Quel movimento di massa riconducibile alla cooperazione tra gli
uomini e le donne, diffusosi dall’Inghilterra della rivoluzione
industriale come difesa dalla crudeltà delle condizioni di vita
dei lavoratori, ha storicamente avuto limpidi scopi: produrre
ricchezza in modo solidale, avere assistenza, difendere il proprio
potere di acquisto. Quel moto realizzato dal movimento operaio è
cresciuto negli anni in ogni angolo del globo.
Nel mondo globalizzato le persone che lavorano in forma
cooperativa, aderenti all’Alleanza Cooperativa Internazionale,
sono oltre 750 milioni. L’ACI è un’associazione che non ha uguali
per numero di organizzati e per diffusione.
Il terzo settore italiano rappresenta una parte significativa
della struttura economica del Paese ed è l’unico che dalla crisi
degli anni ’90 è uscito ristrutturandosi anche allargando la
propria base economica ed occupazionale. Settori strategici come
la grande distribuzione hanno come protagoniste fondamentali
imprese cooperative, uniche a contrastare le grandi corporation
europee e mondiali del settore. Soltanto una sorta di cieco
provincialismo può considerare le cooperative come un fatto
residuale dei vecchi movimenti solidaristici dell’ottocento. Le
coop sono le imprese che più crescono nel nostro Paese da qui
bisogna partire.
L’esplodere dell’affair “Unipol-BNL” ha prodotto una violenta
polemica non solo tra i berluscones e i diesse, ma anche
all’interno di tutto il centrosinistra. Non si tratta di un
complotto, ma di qualcosa di più bizzarro. Non è stravagante
accusare Fassino perché si è interessato di come andava l’OPA di
Unipol sulla BNL? Il capo del maggior partito italiano non deve
essere informato di un fatto economico di tale rilevanza? Che cosa
centra la commistione tra affari e politica? Dei comportamenti e
dei rapporti di Consorte con gli “scalatori” di RCS e di
Ambronveneta è responsabile Consorte non certo il segretario
diessino. Tifare per Abete è consentito e per l’Unipol no? Perché?
La “colpa” della sinistra è di ben altra natura. Ed è tutta
politica. Ideologica si potrebbe dire, gli affari centrano poco.
Uno storico dirigente della sinistra, Bruno Trentin, ha scritto
che il mondo della cooperazione ha perso l’anima. L’onorevole
Bersani ha detto che le “coop hanno cambiato faccia e natura”
senza che i diesse ne razionalizzassero il cambiamento. Non sono
affermazioni di poco conto, ma bisogna andare più a fondo del
problema. L’analisi forse confermerebbe che inseguire l’avversario
politico utilizzando la stessa concezione del mondo porta in una
strada in cui è la sinistra che può perdere l’anima. E’ ormai
introitato anche nella sinistra l’idea che la politica è la
semplice gestione dell’esistente all’interno di orizzonti fissati
dall’ideologia liberista imperante. Nessuna riflessione seria è
stata fatta. Ad esempio, sulla politica delle privatizzazioni. Con
quelle già realizzate è migliorata la concorrenza? I consumatori
hanno tratto qualche vantaggio o le tariffe sono aumentate e i
servizi peggiorati? Anche il mondo delle coop ha subito il fascino
del libero mercato e delle governance fatte dai manager che
decidono tutto sulla testa dei soci e dei lavoratori?
Bisognerebbe discutere di questo dando per acquisito che una
sinistra senza etica non può vivere. Cooperare senza una forte
eticità non avrebbe senso. La discussione dovrebbe essere
trasparente e non può riguardare solo i DS. Ritenere che si potrà
lucrare qualche voto dalla difficoltà di Fassino e D’Alema è un
grave errore sia per Rutelli che per gli altri unionisti.
L’Unione può battere la destra soltanto se i diessini riusciranno
a contrastare la campagna mediatica che si è scatenata contro di
loro. Quando il maggior quotidiano italiano pubblica quindici
pagine di notizie, interviste e commenti sulla vicenda
dell’Unipol, forse non si deve parlare di complotto, ma c’entra
poco anche la libertà d’informazione.
Utile sarebbe, per il centrosinistra, evitare forzature che
c’entrano poco con la morale che, insisto, è un pre-condizione per
un dirigente della sinistra. Un palpito leggero di solidarietà
sarebbe educato tra alleati.
Il segretario umbro di Rifondazione ha, attraverso l’agenzia del
consiglio regionale, espresso giudizi molto aspri rispetto alle
intercettazioni delle telefonate di Fassino. Giudizi che non
aiuteranno la discussione. Ma più interessanti sono le
dichiarazione di Vinti sul mondo della cooperazione anche umbra.
Vinti dice: “…il movimento cooperativo recuperi valori fondanti ed
originari…Per farlo è necessario che le risorse, spesso di
provenienza pubblica, siano investite per accrescere la qualità
del lavoro, accantonando ogni tentazione di sfruttamento delle
quali vediamo esempi in alcune cooperative sociali, anche umbre,
nelle quali troppo spesso si sacrifica la stessa dignità del socio
lavoratore.” Punto a capo, si potrebbe dire. Vinti è un
consigliere regionale che altre volte ha affrontato, con
comunicati, la questione delle cooperative sociali umbre.
Rifondazione è al potere nella nostra regione. Possibile che
nessuno si senta in dovere di dire qualcosa in merito a quanto
denunciato dal segretario? E il segretario non ha altri strumenti
d’intervento su un problema così delicato?
Comincia alla grande il 2006. Scopriamo che Berlusconi facendo
politica ci ha rimesso quattrini. Eravamo convinti del contrario
fuorviati dalla propaganda comunista. Evidentemente lo stato
patrimoniale della famiglia Berlusconi nel 1994, l’anno della
scesa in campo del cavaliere, era migliore dello stato
patrimoniale del 2005. I bilanci di Fininvest e di Mediaset dicono
il contrario, ma forse si tratta di errori di stampa.
Corriere dell’Umbria 8 gennaio 2005

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