Curioso questo Partito Democratico. Mi riferisco a questa sorta di pentimento a getto continuo dei facitori diessini del nuovo partito. Fassino riconosce a Bettino Craxi l’onore di appartenere al pantheon della nascente formazione politica, Bersani, vivace ministro del governo Prodi dice invece: “guardiamo al futuro. Nè Craxi nè Berlinguer devono entrare nel pantheon”. Poveri noi.
Il PCI togliattiano aveva uno slogan che recitava: “veniamo da lontano e andiamo lontano”. Al di là  della retorica nello slogan, con esso si sottolineava e si segnava un percorso che riguardava la sensibilità  e la vita di milioni di persone. Qualche risultato quel rivendicare radici antiche e capacità  di guardare al futuro, lo ha prodotto se, per molti decenni del secolo scorso, il PCI è stato il più grande partito comunista dell’occidente. Il PCI ha segnato culturalmente e politicamente la sinistra di ogni continente ed ha contribuito al rafforzamento della democrazia repubblicana oltre che al miglioramento delle condizioni materiali della gente.
Il dubbio di molti, rispetto al Partito Democratico in formazione, è il rischio che la tabula rasa rivendicata dal Bersani possa produrre un altro slogan:”veniamo dal nulla e non andremo da nessuna parte”. Nessuno si augura che al motto del partito di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer, si sostituisca il grido delle masse per il partito di Rutelli, Fassino, Prodi e Binetti, ma sinceramente rimane poco convincente una ipotesi di partito che non abbia riferimenti storici e politici di qualche significato. Da anni ci troviamo in presenza di un vuoto. Non esiste in Italia un pensiero, una elaborazione politica di qualche spessore: i pochi intellettuali che continuano ad elaborare sul terreno delle scienze sociali, della filosofia e della politica, sono fuori dai partiti e da questi, purtroppo, non considerati. Il pensiero debole di Cacciari e Vattimo durevole a dominare.
Antonio Gramsci continua ad essere uno dei teorici politici più studiato nel mondo anglosassone e in America Latina, da noi si preferisce studiare il pensiero di Pietro Ichino o di Eugenio Scalfari. Qualcuno nel ceto politico ha studiato Macchiavelli, per questo molti si considerano dei principi a cui la repubblica non potrà  mai  rinunciare. Eternamente in campo.
I programmi elettorali della destra, ma anche del centrosinistra sono in genere elenchi di progetti tesi ad amministrare l’esistente o a produrre innovazioni all’interno della logica dettata dal Fondo Monetario o dalla Banca Europea. Ad un dirigente politico è richiesta una capacità  di pensiero politico vicino allo zero. L’amministrare è la scienza prevalente. Se un partito come Rifondazione lancia l’allarme per il rischio di divenire anch’esso un partito degli assessori, siamo alla frutta.

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