Doveva nascere un Movimento con la maiuscola, poi viste le reazioni, si è preferito la minuscola per connotare il documento che certifica la ridiscesa in campo di Walter Veltroni.
Lungi da me ogni tentativo di criminalizzare una minoranza politica. Arcaico come sono ritengo ancora che il dissenso come il dubbio siano il sale della democrazia. Il problema si pone quando si vuol vendere panna irrancidita per panna fresca. Le perplessità nascono quando si continua a ragionare senza alcun bilancio di quello che una linea politica ha prodotto nel concreto operare di una formazione politica nata per cambiare il mondo conosciuto. Rilanciare lo spirito maggioritario della fondazione del PD, lo spirito del Lingotto si dice, prescinde completamente da un’analisi dello stato della democrazia italiana, oggi in questa fine estate. Non tiene conto del fatto che i due partiti maggiori (PD e PDL) in due anni, secondo i sondaggi citati da Veltroni, passano dal 70% dei voti ottenuti nelle elezioni del 2008, al 55% di oggi. Veltroni sostiene che Lui segretario il PD raggiunse quasi il 34% ed oggi Bersani otterrebbe il 25%. Forse sarebbe utile ricordare che quel quasi 34% contiene la cannibalizzazione di tutte le forze di sinistra che, grazie al corriamo da soli del PD veltroniano, non sono più rappresentate. Si potrebbe sostenere con qualche ragione che non è un dramma se Pecoraro Scanio o Diliberto non siano stati eletti, ma la questione è che nessuno rappresenta più, nella massima assemblea elettiva forze, culture e sensibilità che sono state importanti nella democrazia italiana. L’aumento esponenziale dell’astensione al voto dimostra che non esiste più il voto utile o il cemento dell’antiberlusconismo che porta voti al partito più grande. Il turarsi il naso e votare non vanno più di moda. Nel documento dei 75 veltroniani non si considera per nulla l’evidente crisi del bipolarismo maggioritario all’italiana. Unica bibbia del centrosinistra come del centrodestra il maggioritario plebiscitario sta facendo acqua da tutte le parti, sia a destra che nel centrosinistra. Forse non è garbato chiedere un’analisi critica di come per quasi venti anni le forze del centrosinistra hanno operato per riformare il sistema politico. Ma in mancanza di qualsiasi capacità di analisi di coloro che ci chiedono il voto, sollecitare una riflessione sull’accaduto sembrerebbe il minimo.
Il berlusconismo non è una maledizione divina. E’ il risultato delle scelte o delle non scelte delle forze politiche in campo a destra ma anche nel centrosinistra. Forze che si sono fatte trascinare dai miti della seconda repubblica. Liberismo, giustizialismo, plebiscitarismo. La governabilità a discapito di ogni valore di rappresentanza politica o sociale non è il frutto marcio della destra, ma il risultato dell’ideologia dominante anche nel centrosinistra. La grande riforma coma panacea del Paese è il filo nero che, partendo dal craxismo, arriva a Berlusconi, trascinando anche pezzi decisivi del centro-sinistra. Il Parlamento è stato svuotato di ogni potere per volontà del Capo, ma tutte le assemblee, dei comuni, delle province e delle regioni hanno perso ogni possibilità di svolgere un ruolo dopo che leggi del centrosinistra hanno consegnato tutto il potere al presidente o al sindaco eletto dal popolo.
Che dire poi delle leggi elettorali vigenti anche in regioni governate dal centrosinistra? Lasciamo perdere. Sarà anche in difficoltà il cavaliere, ma i competitor non sembrano in grande forma. Perchè continua a dominare la scena il cavaliere di Arcore? Dopo l’incapacità di governo dimostrata dalla destra ci sarebbe di che fare per le forze di opposizione. Un Paese allo sbando ha bisogno di idee e di valori che rimettano a leva le energie migliori. Invece il maggior partito di opposizione rischia l’implosione. Ricomincia con gli stessi partecipanti l’eterno gioco dell’oca. Un pregevole intellettuale, Michele Ainis, ha scritto un bel pezzo sulla Stampa di Torino intitolato “La repubblica degli ex”. Ricorda le giravolte, i cambi di casacca e di ruoli dei diversi protagonisti della vicenda politica italiana degli ultimi decenni. L’articolo avrebbe bisogno di un’integrazione che a me viene spontanea. Nel gennaio del 2000 si svolse il congresso dei DS, Segretario Walter Veltroni. Lo slogan congressuale era “I care”. Fu considerato un omaggio alla democrazia americana dei kennediani italiani. Finalmente dopo la lunga storia segnata dalle elaborazioni gramsciane, si poteva anche a sinistra entusiasmarsi per l’America. Per chi conosce la democrazia che ha prodotto Obama, ma anche Reagan, la scelta del congresso diessino suscitò qualche perplessità . Non per settarismo ma perchè era evidente la mistificazione. L’inganno consiste nel fatto che se si vuol fare come in America bisogna avere una certa coerenza altrimenti si rischia la truffa ideologica. Nel mondo anglosassone vige una regola non scritta. La regola prevede che un leader sconfitto o che ha terminato un mandato di governo, cessi di essere protagonista della vita politica. Le ridiscese in campo non esistono. Margaret Thatcher è stata la principale protagonista della rivoluzione conservatrice degli anni ’70 e ’80. Ha governato la Gran Bretagna per 18 anni poi, per decisione del partito, fu sostituita da Major.
La signora lasciò con auto privata Downing Street e si ritirò a vita privata. In questi anni non un qualsiasi tentativo di intervenire nella vita politica. Nessuno sentirà più parlare di Gordon Brown come dirigente politico. Tony Blair dominatore del New-Labour, nelle scorse settimane ha detto di non escludere un suo rientro in politica: è stato sommerso da urla così diffuse nel Paese che sembra abbia cambiato idea. L’avversione è stata così palese e rumorosa che Tony ha scelto di non presentare più il suo libro di memorie. Insomma chi perde va a casa e cambia mestiere. In Italia invece si preferisce il gioco dell’oca. Si cambiano caselle, non si fa mai un bilancio del lavoro svolto, e si aspetta di ridiscendere in campo. Dopo aver impedito ai giovani di crescere come dirigenti politici, i nostri dicono che non possono mettersi da parte. Mancano le forze giovani. Giocano loro, lo fanno per generosità .