da Francesco Mandarini | Gen 31, 2012
Autorità , borghesia e popolo, alla Sala dei Notari di Perugia, hanno reso omaggio a uno dei figli migliori che l’Umbria ha espresso dopo la fondazione della Repubblica. La morte di Leonardo Servadio ha sollecitato ricordi e apprezzamenti diffusi di là dalle collocazioni politiche o sociali. E’ giusto così. Leonardo Servadio apparteneva a quella straordinaria generazione di uomini e donne che, riscattata l’Italia dalla vergogna fascista, hanno costruito la democrazia repubblicana; inventato un modello di sviluppo capace di emancipare una regione povera e marginale com’era l’Umbria del dopoguerra. Le masse contadine espulse dalla terra trovarono in imprenditori capaci e in una pubblica amministrazione sensibile, le occasioni di lavoro adatte a una vita più civile. Le dichiarazioni ufficiali ricordano i fatti salienti della storia imprenditoriale di Servadio. Nessuno dei dichiaranti ha, però, colto un dato peculiare di questa vicenda. L’inventore della “Elle Esse” aveva ben chiaro il ruolo che anche il più umile lavoratore delle sue fabbriche svolgeva per assicurare il successo. In tutti gli anni sessanta e settanta le condizioni delle lavoratrici erano considerate eccellenti. I rapporti con il sindacato operaio si basavano sul reciproco ascolto: il rispetto del lavoro era un fattore decisivo nella conquista di mercati. La produttività era assicurata dagli investimenti in innovazione di prodotto e non dal semplice sfruttamento intensivo del lavoro. Il “miracolo” compiuto fu possibile perchè Servadio seppe, nel rispetto dei ruoli, valorizzare tutti i protagonisti del processo produttivo. La presidente Marini ha ricordato come Servadio fino all’ultimo non ha smesso di essere stimolo nei confronti delle istituzioni con progetti di grande spessore culturale. Vero, gentile presidente, ma, purtroppo questi stimoli non hanno trovato concretizzazioni. Perchè? Servadio non aveva mai avuto ne cercato santi in paradiso. Così i santi in paradiso hanno continuato imperterriti ad apprezzare gli stimoli e archiviarli in un silenzio assordante e a volte arrogante. Anche questa particolare storia ripresenta il problema della qualità delle classi dirigenti. Abbiamo un problema in Umbria di questa natura. Non siamo soli evidentemente. La globalizzazione ha riguardato anche il dato della mediocrità delle leadership. E’ questo un problema che riguarda tutto l’occidente, la crisi economica richiederebbe grandi protagonisti in tutti i settori della vita sociale. Purtroppo dobbiamo prendere atto che le crème de le crème, in questi giorni presente a Davos, hanno idee irrancidite e gli innovatori alla Servadio vanno ricercati altrove. Purtroppo l’altrove non è facile da trovare nemmeno in Umbria.
da Francesco Mandarini | Gen 22, 2012
Riuscirà il governo Monti a sopravvivere alla crescente tensione sociale dovuta all’aggravamento delle condizioni materiali del popolo? Il governo potrà incassare il voto positivo al decreto sulle liberalizzazioni con un Parlamento in cui le libere professioni, toccate dal provvedimento suddetto, sono rappresentate da trecentoquarantuno parlamentari? Può vivere una democrazia in cui i partiti politici hanno perso la quasi totalità della fiducia dell’elettorato e non sembrano in grado di invertire la tendenza al degrado? Siamo di fronte al paradosso di un governo che, a differenza di quello precedente, trova consenso e rispetto all’estero. Ancora oggi i sondaggi sono favorevoli per la compagine governativa ma Monti, sottoposto alle lobby che condizionano i partiti, non sembra in grado di individuare una strada diversa da quella che non ha funzionato nè in Grecia nè in Spagna. Aumentare il numero dei taxi o quello delle farmacie può anche essere buona cosa, ma se le aspirine, ad esempio, continueranno a costare dieci volte quello che costano a Londra il consumatore non trarrà grandi benefici dall’aumento dei punti vendita. Forse di fronte all’impoverimento progressivo delle basi produttive del Paese ci sarebbe stato bisogno d’interventi più radicali in direzione di un nuovo sviluppo. Che un giovane per aprire un’attività economica non sia sottoposto più a vincoli burocratici arcaici e a oneri insostenibili sembrerebbe cosa giusta. Ma se la struttura pubblica continua a non pagare i fornitori (ammontano a settanta i miliardi di euro i crediti che le piccole imprese hanno nei confronti di Comuni, Regioni, Stato) difficilmente si potrà sperare nella crescita. Senza sviluppo le entrate fiscali diminuiscono e il debito pubblico aumenta. Si può essere d’accordo o no con la liberalizzazione degli orari dei negozi, ma se i consumi non riprendono, i punti vendita rimarranno aperti più a lungo ma saranno sempre vuoti. Che tutto ciò che è pubblico debba essere privatizzato, non è un obbligo dovuto a leggi naturali, ma è frutto di una scelta ideologica che, in assenza di una qualche ideale di sinistra, è divenuta il verbo divino. Che gli utenti abbiano tratto giovamento dalle privatizzazioni all’italiana è difficile dimostrarlo. Ad esempio la sanità ha certamente eccellenze sia nel settore pubblico sia in quello privato, ma i costi sono molto più alti in quello privato. Basta confrontare i bilanci della sanità nel Lazio (in maggioranza privatizzata) con quelli della nostra regione dove il privato è marginale. Certo anche la sanità pubblica dovrebbe migliorare, ma senza risorse e facendo conto soltanto sui ticket il deterioramento è certo. Invece anche un buon welfare potrebbe aiutare un nuovo sviluppo, basterebbe uscire dalle ideologie ottocentesche.
