo di elaborazione non male, così speriamo per il meglio. Si potrebbe andare avanti con altri esempi. Esempi che confermano un problema già  noto. Quello della qualità  delle classi dirigenti. Utilizzando categorie “marxiane” si potrebbe semplificare rammentando che le sovrastrutture dipendono sempre dalle strutture materiali. Traduco: che classe dirigente può esprimere una città  impoverita nella sua base produttiva? La speranza è l’ultima a morire e forse un giorno Perugia potrà  tornare a svolgere il ruolo che le compete.
Corriere dell’Umbria 20 maggio 2012

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