da Francesco Mandarini | Dic 28, 2010
La mia è stata una generazione politicamente fortunata. Non solo perchè nel mondo dei nostri venti anni la caratteristica essenziale che accompagnava le aspettative del popolo era la speranza di una vita migliore, ma anche perchè chi iniziava a militare nel sindacato o nella variegata struttura del movimento operaio, si poteva confrontare e formare politicamente, attraverso un rapporto intenso con una generazione non comune di dirigenti.
La loro singolarità non era frutto soltanto della storia che avevano vissuto nella loro giovinezza: l’opposizione al fascismo, la Resistenza, che per molti di loro, ha rappresentato il viatico all’impegno politico, a guida delle aspre lotte del primo dopoguerra per la realizzazione di una democrazia di massa, come occasione di formazione politica ed umana. Nonostante l’egemonia democristiana, la sinistra italiana, comunista e socialista, riuscì a costruire un movimento politico che, pur condizionato dalla guerra fredda, seppe interpretare al meglio le esigenze di un popolo travolto dalla guerra nazi-fascista.
Quello che fu chiamato il partito nuovo fu frutto dell’intelligenza di Togliatti e dei dirigenti usciti dalla clandestinità e tornati dall’emigrazione politica. Questo gruppo dirigente, il cui prestigio era leggendario, riuscì ad aprirsi alla generazione di uomini e donne, cresciuta nella lotta di liberazione, nel conflitto elettorale per la Repubblica, che, dopo la bruciante sconfitta delle elezioni politiche del 1948, rimase in campo con enormi sacrifici personali e familiari.
Il rinnovamento del partito non fu un processo facile, lineare. Lo stalinismo era il brodo culturale di una parte rilevante del gruppo dirigente, ma anche gran parte del popolo comunista si riconosceva nel legame internazionalista inteso, di fatto, come rapporto di subalternità all’URSS vittoriosa sul nazi-fascismo.
I vincoli formali e sostanziali, le liturgie che regolavano la vita interna del partito, rendevano il processo di rinnovamento dei gruppi dirigenti difficile e contraddittorio.
La discussione interna ai partiti del movimento operaio non fu un pranzo di gala. Rispetto alla trasformazione del partito da avanguardia della rivoluzione a partito della democrazia progressiva, lo scontro interno fu aspro, lacerante. Soltanto con l’ottavo congresso del Pci prevalsero le forze del rinnovamento e si accelerò la costruzione di un movimento politico di massa capace di radicarsi nella realtà che voleva trasformare.
Su questi temi esiste una letteratura imponente, i vari passaggi vissuti dal partito sono stati ampiamente analizzati e descritti. Per quanto mi riguarda, tuttavia, i processi di conoscenza e di comprensione sono stati frutto non solo di letture, ma soprattutto dell’intenso rapporto che ho avuto da giovanissimo con alcuni dei protagonisti di quelle discussioni, di quei drammatici congressi di partito. Intendiamoci, vincoli e liturgie rimasero, furono una costante anche nel partito post XX congresso del PCUS.
Nell’ottobre del 1956 Raffaele Rossi, in un bilancio sul dibattito della federazione ternana dopo il Rapporto Krusciov, scrive: “No, questo modo di discutere non è una cosa positiva e io non credo che servirà a qualcosa. La discussione nella sezione di una città della nostra provincia aveva avuto questa caratteristica. Quando qualche giorno dopo un dirigente della federazione invitò i segretari delle sezioni di quel comune a riunirsi per discutere del XX Congresso, costoro unanimemente risposero: no, lasciateci in pace con le critiche a Stalin. Abbiamo la lotta dei mezzadri cui pensare.”. E’ un esempio di come fu difficile trasformare l’utopia del socialismo in un discorso di dolorosa verità che consentisse di avanzare nella costruzione di un partito di massa che avesse come obbiettivo primario una repubblica democratica, come terreno più avanzato per la costruzione di una società socialista diversa da quelle conosciute.
Insomma, una sensibilità , diciamo così, di staliniana memoria non ha mai cessato di esistere sia ai vertici sia alla base del PCI, ma la mia è stata una formazione politica che ha avuto maestri diversi.
