Si parli finalmente di programmi

Il risultato delle elezioni primarie per la scelta del candidato della coalizione di
centrosinistra in Puglia ha provocato una discussione molto aspra all’interno dei
partiti. L’inaspettato successo dell’onorevole Vendola è stata la miccia che ha
fatto esplodere le tensioni sopite soltanto qualche giorno prima tra i leader del
raggruppamento che fa capo a Prodi. Ad essere più preoccupati, con molte
ragioni, sono i diessini che si ritrovano ad essere stretti tra i niet di Rutelli e le
esigenze di un Prodi sempre più incastrato dalla scelta di formare liste uniche
dei riformisti e con l’imposizione di elezioni primarie per la conferma popolare
del leader anti cavaliere. Non è che abbiano torto coloro che ritengono una
forzatura sia l’una che l’altra cosa. Dalla sua Prodi ha l’esigenza di non correre
il rischio di ritrovarsi a guidare un governo completamente esposto alle
“esigenze” dei singoli partiti del raggruppamento del centrosinistra. Abbiamo a
che fare con alcuni leader che quanto a prosopopea e improvvisazioni sciocche
non hanno limiti. Che Rutelli possa affermare che il centrosinistra deve fare a
meno del valore dell’ uguaglianza o che dichiari vecchiume la socialdemocrazia,
è l’ultimo esempio dell’aprir bocca e dargli fiato senza che il dire passi per il
cervello. Nessuna meraviglia, non una novità  per l’ex radicale ottimo
competitor di Berlusconi nelle elezioni del 2001.
La strada voluta dal professor Prodi per questa sorta di assicurazione personale
sembra essere perigliosa. La lista unica per le elezioni europee non ha ottenuto
straordinari consensi per i riformisti. Basta analizzare i dati elettorali per
verificarlo.
Quando tutti si riconoscono nella leadership di Romano Prodi si capisce poco
perchè si vogliano elezioni primarie subito dopo la competizione regionale,
quale è la logica? Una bella consultazione di massa sui programmi e sulle cose
da fare una volta al governo non sarebbe stata cosa più utile e saggia? E’ poco
comprensibile che si chiami la gente al voto per una cosa chiamata “primarie”
per poi meravigliarsi delle conseguenze che il processo che si attiva può
provocare. Le primarie presuppongono regole certe e non improvvisazioni.
Sarebbe stato utile studiare come e perchè negli USA si è imposto questo
metodo di selezione delle classi dirigenti. Non tutti sanno che esso fu scelto
come una risposta “da sinistra” alla crisi dei partiti politici americani. Finite
nelle mani di boss e di apparati oligarchici, le organizzazioni politiche di allora,
manipolavano le candidature per le diverse elezioni in modo così brutale da
allontanare la gente dalla vita pubblica. Ogni riferimento alla situazione italiana
attuale è puramente casuale. Poi, con periodi di crescita e di crisi, negli anni il
meccanismo si consolidò e si trasformò radicalmente. I partiti da associazioni
private con i loro statuti e norme liberamente scelti dagli iscritti, divennero
“agenzie governative” disciplinate da leggi dello Stato. Oggi per poter essere
eletto in qualsiasi consesso in USA la prima esigenza è quella di avere molti
quattrini per partecipare alle primarie. Tutti possono partecipare, ma costa,
costa molto e sono le lobby economiche che decidono il tutto. Quelle che Prodi
vuole non sono comunque primarie all’americana come dicono alcuni. Si tratta
più semplicemente di una verifica di massa dell’appeal del candidato del
centrosinistra al di là  della volontà  dei leader di partito. La cosa potrebbe
aiutare a ridare fiato ad una coalizione scossa da incomprensibili litigi, ma per
cortesia non chiamatele primarie. E cominciate ad occuparvi di altro.

