Il ponte fluttuante progettato da grandi architetti unisce la
straordinaria New Tate alla cattedrale di Saint Paul e la
variegata rete di strutture per la cultura e per il turismo di
massa ubicate lungo il fiume. Impressiona ogni volta che si ha
l’occasione di visitare la capitale dell’Inghilterra questa
modernità che enfatizza la tradizione.
Ho visto Londra per la prima volta oltre quaranta anni fa.
Ragioni varie mi hanno indotto da allora a visitare la città due o
tre volte l’anno. Ho potuto vivere la Londra dei governi
laburisti di Wilson con i massicci interventi in edilizia
popolare, in trasporti pubblici e in reti ospedaliere. Non solo la
“swinging London” degli anni dei Beatles ma anche il visibile
consolidarsi del welfare state, colpivano l’immaginazione del
turista.
E poi, arrivato il dominio della lady di ferro e dei conservatori,
ho visto la crescita della Londra degli imponenti palazzi della
grande finanza della City, della volgarizzazione dell’area di
Piccadilly, ma anche della decisiva ristrutturazione dei docks sul
Tamigi da Westminster a Greenwick. Il blarismo ha segnato per
Londra una ulteriore tappa nel rendere la città ancor più innovata
e affascinante nonostante la presenza di costruzioni più adatte ad
un parco giochi che ad una capitale. Ho viaggiato in Inghilterra
durante quella sorta di guerra civile che è stata la lotta, anche
terroristica, del movimento irredentista del nord di Irlanda. Il
terrorismo a Londra non è soltanto dramma recente.
Tornare a Londra dopo gli attentati terroristici del sette luglio
ha costituito l’occasione per valutare quanto il terrorismo dei
fondamentalisti islamici abbia inciso sul vivere della città .
Londra è da anni la città al mondo più video-sorvegliata. Alla
fine ci si abitua, ma una forma di disagio la si prova sapendo che
continuamente entri nel campo di ripresa di qualche telecamera.
Sia che vai in metropolitana che se passeggi per strada, ci si
sente osservati. E’ stato calcolato che in una passeggiata nel
West End una persona è controllata per trecentocinquanta volte.
Meraviglia molto che nel paese dove la tutela della privacy è
considerata un bene primario si discuta aspramente
dell’introduzione dell’obbligo di avere una carta d’identità e si
accetti tranquillamente questo meccanismo di controllo da grande
fratello che vigila su di noi. Per il resto, sarà stata
un’impressione, ma la città sembra aver superato lo choc delle
bombe del sette luglio. Pub e musei pieni, strade affollate di
turisti e cittadini multicolori. Gli amici londinesi mi assicurano
che pur non essendoci stati episodi di panico collettivo, la paura
è stata e rimane tanta. Il viaggiare sui mezzi pubblici non è il
massimo del rilassamento, ma senza isterici controlli di polizia
ci si muove tranquillamente.
Altra cosa la discussione sulle leggi speciali che il governo di
Tony Blair sta adottando. E su questo punto la discussione
riguarda un po’ tutti noi. Come salvaguardare i diritti
democratici nel pieno di una lotta sacrosanta al terrorismo? Non è
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facile, ma costruire uno stato di polizia per combattere i
fondamentalisti non sembrerebbe una risposta accettabile. Sarebbe
una vittoria del terrorismo sostengono in molti. Come
salvaguardare la libertà di espressione con l’esigenza di impedire
ai seminatori di odio di svolgere la loro propaganda? Sono quesiti
che ci dobbiamo porre perchè dalla risposta che si darà dipende il
nostro vivere quotidiano. Sarà questo uno dei temi della prossima
campagna elettorale? Difficile da dire. Per adesso lo scontro
politico è tutto interno ai due schieramenti.
Berlusconi ha il suo bel da fare per tenere insieme un esercito
litigioso che sembra in rotta. Prodi viaggia in Tir per
conquistare una bella percentuale alle fantasiose primarie che si
è inventato lui e che Bertinotti, che viaggia in treno, ha
apprezzato molto.
La tesi del votatemi e dopo vi dirò il mio programma è una tesi
democratica molto ardita. Solitamente si chiedono voti su un
programma o almeno su uno schema di valori ed ideali che non
possono essere condivisi da tutte le sensibilità politiche. Da qui
la scelta di questo o quel candidato. Si gioca molto sull’immagine
e sull’appeal televisivo, ma qualche contenuto politico alla
tenzone ad un certo punto ci vuole, pena l’espandersi di una
apatia già ben alimentata dalla crisi del paese.
La settimana che si chiude ha visto la presenza in Umbria di una
parte importante del ceto politico italiano. L’occasione è stata
il meeting della Casa delle Libertà a Gubbio e la settembrina
marcia Perugia-Assisi. Avvenimenti diversissimi tra loro. L’uno
tutto interno allo schieramento di centrodestra, l’altro che ha la
legittima ambizione di parlare al mondo. Ci riusciranno gli
organizzatori della marcia? Speriamo di si. Non stupisce che una
parte della destra umbra continui a vedere la marcia ideata da
Aldo Capitini come una marcia dei comunisti. Sbagliarono
all’inizio e purtroppo per loro continuano a farlo.
Corriere dell’Umbria 12 settembre 2005