I miei tutori erano tutti espressione di una generazione che aveva fatto i conti con le tragedie dell’URSS e del movimento internazionalista. Leader fortemente legati alla società ed espressione di quel tessuto democratico rifiorito dopo la caduta del fascismo. Molti di loro, compreso Raffaele Rossi, abbandonarono la professione, il posto fisso, per divenire funzionari di partito stipendi, quando c’erano, che definire miseri è un complimento. Per la cronaca. Fino a tutti gli anni 80, il trattamento di un funzionario del PCI non poteva superare quello di un operaio metalmeccanico al massimo della carriera. La sobrietà come vincolo del lavoro politico era un valore che oggi sembra smarrito.
Operaio in una grande fabbrica, con la timidezza e l’incoscienza dei miei diciotto anni, mi apprestai alla militanza politica con lo spirito dell’allievo. (altro…)
da Francesco Mandarini | Dic 23, 2010
Le parole sono pietre, scriveva Carlo Levi negli anni 50 a indicare il peso che una parola, una definizione ha nella vita delle persone e della società . L’Italia vive una stagione politica in cui le parole sono così evanescenti da non far comprendere un significato, una caratteristica, una qualità . Prendiamo ad esempio l’ultima promessa di Berlusconi: unirò i moderati a sostegno del governo. Bene. Ma chi sono i moderati? Considerare il PDL un partito di moderati sembrerebbe eccessivo. Se il moderatismo significa anche il rispetto di chi non la pensa come te, considerare moderato il ministro La Russa o Capezzone o Gasparri o la ministra Brambilla parrebbe troppo.
In generale non sembra che questa caratteristica sia una qualità del PDL. Rientrano nel moderatismo le scelte, i comportamenti e gli obbiettivi dei leghisti? Sono moderate le gerarchie Vaticane? Certamente lo sono nei confronti del governo della destra. Non lo furono nei confronti del governo di centrosinistra contro il quale si batterono con determinazione nonostante che, ad iniziare da Prodi, i cattolici erano ben presenti nella compagine governativa. Gli alti prelati considerano oggi, a differenza di ieri, un valore a priori la stabilità del governo. La questione etica è risolvibile con qualche costosa indulgenza. A Prodi nulla fu perdonato. La Treccani definisce così un uomo moderato: “Equilibrato, misurato, pacato, sobrio, tranquillo”. Tutte definizioni che come è noto si attagliano alla perfezione al capo del governo. Altro che moderati. In realtà l’obbiettivo di Berlusconi è quello di continuare nella fruttuosa strada dell’acquisizione di singoli parlamentari. Senza conversioni le magnifiche sorti del governo Berlusconi-Calearo sono segnate: elezioni anticipate in primavera. Le parole sono pietre ma oggi sembra che non ci facciano più afferrare la realtà . Essere contro la violenza è un dovere civico e democratico. La violenza del bruciare un’auto o spaccare una vetrina o aggredire un poliziotto è cosa grave, ma questa diventa una predica sterile se la politica non fa uno sforzo per capire ciò che ha portato un giovane di diciotto anni ad un gesto violento. Quando il capo della polizia, Manganelli, denuncia la solitudine delle forze dell’ordine nell’affrontare un disagio sociale sempre più esteso, richiama la politica al suo dovere di risolvere i problemi. E la politica invece continua a galleggiare nei suoi riti sempre più lontani dalla vita del popolo. Ciò che si è visto martedì alla Camera dei Deputati rientra nel processo di degrado istituzionale iniziato con la così detta seconda repubblica. Il Parlamento ridotto ad un suk in cui i “procuratori” gioivano per gli acquisti fatti. E l’Italia della gente comune? Chi paga le tasse subisce un salasso di dimensioni epiche, solo due Paesi nordici hanno una pressione fiscale maggiore. In compenso abbiamo il record europeo per l’evasione, cresciuta nell’ultimo anno. Quel che resta dello stato sociale ricadrà interamente sulle Regioni e sulle amministrazioni locali che, dopo i tagli di Tremonti, saranno obbligate ad aumentare tariffe o a chiudere ulteriormente i servizi ai cittadini. Berlusconi continuerà a dire che non mette le mani sulle tasche dei cittadini. Per suo conto lo faranno i sindaci e le amministrazioni