Saranno anche chiacchiere da bar dello sport, ma l’impressione è che se la politica non si dà una mossa la catastrofe dei partiti porterà alla crisi irreversibile della democrazia repubblicana. Il “sono tutti uguali” è la frase più gridata. L’indignazione per l’ultimo scandalo sembra servire soltanto a far dimenticare gli scandali precedenti. Ogni giorno è una sorta di bollettino di guerra che descrive imbrogli e ruberie di ogni grado e tutte a danno delle risorse pubbliche. Molti descrivono la crisi dei partiti come senza ritorno. Ma può una democrazia vivere senza partiti? E questi partiti sono in grado di autoriformarsi? Come si spiega che alla cattiva fama della politica corrisponde una vera e propria corsa per occupare cariche politiche quale trampolino di lancio per un posto nella pubblica amministrazione? Ogni scadenza elettorale vede vere e proprie corride per occupare uno spazio in lista, una candidatura. Perché? Sarà la crisi, ma ormai per molti l’impegno politico sembra significare una carriera di lavoro che spesso è anche ben pagato. I tanti amministratori locali che per passione s’impegnano a vantaggio della collettività per qualche centinaio di Euro, non fanno più notizia. Le notizie sono di prebende e benefit fuori misura e finanziamenti pubblici ai partiti che definire scandalosi sembra un complimento. Personalmente sono convinto che la democrazia ha bisogno di risorse pubbliche per funzionare e che l’impegno politico possa essere remunerato. Con misura e a tempo però. Che un’ex presidente della Camera o del Senato possa mantenere privilegi in eterno mi sembra una forzatura non accettabile. E’ scioccante che i due ex presidenti di sinistra, Violante e Bertinotti, non abbiano seguito Casini nella rinuncia. Possibile che i due non capiscano che la scorta e l’auto blu non è più glamour, ma suscita gli sberleffi e la rabbia del popolo? Trovo intollerabile che partiti che non esistono da anni continuino ad avere rimborsi milionari. Intollerabile che le ingenti risorse ottenute con i rimborsi elettorali siano decuplicati negli anni e mai rendicontate a dovere. Chiedano i partiti un provvedimento urgente del governo per sanare una situazione vergognosa che contribuisce al disprezzo della gente per la politica. E’ tempo che i partiti siano disciplinati da una legge che ne preveda le norme essenziali di funzionamento. Credo che soltanto il PD utilizzi una società di certificazione dei bilanci. E’ importante ma non basta. Dovrebbe essere una scelta di tutti i partiti l’impegno a rendere più sobrie le spese e più trasparenti le procedure nella formazione dei gruppi dirigenti. Il problema decisivo per i partiti è la loro incapacità progettuale. Nonostante alcuni timidi passi nella giusta direzione, ancora oggi le formazioni politiche non rappresentano altro che comitati elettorali che vivono prevalentemente nel chiuso di ristretti gruppi di comando. Oligarchia è una brutta immagine che purtroppo descrive con precisione ciò che è il modo di essere di tutto l’universo politico. La grande contraddizione sta nel fatto che, l’esangue democrazia italiana, avrebbe bisogno di formazioni politiche in cui i cittadini possano riconoscersi contribuendo anche a renderle centri di elaborazione e di formazione. Con qualche flebile eccezione le attuali strutture organizzate non sembrano in grado di autoriformarsi. La scommessa però rimane quella di come aiutare questo processo. In ogni partito ci sono persone che vivono l’impegno politico come servizio e non come carriera. Purtroppo non riescono a emergere con l’energia necessaria. E’ tempo che lo facciano. Il disastro della seconda repubblica è di tale entità da rendere precaria la tenuta democratica di un Paese già annichilito dalla crisi economica. Il vuoto politico che si è creato è stato occupato dal così detto governo tecnico. Si può discettare sulla qualità tecnica e sul “Montismo”, ma esso è il risultato del fallimento dei partiti. E’ certo comunque che la fascia di persone che dichiarano la fuga dal prossimo voto politico si va allargando e gli stimoli dell’antipolitica si fanno ogni giorno più forti. Antonio Gramsci argomentò perché è la sinistra e non la destra che ha bisogno della politica per affermare le proprie idee. Naturalmente di una buona politica svolta nell’interesse generale e non per quello delle élite al potere.
Corriere dell’Umbria 9 aprile 2012

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