Dopo un travaglio lungo e faticoso, il governo e i sindacati hanno siglato un accordo per la riforma del sistema pensionistico. Non ho le competenze per esprimere valutazioni in merito e quindi mi soffermerò sulle conseguenze politiche dell’intesa raggiunta a Palazzo Chigi.
La prima, la più evidente, è l’impatto che si è avuto nel mondo della sinistra fuori dei costruttori del Partito Democratico.
Si stanno svolgendo da mesi incontri e dibattiti tra Mussi, Diliberto, Pecoraro Scanio e Giordano che pongono l’esigenza di andare oltre la frantumazione delle sigle. “La cosa rossa” come risposta all’aggregazione di DS e Margherita. Non si tratta di un processo semplice. La sinistra è in crisi in tutta Europa e se possibile da noi ancora di più. Il rischio dell’estinzione è evocato da Bertinotti e da tanti altri. Siamo all’emergenza, dicono.
Eppure alla prima significativa scadenza, l’accordo sulle pensioni appunto, la “cosa rossa” implode e ognuno va per la sua strada. Mussi e Pecoraro Scanio definiscono l’intesa un buon compromesso, Diliberto e Giordano annunciano il loro secco No. Al di là  di chi ha ragione e chi ha torto mi sembra evidente che ci troviamo di fronte al permanere di una divisione che rende fantasiosa ogni ipotesi di contenitore unico per i partiti e movimenti della frantumata sinistra italiana. Coloro che continuano a sostenere che il governo è ostaggio della sinistra radicale perpetuano la loro falsificazione della realtà  con l’evidente obbiettivo di mettere in crisi il governo. Prodi cadrà , sono accettate scommesse, non per le bizze di Giordano, ma per le pressioni dei così detti moderati intenzionati sempre più a spostare a destra l’asse del governo. Le alleanze di “nuovo conio” del prode Rutelli sono il vero obbiettivo degli opinion maker del Paese.
La partita è stata durissima. Tutti i grandi giornali uniti ai burocrati europei e a molti leader politici, sollecitati da intellettuali di chiara fama, hanno orchestrato una campagna ideologica per dimostrare “l’egoismo” dei lavoratori più anziani nel pretendere una pensione decente ad un’età  accettabile. “Penalizzate le nuove generazioni”, hanno spiegato. Le nuove generazioni sono quelle che attualmente svolgono principalmente lavori flessibili, mal retribuiti e che spesso non possono pagarsi nemmeno i contributi pensionistici per la precarietà  del loro lavoro. Insomma coloro che hanno voluto leggi che rendono precario il lavoro, sono gli stessi che accusano i “vecchi” lavoratori per la loro difesa di un sistema pensionistico civile. Indifferenti al dato certo che l’INPS ha i conti a posto e non c’è rischio di collasso. Nonostante che all’ente previdenziale, siano assegnati costi impropri anche le future pensioni sono coperte nonostante l’allungamento dell’aspettativa di vita della popolazione. Al grido di un nuovo patto generazionale l’esercito dei riformisti vuole imporre l’allungamento della vita lavorativa. Mistificando e nascondendo il fatto che è la precarietà  del lavoro il vero problema italiano e non un anno in più o in meno nell’andata in pensione.
Come meravigliarsi? Questo è un Paese in cui i fondi pensionistici dei lavoratori dipendenti sono serviti per coprire i buchi finanziari dei fondi pensione dei dirigenti aziendali e di alcune categorie del lavoro autonomo.
Il problema italiano, ma non solo, è la “dittatura” di un’ideologia liberista che non lascia spazio a nessun altro modo di vedere la realtà . Una cappa pesante che interessa tutti gli aspetti della vita. Un esempio? L’organizzazione mondiale della sanità  ha stilato graduatorie dei sistemi sanitari esistenti. Il risultato? I migliori sono i sistemi pubblici, ai primi posti quello italiano. C’è qualche leader politico che ricorda questo? No, l’ideologia lo impedisce. In Italia si parla di mala sanità . Intendiamoci ci sono anche aspetti sgradevoli nella sanità  italiana che devono essere combattuti, ma nel complesso il settore non privato funziona meglio anche in Italia. Nel Lazio, dove la sanità  è stata privatizzata in maniera significativa le cose vanno male. In Umbria dove la sanità  è essenzialmente pubblica i servizi funzionano meglio.

Share This

Condividi

Condividi questo articolo con i tuoi amici.