Sommersi dalle pessime notizie che quotidianamente ci sono somministrate (con una sorta di sadismo) da organismi di ricerca nazionali e internazionali, tutti temiamo il default della nostra economia. E d’altra parte basta osservare le nostre città per capire che siamo in recessione. Negozi che chiudono e cartelli di “Affittasi” tanto numerosi da segnalare la crisi delle economie cittadine. Il disagio economico si aggrava anche perchè è palpabile l’incapacità delle classi dirigenti di offrire una prospettiva diversa da quella dell’austerità costi quel che costi. Senza speranze. Che l’eredità lasciata dal governo dei berluscones era da far tremare i polsi era noto. Ma è evidente ormai che la tecnicità dei nuovi governanti non ha qualità tali da invertire la tendenza al degrado. Perchè? Paul Krugman è stato premio Nobel per l’economia nel 2008. Scrive editoriali sul New York Time. Nel suo ultimo scritto sostiene che la politica economica voluta dalla Germania e accettata da tutti i governi, compreso quello italiano, è da considerare una follia che porterà al disastro dell’Europa. Lo scienziato argomenta la sua tesi ricordando come la stessa politica fu applicata per contrastare la crisi del millenovecentoventinove con risultati catastrofici. La storia non è maestra di vita se di fronte alla crisi provocata dal liberismo, le classi dirigenti propongono gli stessi dogmi monetaristi considerati causa prima della recessione che stiamo vivendo. Difficile immaginare come si potrà raggiungere il pareggio di bilancio se l’economia reale non cresce. Disagio sociale a parte, i milioni di disoccupati aggiunti a lavoratori precari e a pensionati impoveriti dall’inflazione, difficilmente potranno contribuire alle entrate dello Stato. Il crollo dei consumi del mercato interno difficilmente sarà compensato dalle esportazioni. Siamo al punto che anche Monti sta contabilizzando i suicidi causati dai fallimenti di aziende o dalla disoccupazione. Stiamo meglio della Grecia, ci rassicura il bocconiano al governo. Meno male. Dal governo ci viene comunicato che di crescita si potrà cominciare a parlare, se va bene, tra un anno. E la politica che ci dice al riguardo? Nulla. I cosi detti moderati si apprestano a formare due nuovi partiti. Uno a marchio Casini, Fini, Rutelli. L’altro sarà un’altra meravigliosa creatura figlia del “nostro”. Sì, tranquilli. Berlusconi non ci abbandona ai “comunisti”. Subito dopo le elezioni amministrative di maggio, al posto del PDL avremo qualcosa d’altro con a capo l’impresario degli spettacoli di burlesque di Arcore. All’ottimo Alfano, sarà assicurato un ruolo importante. I moderati si rifondano e il centrosinistra che farà ? Il Partito democratico ha molti difetti, ma ha il pregio non da poco di non essere un “partito personale”. Potrebbe svolgere un ruolo decisivo se riuscisse a lottare contro il qualunquismo montante facendo scelte radicali per tutto ciò che riguarda il rapporto tra finanziamenti pubblici e la politica. Non basta sostenere che la democrazia ha un costo o che senza soldi pubblici soltanto i ricchi possono svolgere una funzione pubblica. Il finanziamento ai partiti non ha certo impedito che il miliardario padrone di Mediaset, sgovernasse l’Italia per quasi un ventennio. Tagliare significativamente i rimborsi pubblici è obbligatorio per recuperare una qualche credibilità all’agire politico. I primi a dover sostenere economicamente un partito devono essere i suoi dirigenti, i militanti, i simpatizzanti e gli elettori: questo deve essere il patrimonio essenziale. Il pubblico può intervenire anche fornendo strutture e servizi diversi dai soldi per facilitare l’attività politica. Il nodo però è come rendere la politica utile ai cittadini. A oggi prevale una politica che al massimo sembra una tecnica utile (quando lo è) per amministrare l’esistente. Misteriosi rimangono i meccanismi di selezione dei gruppi dirigenti e la passione sembra esplodere soltanto nella competizione elettorale. La politica non è solo questo e un partito ha il diritto dovere di educare alla democrazia e a progettare un futuro secondo ideali e valori condivisi. I partiti del centrosinistra hanno l’obbligo di rappresentare coloro che dalla crisi sono ricacciati a condizioni di vita inaccettabili perchè ingiuste. Galleggiare sull’esistente senza combattere esplicitamente i dogmi del liberismo e i privilegi del ceto politico allontanerà dalla politica sempre più gente. E al default dell’economia si aggiungerà quello della democrazia repubblicana.
Corriere dell’Umbria 22 aprile 2012