Ancora una volta, a pochi mesi dalle elezioni regionali il centrosinistra appare
diviso. Nessuno è stato informato di quali programmi e quali idee l’Ulivone ha
per governare gli enti regionali in una fase di profonda crisi del Paese. Sapere
che non c’è ancora accordo su come chiamare l’alleanza rasenta il ridicolo, anzi
lo scavalca.
La questione riguarda anche noi. Il centrosinistra governa l’Umbria da molti
anni e, quindi, si potrebbe pensare che la continuità  con le cose fatte sia
sufficiente a confermare il centro-sinistra al governo. Ed è pur vero che la
destra non sembra produrre alcunchè di diverso dall’inchino perpetuo al
berlusconismo e all’Unto del Signore. Ed è vero che il potere gestito prima dai
comunisti e socialisti umbri, poi più recentemente dal centrosinistra, non ha
prodotto miseria e morte come urla il Berlusconi rampante ad imitazione di
Bush che, come è noto a tutti, è in lotta perpetua contro il male. E’ evidente
anche ai più sprovveduti che l’Umbria è divenuta regione moderna e civile
anche grazie al lavoro amministrativo e politico dei gruppi dirigenti che per
decenni hanno diretto la nostra comunità . La propaganda della destra rimane
brutale forzatura dello stato di cose esistente in Umbria ed anche per questa
ragione non riesce a costruire una proposta alternativa di governo credibile.
Questo però non risolve la questione di come rendere più incisiva ed adeguata
in questi tempi difficili e incerti l’azione di governo del centro-sinistra in
Umbria. Non c’è bisogno di una riflessione programmatica su cosa e come
innovare una società  che soffre di mali antichi, ma anche di contraddizioni della
modernità ? Siete certi che non sia il caso di analizzare la condizione del lavoro
dei giovani. E delle nuove povertà  dovute alla crisi economica vogliamo
parlarne nei programmi di governo o siamo convinti che tutto va bene? Siamo
certi che l’ideologia delle privatizzazioni di tutto, compresa l’acqua, sia ancora
oggi una linea giusta? I disastri prodotti dal liberismo rampante sono sotto gli
occhi di tutti. Non è tempo di ripensare alla salvaguardia pubblica dei beni
comuni considerando che il libero mercato per sua natura non può farlo?
Corriere dell’Umbria 23 gennaio 2005

L’oligarchia romana decide tutto

Sembra proprio che ci stiamo abituando a tutto. Sarà  che la politica interessa
soltanto chi la pratica come una carriera qualsiasi, ma nessuno sembra
interessarsi troppo al degrado del sistema politico e, come obbligata
conseguenza, della democrazia repubblicana. Intellettuali, politici, editorialisti
di fama di tutte le sensibilità  politiche, continuano a propinarci un’idea della
democrazia radicalmente diversa da quella prevista dalla Carta Costituzionale.
Qualche esempio concreto. Un addetto ai lavori mi ha spiegato che le
lacerazioni del centrosinistra si stanno sanando a livello nazionale, non c’è da
preoccuparsi troppo. E Prodi ci dice che la grande alleanza democratica non ha
tensioni, si discute. Venendo al sodo, Mastella non avrà  un candidato
dell’Udeur a presidente di regione, ma in compenso potrà  ottenere qualche
assessore di peso e un vice presidente di regione. Notando il mio stupore,
l’interlocutore mi ha rassicurato: a Roma si sta trattando non solo la
spartizione dei candidati presidente, ma anche dei componenti delle prossime
giunte regionali. Nessun commentatore politico di destra o di sinistra ha
rilevato l’assurdità  di un sistema che prevede la scelta centralizzata dei capi dei
governi regionali. Anche la sinistra ex radicale si è adeguata al tavolo nazionale
che decide ciò che dovrebbe essere di competenza e responsabilità  locale. Tutti
federalisti Inox, i “nostri” leader si accingono a somministrare da Roma la lista
dei candidati di tutte le regioni, inoltre, si impegnano a sollevare i futuri
presidenti eletti dalla fatica di scegliere da soli gli assessori regionali. Bellissimo,
non trovate? Gli uscieri, le dattilografe e gli impiegati di concetto potranno
essere selezionati dalle forze politiche locali? Ci assicurano che risolto il
problema della sistemazione di famigli, nipoti e amici qualche posto rimarrà  da
ricoprire, non c’è da impensierirsi. Il Manuale Cancelli risorge con vigore dalle
ceneri delle antiche lottizzazioni.
Nel 2006 poi, per le elezioni politiche, nessuno dovrà  affaticarsi per scegliere i
candidati nei collegi della Camera e del Senato: l’oligarchia romana farà  tutto il
lavoro. Non è stupendo? A noi spetta soltanto l’obbligo di votare per il
miracolato di turno. Alla faccia di ogni criterio di rispetto dell’autonomia locale
si è creata una situazione che potremmo definire di democrazia guidata e
protetta. La destra ha un padre-padrone solitario nella gestione del potere, il
centro-sinistra una nomenclatura rumorosa e rissosa. Non tutti sanno
apprezzare la differenza.
Qualcuno cercherà  di convincerci che è sempre stato così. Sbaglia di grosso e
racconta bugie. Roma non ha mai scelto il presidente della Regione dell’Umbria.
O meglio, lo ha fatto una volta in occasione della stagione del nuovo che
doveva avanzare. Le conseguenze di quella scelta romana come è noto ai
protagonisti di allora, non sono state lievi sul sistema politico umbro. Il nuovo
è avanzato alla grande tra l’entusiasmo delle masse popolari e oggi se ne
vedono gli straordinari risultati.
Non è un grande risultato il fatto che a pochi mesi dalle elezioni regionali in
Umbria si stia ancora discutendo con quale legge elettorale si dovrà  andare al
voto? Sembrava prevalere la posizione della presidente Lorenzetti tesa ad
evitare forzature e non toccare la legge vigente poi, con uno scatto di reni non
comune, i riformisti e alleati sembra che abbiano trovato l’accordo per una
nuova legge elettorale da presentare e approvare, sia anche come l’ultimo atto