regionali. L’Italia è il Paese d’Europa con la maggior percentuale di disoccupazione giovanile. Una donna su due non lavora. E’ un dato di fatto che almeno due generazioni saranno costrette ad un lavoro precario, senza speranze di un miglioramento futuro. Sono mesi e mesi che il mondo della scuola, della ricerca protesta per una riforma universitaria apprezzata soltanto dai rettori e il governo non ha trovato il tempo e il modo di ascoltare le loro voci. Anzi ne vuole un’approvazione rapida, prima di Natale, una provocazione. Se qualcuno continuerà a protestare, Maroni assicura una bella repressione. Si può sostenere che la vittoria di Berlusconi su Fini è utile al Paese e che finalmente il governo sarà in grado di governare? Magari fosse così. Ciò che ci spetta è una fase in cui giornalmente ci saranno il deputato o la deputata che per senso di responsabilità andranno in soccorso al vincitore. Una campagna acquisti permanente che dimostrerà ancora di più la profondità della crisi della democrazia repubblicana. E l’opposizione che sta facendo? Fini, Rutelli e Casini hanno deciso la realizzazione di un terzo polo. La cosa non è piaciuta alle suddette gerarchie vaticane, preferiscono l’appoggio al governo della destra leghista e berlusconiana. Proprio perchè è un moderato, Berlusconi con la consueta eleganza, ha coperto i tre d’insulti e sberleffi. L’incerottato Di Pietro propone a PD e a Vendola un accordo elettorale principalmente per sbarrare l’abbraccio tra i democratici e il terzo polo. Il segretario del PD Bersani ha rilasciato un’intervista con cui dichiara di preferire al nuovo ulivo l’accordo con il polo di Casini. Tutti al centro, insomma. Per ottenere il risultato, Bersani è disponibile a rinunciare al meccanismo delle primarie. Ovviamente nel PD si è aperto un aspro confronto. Normale in un partito che continua a vivere senza un gruppo dirigente riconosciuto e di continue svolte storiche. Anche chi, come il sottoscritto, non è affascinato delle primarie, deve ammettere che nella situazione data, con i partiti così mal messi, consentire agli elettori la scelta dei candidati alle prossime elezioni sarebbe cosa saggia. Gli analisti elettorali sostengono, a ragione, che il successo di Berlusconi è dipeso dal numero crescente di astensioni dell’elettorato di centro-sinistra. Nelle ultime politiche sono stati almeno due milioni e mezzo i cittadini di questo orientamento a disertare le urne. Una campagna di primarie trasparenti e regolamentate, potrebbe essere un’occasione per far sentire protagonisti delle scelte anche coloro che sono lontani dal ceto politico. Sarebbe cosa saggia, ma la saggezza in questa stagione politica non è purtroppo una merce che va molto per la maggiore.
da Francesco Mandarini | Dic 17, 2010
Indignarsi è giusto, meravigliarsi no. Il mercato dei voti in atto in Italia è il risultato di un processo di una lunga storia.
Basta fare un giro in una qualsiasi libreria per scoprire decine e decine di studi, saggi, ricerche sul sistema politico dell’Italia berlusconizzata. Intellettuali, filosofi, sociologi sono anni che descrivono la decadenza della democrazia, in Italia e nel mondo.
Si pensa forse che non vi siano conseguenze alla scelta di rendere la politica una carriera personale? Si ritiene ininfluente il fatto di avere un Parlamento di nominati dalle oligarchie dei partiti attuali? Decine di parlamentari, di centrodestra e di centrosinistra, hanno cambiato casacca ripetutamente e sono rimasti a galla per anni e anni nell’indifferenza dell’elettorato.
La nostra è divenuta negli anni, e non solo per responsabilità di Berlusconi, una democrazia con forti tratti di populismo.
Il populismo per affermarsi ha bisogno di un Capo che decide i destini dei propri subalterni. Premia i meritevoli in obbedienza, punisce chi dimostra una qualsiasi forma di autonomia.
Ne sa qualcosa Fini. Cacciato dal PDL soltanto perchè aveva, sommessamente e con lungo ritardo, chiesto un poco di democrazia interna al partito. La cosa ha riguardato anche quei raggruppamenti del centrosinistra in cui ha prevalso per anni un padre-padrone che a dispetto di ogni democrazia interna ha preteso ubbidienze e fedeltà .
