Sembra proprio che ci stiamo abituando a tutto. Sarà  che la politica interessa
soltanto chi la pratica come una carriera qualsiasi, ma nessuno sembra
interessarsi troppo al degrado del sistema politico e, come obbligata
conseguenza, della democrazia repubblicana. Intellettuali, politici, editorialisti
di fama di tutte le sensibilità  politiche, continuano a propinarci un’idea della
democrazia radicalmente diversa da quella prevista dalla Carta Costituzionale.
Qualche esempio concreto. Un addetto ai lavori mi ha spiegato che le
lacerazioni del centrosinistra si stanno sanando a livello nazionale, non c’è da
preoccuparsi troppo. E Prodi ci dice che la grande alleanza democratica non ha
tensioni, si discute. Venendo al sodo, Mastella non avrà  un candidato
dell’Udeur a presidente di regione, ma in compenso potrà  ottenere qualche
assessore di peso e un vice presidente di regione. Notando il mio stupore,
l’interlocutore mi ha rassicurato: a Roma si sta trattando non solo la
spartizione dei candidati presidente, ma anche dei componenti delle prossime
giunte regionali. Nessun commentatore politico di destra o di sinistra ha
rilevato l’assurdità  di un sistema che prevede la scelta centralizzata dei capi dei
governi regionali. Anche la sinistra ex radicale si è adeguata al tavolo nazionale
che decide ciò che dovrebbe essere di competenza e responsabilità  locale. Tutti
federalisti Inox, i “nostri” leader si accingono a somministrare da Roma la lista
dei candidati di tutte le regioni, inoltre, si impegnano a sollevare i futuri
presidenti eletti dalla fatica di scegliere da soli gli assessori regionali. Bellissimo,
non trovate? Gli uscieri, le dattilografe e gli impiegati di concetto potranno
essere selezionati dalle forze politiche locali? Ci assicurano che risolto il
problema della sistemazione di famigli, nipoti e amici qualche posto rimarrà  da
ricoprire, non c’è da impensierirsi. Il Manuale Cancelli risorge con vigore dalle
ceneri delle antiche lottizzazioni.
Nel 2006 poi, per le elezioni politiche, nessuno dovrà  affaticarsi per scegliere i
candidati nei collegi della Camera e del Senato: l’oligarchia romana farà  tutto il
lavoro. Non è stupendo? A noi spetta soltanto l’obbligo di votare per il
miracolato di turno. Alla faccia di ogni criterio di rispetto dell’autonomia locale
si è creata una situazione che potremmo definire di democrazia guidata e
protetta. La destra ha un padre-padrone solitario nella gestione del potere, il
centro-sinistra una nomenclatura rumorosa e rissosa. Non tutti sanno
apprezzare la differenza.
Qualcuno cercherà  di convincerci che è sempre stato così. Sbaglia di grosso e
racconta bugie. Roma non ha mai scelto il presidente della Regione dell’Umbria.
O meglio, lo ha fatto una volta in occasione della stagione del nuovo che
doveva avanzare. Le conseguenze di quella scelta romana come è noto ai
protagonisti di allora, non sono state lievi sul sistema politico umbro. Il nuovo
è avanzato alla grande tra l’entusiasmo delle masse popolari e oggi se ne
vedono gli straordinari risultati.
Non è un grande risultato il fatto che a pochi mesi dalle elezioni regionali in
Umbria si stia ancora discutendo con quale legge elettorale si dovrà  andare al
voto? Sembrava prevalere la posizione della presidente Lorenzetti tesa ad
evitare forzature e non toccare la legge vigente poi, con uno scatto di reni non
comune, i riformisti e alleati sembra che abbiano trovato l’accordo per una
nuova legge elettorale da presentare e approvare, sia anche come l’ultimo atto

di un consiglio già  in scioglimento. Bravissimi ed efficientissimi i capo gruppo
regionali del centro-sinistra. Pur sapendo che per l’intreccio con la vicenda
dello statuto può risultare inutile il tentativo, vogliono provare ad aumentare i
consiglieri, ma più che altro si affaticano per realizzare un meccanismo
elettorale che assicuri ad un certo numero di candidati di essere eletti senza
bisogno di essere votati da nessuno. Il consenso popolare per qualcuno è un
optional arcaico.
Non è chiarissimo quale sarà  la maggioranza che approverà  la nuova legge. Se
la destra non ci sta che cosa fa il centrosinistra vota ugualmente a
maggioranza semplice? Allora ha ragione il cavaliere, ex presidente
dell’A.C.Milan, quando sostiene di voler cambiare da solo le regole del gioco?
Nel merito si può dire che non è indecente il fatto di voler aggiungere sei
consiglieri all’assemblea regionale. Se il consiglio avrà  competenze e un ruolo
più significativo di quello odierno, l’aumento ci potrebbe stare. Lo scandalo sta
nei tempi dell’approvazione della legge elettorale e nel voler salvaguardare nel
voto i leader del ceto politico locale di destra, di centro e di sinistra. Una
banalissima domanda: possibile che non vi sia l’ambizione di verificare nel
concreto, con la gente, la propria leadership e ci si accontenti del consenso
degli esangui organi di partito? Dove è nascosta la passione per la politica?
Si stanno comunque incartando con le loro macchinazioni.
Non si sa se ridere o piangere. Gli ottimisti sostengono che è meglio ridere.
Dicono che ormai la politica è così lontana dal comune sentire che quello che fa
o non fa il ceto politico incide così poco nella realtà  da essere insignificante. I
pessimisti invece suggeriscono il pianto. Pensano con qualche ragione che
senza una rifondazione della politica non ci sia speranza per il nostro Paese.
Permanendo questa situazione di degrado della vita pubblica sarebbe possibile,
anche in presenza di una vittoria del centrosinistra alle prossime elezioni, la
continuazione del berlusconismo senza Berlusconi. Una prospettiva non proprio
entusiasmante.
Corriere dell’Umbria 9 gennaio 2005

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