di un consiglio già  in scioglimento. Bravissimi ed efficientissimi i capo gruppo
regionali del centro-sinistra. Pur sapendo che per l’intreccio con la vicenda
dello statuto può risultare inutile il tentativo, vogliono provare ad aumentare i
consiglieri, ma più che altro si affaticano per realizzare un meccanismo
elettorale che assicuri ad un certo numero di candidati di essere eletti senza
bisogno di essere votati da nessuno. Il consenso popolare per qualcuno è un
optional arcaico.
Non è chiarissimo quale sarà  la maggioranza che approverà  la nuova legge. Se
la destra non ci sta che cosa fa il centrosinistra vota ugualmente a
maggioranza semplice? Allora ha ragione il cavaliere, ex presidente
dell’A.C.Milan, quando sostiene di voler cambiare da solo le regole del gioco?
Nel merito si può dire che non è indecente il fatto di voler aggiungere sei
consiglieri all’assemblea regionale. Se il consiglio avrà  competenze e un ruolo
più significativo di quello odierno, l’aumento ci potrebbe stare. Lo scandalo sta
nei tempi dell’approvazione della legge elettorale e nel voler salvaguardare nel
voto i leader del ceto politico locale di destra, di centro e di sinistra. Una
banalissima domanda: possibile che non vi sia l’ambizione di verificare nel
concreto, con la gente, la propria leadership e ci si accontenti del consenso
degli esangui organi di partito? Dove è nascosta la passione per la politica?
Si stanno comunque incartando con le loro macchinazioni.
Non si sa se ridere o piangere. Gli ottimisti sostengono che è meglio ridere.
Dicono che ormai la politica è così lontana dal comune sentire che quello che fa
o non fa il ceto politico incide così poco nella realtà  da essere insignificante. I
pessimisti invece suggeriscono il pianto. Pensano con qualche ragione che
senza una rifondazione della politica non ci sia speranza per il nostro Paese.
Permanendo questa situazione di degrado della vita pubblica sarebbe possibile,
anche in presenza di una vittoria del centrosinistra alle prossime elezioni, la
continuazione del berlusconismo senza Berlusconi. Una prospettiva non proprio
entusiasmante.
Corriere dell’Umbria 9 gennaio 2005