E’ concesso ad un ex presidente di regione essere ancora impegnato
nella gestione della cosa pubblica? A rigor di logica la scelta
dovrebbe essere valutata non per il precedente incarico, ma
esclusivamente rispetto alle qualità e al curriculum del
prescelto. Invece, a giudizio del leader dell’opposizione in
consiglio regionale, Pietro Laffranco, la scelta di indicare
Claudio Carnieri alla guida dell’Agenzia Umbra Ricerche, è
sbagliata perchè si tratterebbe di un altro episodio di
partitocrazia. Parola magica che provoca brividi tra le masse
popolari notoriamente impegnate nell’analisi delle vicende
politiche. Laffranco non si è accorto che la politica si realizza
soltanto nella gestione della cosa pubblica? Cosa sono diventati i
partiti se non facitori di amministratori locali e nazionali? E’
cosa utile per la pubblica amministrazione utilizzare le qualità
di Carnieri o no? E’ questa la domanda a cui rispondere. Andiamo
con ordine. Claudio Carnieri è stato uno dei leader più apprezzati
dei comunisti umbri e, sciolto il Pci, dei DS. E’ persona di
acclarata cultura politica che nella sua lunga esperienza di
leader ha dimostrato ripetutamente una capacità di direzione
politica, di studio e di analisi molto corposa. Ha tutte
certamente le competenze e l’attitudine ad un ruolo come quello
indicato dalla presidente della giunta. E’ una risorsa per
l’Umbria non un lottizzato. Se c’è una colpa, e la colpa c’è, del
centrosinistra e dei DS è quella di aver in questi anni poco
utilizzato uomini e donne di una generazione diversa da quella al
comando. Non è un limite serissimo la gestione mono-generazionale
della cosa pubblica in Umbria? Difficile negarlo. Inesistenti i
ventenni, pochi i trentenni in campo, pochissimi i sessantenni.
Permane una classe dirigente che vive in un eterno oggi senza
trarre conoscenza dal passato nè pensando al futuro del movimento
politico a cui appartengono. Uno stato di cose che spesso
sollecita in qualche amministratore megalomanie, arroganze, borie
intollerabili che vanno sempre assieme a incapacità e mediocrità .
E’ anche per questo che la politica si è rinsecchita e rischia di
diventare esclusivamente un costoso strumento di costruzione di
sistemi di potere sempre più personalizzati. Sistemi di potere che
oltre ad avvelenare la democrazia sono un onere intollerabile per
la spesa pubblica.
Se una persona prudente e accorta come Fassino ha ritenuto di
dover formalizzare una commissione che analizzi, tra l’altro,
anche “i costi della politica” la situazione dovrebbe essere
veramente seria.
Che il volontariato in politica sia praticamente confinato al
lavoro in qualche festa di partito è cosa ormai acclarata:
impegnarsi in politica comporta nel tempo, dipende dalla squadra
di appartenenza, l’ottenimento di incarichi retribuiti. La corsa
alle candidature e poi alle preferenze nelle diverse elezioni
corrisponde al meccanismo del concorso pubblico. E come spesso
succede anche nel pubblico concorso non sempre vince il migliore.
Non sempre l’alto numero di preferenze è semplicemente un test di
popolarità . Un aiutino e uno sponsor forte possono essere
decisivi.
Indignarsi è legittimo ma serve a poco se non si cerca di
modificare lo stato di cose esistente. Ad esempio non è tempo che
si riconsiderino questioni come quelle delle incompatibilità e
dei conflitti di interesse? Siamo certi che siano corrette le
indennità previste per i diversi livelli amministrativi? Sono
stipendi derivanti dalle leggi di mercato quelli assegnati ai
diversi manager alla guida delle strutture sub-regionali o di
società parapubbliche? Consiglierei a Carnieri di far effettuare
dall’Aru una ricerca al riguardo. Sono certo che le sorprese non
mancheranno. Conosco poche imprese private in grado di pagare
certi salari ma posso sbagliare. E’ meglio una ricerca mirata.
Il segretario della federazione di Perugia del Pci negli anni
sessanta, settanta e ottanta aveva il trattamento previsto dal
contratto dei metalmeccanici, sesto livello se ricordo bene. Gli
amministratori eletti ad ogni livello, compresa la regione,
avevano lo stesso trattamento del lavoro precedente e una piccola
indennità di”¦.cravatta. Paradigma vincolante era quello che con la
politica non si poteva cambiare la propria condizione sociale nè
diventare ricchi. Altri tempi si dirà . Ricordo che ogni fine anno,
l’amministratore del partito, chiedeva ai parlamentari una
sottoscrizione straordinaria per pagare gli stipendi ai
funzionari. Era esagerato quel meccanismo? Difficile rispondere.
La scomparsa delle ideologie significa necessariamente far sparire
completamente il valore dell’attività politica come servizio alla
collettività ? Sembrerebbe evidente che una politica senza una
etica forte non può che allontanare la gente dalle classi
dirigenti. Non sarà questa carenza a rendere fragili i partiti
politici?
Giuseppe Dozza è stato sindaco a Bologna per oltre venti anni. Non
era eletto direttamente dal popolo ma dal consiglio comunale.
Eppure è stato uno dei sindaci più popolari nella storia del
movimento democratico. Fu protagonista della ricostruzione di una
città distrutta per il settanta per cento dalla guerra. Ma la sua
fama derivava anche da altro. Ad esempio, andava al lavoro in
bicicletta e quando si trovava a Roma in trasferta amministrativa
usava dividere i rimborsi spese tra partito e comune se oltre al
ministero passava per Botteghe Oscure. La sobrietà , l’etica, la
trasparenza amministrativa. Siamo certi che non siano ancora oggi
qualità che il popolo apprezzerebbe?
Corriere dell’Umbria 24 luglio 2005