Altra settimana all’insegna delle divisioni all’interno del centrosinistra. Questa volta a far notizia è la dichiarazione di non voto della senatrice Levi Montalcini. Tagliare i fondi per la ricerca del 20% è considerato inaccettabile per tutto il mondo dell’Università  e della ricerca di base. Il rifiuto della senatrice premio Nobel, è emblematico dello stato di confusione prodotto da una finanziaria senza alcun criterio se non quello del risanamento dei conti pubblici. Se c’è discussione attorno al livello del declino economico del Paese, tutti concordano che il disastro storico dell’Italia va collocato negli insufficienti fondi destinati al mondo della scuola e della ricerca in generale. Siamo il Paese europeo con il più basso indice di brevetti presentati. Ed è cosa nota e denunciata da tutti, la fuga di “cervelli” verso altri lidi lontani dall’Italia. Ha un bel complementarsi con se stesso Prodi per il via libera ottenuto a Bruxelles sulla finanziaria. Nei cinque anni di governo, Berlusconi e Tremonti hanno sempre avuto il benestare della Commissione Europea. Poi abbiamo visto che è successo alle finanze dello Stato: voragini che adessso il centrosinistra dovrà  colmare. Non tutti i risparmi di spesa hanno lo stesso significato. Quelli previsti per la ricerca non si possono considerare virtuosi, ma delittuosi. Che la finanza pubblica debba essere risanata è vero ed è vero che si può risparmiare su molti settori. Tagli indiscriminati, però, possono produrre soltanto disastri. Quella sorta di caravanserraglio che è diventato il Parlamento, sta affrontando la discussione attorno alla finanziaria senza che emerga con chiarezza quale sia il progetto del governo. Si abbassa l’ICI per le attività  commerciali della chiessa, perchè così vuole Mastella e si tagliano i fondi per la ricerca. Stupendo. Che deve pensare un elettore di centrosinistra? Strattonato dalle diverse corporazioni, insultato dal pluripresidente Luca Cordero di Montezemolo, annichilito dalla volontà  dei vari “capi” di partito e partitino, Prodi naviga a vista.

Il capo del governo sembra riporre le sue speranze di durata nel processo di formazione del partito democratico. Che la formazione del partito democratico non sarebbe stato un pranzo di gala lo si poteva ben comprendere. Una politica vissuta come carriera personale dal ceto politico al potere non è un buon viatico per aggregare forze. La rivendicazione della propria nobile identità  era scontata. La difficle riconoscibilità  di valori comuni tra un Rutelli e un Mussi non aiuta a prefigurare una vita in comune. Sarà  una vita vissuta pericolosamente canterebbe il grande Vasco. Si capisce poco perchè in una situazione confusa come l’attuale si siano voluti accellerare i tempi di costruzione del nuovo partito. Che la gente voglia l’unità  è cosa scontata. Che i piccoli partiti del centrosinistra abbiano un appeal soltanto sufficiente ai vari Pecoraro Scanio per contrattare poltrone è cosa nota. Ma piccoli sono e piccoli sono destinati a rimanere. Non è scontato che l’unità  si costruisca soltanto dentro un partito. Non ci sono elezioni in vista e forse sarebbe stato meglio, piuttosto che accellerare, riflettere su cosa serve all’Italia per uscire dalla crisi democratica che attraversa.

Di cosa abbiamo bisogno? Che Rutelli e Fassino stiano nella formazione politica o la priorità  è diversa?

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