Che cosa è il berlusconismo? Volgarità a parte, il dominio di Berlusconi è stato possibile costruendo un ceto politico che ha come obiettivo esclusivamente la sua salvaguardia nella carriera e nel vantaggio economico. Un orizzonte questo completamente deciso dal leader massimo. Ma c’è un altro carattere fondante il dominio del Cavaliere: la politica non solo è un fatto d’interesse personale, ma per svolgersi con successo ha bisogno degli amici giusti. Ha suscitato meraviglia il fatto che il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, si sia recato alla villa di Arcore per incontrare Berlusconi. Non una visita di cortesia, ma l’occasione per sottoporre al capo del governo questioni inerenti alla città di Firenze. E’ giusto osservare che non è stato politicamente irrilevante dimostrare di accettare l’altro paradigma berlusconiano. Il cavaliere ha stabilito che i luoghi dove si esercita il potere pubblico, sono le sue residenze private. La privatizzazione della politica all’ennesima potenza. Il problema è anche un altro. Dichiarazione di ieri del sindaco Renzi: “L’accordo era che il giorno successivo, fatte le verifiche con Letta, con Tremonti e con gli altri, si sarebbe fatto un comunicato congiunto per dare notizia del nostro incontro e invece.”
Domanda. In base a quale legge o criterio il sindaco rottamatore pretendeva un trattamento speciale per la bella Firenze da parte di Berlusconi, Letta, Tremonti e gli altri? Il sindaco ha dichiarato di odiare le ideologie, è un uomo del fare anche lui. Con l’ideologia c’entra poco l’evitare di andare con il cappello in mano in una villa privata non di altissima reputazione. Palazzo Chigi è molto più vicino a Firenze, con la Freccia Rossa ci vuole un’ora soltanto.
E’ possibile che il governo ottenga la fiducia del Parlamento la prossima settimana. Alcuni parlamentari di diverse formazioni hanno deciso, per responsabilità nazionale, di appoggiare Berlusconi. In un bipolarismo perfetto il centrodestra chiama traditori i finiani, Di Pietro chiama infami i peones che hanno scelto, senza nulla chiedere, di essere responsabili votando no alla sfiducia. Tutto ciò è riconducibile al disastro della politica attuale e non può stupire. Un disastro che non è soltanto italiano. Basta osservare ciò che sta succedendo in Inghilterra per avere la conferma della difficoltà per la politica di affrontare le contraddizioni del tempo. A Londra c’è un governo di coalizione: Conservatori e Liberal-democratici. A differenza di quanto avviene in Italia, i programmi elettorali dei partiti sono molto semplici e trasparenti. In quello dei Liberali era scritto che mai avrebbero aumentato le tasse universitarie. La camera dei Comuni ha aumentato la tassa d’iscrizione alle università pubbliche fino a 11 mila Euro l’anno. La protesta studentesca è stata violentissima e l’uomo più disprezzato dall’opinione pubblica non solo studentesca è divenuto il leader dei Lib-dem, Mr.Clegg. I sondaggi prevedono la scomparsa elettorale di questo partito. Non hai mantenuto la promessa elettorale? Punizione degli elettori.
In Italia è diverso. Il programma elettorale del centrodestra era un libro pieno di buone intenzioni, sogni che sarebbe impossibile rammentare. Nonostante la massiccia maggioranza, il governo di promesse ne ha mantenute pochine. Si giustificano con l’impatto della crisi mondiale. Questa c’entra poco con l’assoluta inconsistenza di ogni politica di sviluppo e con l’indifferenza nei confronti dell’impoverimento di parti sempre più consistenti del popolo. Il destino di intere generazioni non sembra interessare più di tanto e il mondo della cultura in protesta permanente viene considerato con la sufficienza dichiarata da Tremonti: la cultura non si mangia. La si tagli assieme alla ricerca e ai fondi per la scuola.
Dicono che la campagna acquisti sia andata bene e che per due o tre voti la fiducia ci sarà . Staremo a vedere.
Quello che è certo è che politicamente questo governo non è nelle condizioni di governare. La scelta sarà delle elezioni anticipate? Difficile fare previsioni. Al di là dell’ignominia dei suoi meccanismi, questa legge elettorale non assicura la maggioranza nè al centrodestra nè al centrosinistra. Modificarla sembrerebbe la cosa più ragionevole. Aiuterebbe molto se in uno sforzo di intelligenza i partiti del centrosinistra e del centrodestra non berlusconizzato trovassero l’accordo per una legge elettorale civile. Sarà interessante verificare se dalle piazze di Roma occupate ieri dal popolo dei democratici uscirà un PD più unito e meno portato all’autoflagellazione.
da Francesco Mandarini | Dic 9, 2010
Affaticati, stressati dal troppo lavoro, 128 sedute dell’assemblea in un solo anno, i capigruppo del centrodestra hanno deciso una vacanza. La Camera dei deputati resterà chiusa per due settimane.
Nelle pagine dei giornali del tutto il mondo ci si interroga sulla crisi finanziaria, sui destini della moneta unica europea, sulle prospettive di un’economia che provoca disoccupazione e precarietà per tutti e in tutti i Paesi occidentali. L’ultimo rapporto del Censis descrive un’Italia ridotta malissimo. Senza speranze. “Una società pericolosamente segnata dal vuoto, dove cresce l’indistinto e si appiattiscono le soggettività , una società senza più legge nè desiderio”. Un quadro fosco, insomma. Eppure i nostri deputati chiudono un ramo del Parlamento e si prendono un break invernale. Non è il caso di scandalizzarsi. La legge elettorale vigente non prevede eletti dal popolo, ma nominati dalle oligarchie di partito. Un deputato non deve rispondere al suo elettorato, è sufficiente la fedeltà al capo. E poi anche in vacanza gli Arditi del popolo della libertà continuano ad intervenire sulla situazione politica. Il pluri-inquisito Denis Verdini, uno dei coordinatori del PDL, ha annunciato che loro se ne fregano delle prerogative del Presidente dello Stato. La Costituzione va interpretata e Napolitano non può che accettare la volontà del Cavaliere e di Bossi. Se Berlusconi sarà costretto alle dimissioni perchè è stato incapace di governare, bisogna tornare alle elezioni con questa schifezza di legge elettorale.
Gli Arditi sanno bene che quella italiana è una repubblica parlamentare. Non è il popolo che elegge direttamente il governo. In caso di crisi di governo il Presidente della Repubblica ha l’obbligo di verificare in Parlamento se esiste una maggioranza alternativa a quella messa in minoranza. La competenza è esclusiva del Parlamento che, su proposta del Presidente della Repubblica, elegge il Presidente del Consiglio. La guardia pretoriana diretta dal triunvirato, Verdini, La Russa e Bondi, sa bene che i parlamentari non hanno vincolo di mandato. Queste cose le conoscono i capo bastone del PDL, ma se ne fregano. In nome di un populismo totalitario si vogliono fare a pezzi le regole fondamentali della Repubblica.
Il grado di imbarbarimento del Paese si segnala anche attraverso piccole vicende locali. Un assessore leghista di Padova non vuol più che si finanzi la maratona che si svolge ogni anno per festeggiare il santo patrono della città . Sapete perchè? La ragione è semplice: la maratona di Padova la vincono sempre gli extracomunitari che per giunta corrono in mutande. Gli eroici padani non amano le sfide sportive e gli extracomunitari li preferiscono quando lavorano in nero a salari di fame.
Un tempo i giovani gridavano che ribellarsi è giusto. Oggi sarebbe sufficiente l’indignazione rispetto alla deriva antidemocratica a cui stanno conducendo l’Italia pezzi della classe dirigente del Paese.
Le migliaia di giovani che in queste settimane sono scesi in piazza in difesa della scuola pubblica, in modo democratico, non violento e creativo, costituiscono una bella speranza per tutti.
La riforma universitaria non è cosa che riguarda soltanto gli studenti, i ricercatori o i professori. La crescita democratica, economica, sociale e culturale di un Paese dipenderà sempre più dall’economia della conoscenza. Anche per questo motivo, la formazione culturale delle nuove generazioni non può essere considerato soltanto un onere. In tutto l’occidente le lotte degli studenti hanno come obbiettivo il rafforzamento dell’istruzione pubblica e il sostegno pubblico ai meritevoli senza mezzi. Sembrano obbiettivi di civiltà che riguardano l’intera società .
Partiamo dalla nostra esperienza di umbri.
Perugia e l’Umbria sono da sempre mete di giovani studenti. Le nostre università hanno formato migliaia di giovani di ogni parte del mondo ed hanno ancor oggi un ruolo decisivo per l’economia e per il modo di essere della nostra comunità . Gli studenti sono una risorsa straordinaria ma per salvaguardarla c’è bisogno di una riforma universitaria che premi la qualità e risolva la precarietà di coloro che vi lavorano. A quanto ne ho compreso la riforma Gelmini, amata dai Rettori, non risolve nè l’uno nè l’altro problema. Una riflessione della politica sembrerebbe necessaria.
Ad oggi, quello che continua a mancare è la politica con la p maiuscola.
I partiti continuano a guardare il proprio ombelico. La destra a quello di Berlusconi, il centrosinistra di ombelichi da guardare ne ha diversi. La speranza è che di fronte all’aggravarsi della crisi vi sia un raptus d’intelligenza collettiva che porti le classi dirigenti a considerare come prioritario l’interesse generale e non quello delle caste.
La speranza può nascere anche dall’osservazione di fatti particolari. Questa settimana si è svolta a Perugia una cerimonia funebre. E’ morto Paolo Vinti, un giovane che aveva fatto del lavoro intellettuale e della passione per la politica lo scopo della sua breve vita. Senza incarichi, senza ruoli, Paolo era diventato l’interlocutore di tanti. La cerimonia si è svolta nella meravigliosa struttura di Fra’ Bevignate. Una pioggia scrosciante non ha impedito la partecipazione di centinaia e centinaia di persone. Impressionante. C’era tutta una città che raramente si ha occasione di vedere. Parlamentari, Sindaci, ex sindaci, presidenti ed ex presidenti. Giornalisti, dirigenti di partito, sindacalisti. Giovani, tantissimi, e tanta gente comune di ogni orientamento politico, hanno voluto essere presenti a significare l’affetto e l’apprezzamento per una persona che ha voluto ricordare continuamente ai potenti e alla gente comune che senza la politica una società non cresce, si impoverisce. Prevalgono la barbarie e un individualismo cialtrone. Nel dolore per la perdita di Paolo anche un bagliore di fiducia.
da Francesco Mandarini | Dic 2, 2010
Il più diffuso settimanale degli Stati Uniti, Newsweek, nell’ultimo numero dedica sette pagine sette all’Italia. Titolata Berlusconi e le donne, l’inchiesta racconta cose note. Non parla soltanto di donne, di veline o di escort, ma dei vari disastri del bel paese. Scopriamo, ad esempio, che nelle graduatorie mondiali, siamo al 74° posto per il trattamento relativo alle donne. Non va meglio per l’equità sociale, siamo al 121° posto nel mondo.
Il crollo di Pompei portato ad esempio della trasandatezza della classe dirigente. E catastrofe dopo catastrofe, il settimanale fa un bilancio agghiacciante dello stato delle cose in Italia. Newsweek definisce come funziona il governo in Italia: nessuno ha responsabilità , nessuno ha vergogna, nessuno sembra avere attenzione a un Paese in disfacimento.
Dopo sedici anni di scesa in campo del Cavaliere, di dominio nella gestione dei principali mezzi di comunicazione e di nove anni di governo del Capo, l’Italia ha un’immagine nel mondo non bella. La reazione? Come la storia ci insegna, in certi momenti di difficoltà bisogna inventarsi il nemico esterno. Il fascismo si inventò la congiura giudo-pluto-massonica. In un delirante comunicato il consiglio dei ministri sostiene che c’è una strategia per colpire l’Italia e la sua immagine internazionale.
Il ministro Frattini ha denunciato questa strategia senza individuare la fonte, il cervello di questa sorta di Spectra che non ama l’Italia berlusconizzata. Consigliamo il nostro ministro degli esteri di richiamare in servizio James Bond.
Ci sarebbe di che ridere, ma non è il caso.
La situazione è grave ma non seria direbbe Flaiano, l’unica novità positiva è che a questo punto l’agenda politica non la impone soltanto Berlusconi. Se la politica continua nel suo balbettio, emergono forze diverse non più disposte a subire la precarietà e il degrado. Iniziarono i lavoratori delle fabbriche in crisi, continuano gli studenti che, con tutto il mondo della scuola, pongono la questione del futuro del Paese. Il movimento non ha ancora le caratteristiche di quello che segnò gli anni 60, è fortemente non violento e usa con intelligenza le tecniche che favoriscono una visibilità nei mezzi d’informazione. I tetti e i monumenti come luoghi atti a segnalare il disagio di un’intera generazione destinata dalle classi dirigenti ad un futuro di precarietà nel lavoro e ad un disagio sociale senza speranza. Ci avete tolto il futuro, gridano intere generazioni. Bisognerebbe ascoltarle. (altro…)