da Francesco Mandarini | Gen 18, 2012
L’attacco all’Euro si va accelerando. Mezza Europa ha subito, a mercati finanziari aperti, il declassamento deciso dall’agenzia americana Standard&Poor. Tutte le Borse hanno chiuso in passivo. Nel “Manifesto” di ieri Marco D’Eramo scrive: “àˆl’ultima, ridondante riprova dello strapotere di queste agenzie private possedute dai più potenti capitalisti Usa: Moody’s è controllata da Warren Buffett attraverso il suo fondo Berkshire Hathaway, Standard&Poor dalla famiglia Lovelace attraverso il fondo Capital World Investors di Los Angeles; e questi fondi speculano sulle stesse valute su cui le agenzie di rating da loro possedute esprimono i propri giudizi: è poco giudicarlo un conflitto d’interessi.” Si rimane inorriditi a pensare che le condizioni di vita di milioni di persone dipendano dalla voracità di pochi che, utilizzando l’inerzia dei governanti europei, riescono ad accumulare enormi ricchezze. Emerge chiaramente il fallimento delle politiche imposte al resto dell’Europa dal duetto franco-tedesco. La signora Merkell ha fino ad oggi impedito che la Banca Centrale Europea svolgesse il ruolo che esercita la Federal Reserve USA. Tagli ai bilanci pubblici; nessun intervento per la crescita economica dell’Europa. Insufficiente il fondo “salva stati”; niente Eurobond. Questa la linea tedesca. Se si continua così la prossima a subire il downgrading sarà la grande Germania e l’Euro andrà in malora. Che fare? Il governo italiano si appresta a liberalizzare e a privatizzare i servizi locali come volano di un nuovo sviluppo. Funzionerà ? Le esperienze passate non sono certo entusiasmanti. Ad esempio la privatizzazione delle banche non sembra aver prodotto vantaggi all’occupazione, il sistema bancario italiano rimane il più oneroso d’Europa per i clienti. E oggi ottenere un mutuo o un prestito da una banca è diventata impresa titanica. Che in molte parti del Paese i servizi pubblici sono inefficienti è cosa nota. Quello che non emerge è l’inefficienza e il costo per l’utenza di tanti servizi privatizzati. Anche nella nostra amata Umbria abbiamo molti esempi da analizzare. Ne vogliamo parlare rifuggendo dalle ideologie? Sarebbe utile conoscere i dati quantitativi e di qualità dell’occupazione creata, dal privato, grazie al restringimento della presenza pubblica nel terziario. Sarebbe stupendo sapere quanto la politica in auge in questi anni della dismissione del patrimonio pubblico sia vantaggiosa per i cittadini . Vendere un immobile per poi riprenderlo in affitto non sembrerebbe una grande genialità . Indubitabile che superare le inefficienze e le burocrazie inutili devono essere tra le priorità dei gestori la macchina pubblica. E’ augurabile che ciò avvenga salvaguardando tutto ciò che rientra nella categoria del bene pubblico.
da Francesco Mandarini | Gen 10, 2012
Difficile capire come si potrà pagare il debito pubblico se non crescerà la ricchezza del Paese. Le scelte del governo Monti non sembrano al momento in grado di invertire le tendenze recessive della nostra economia. In una situazione di recessione che sta diventando globale, il contenimento della spesa pubblica non sembrerebbe una grande idea se non accompagnata da scelte volte ad aumentare le entrate. J.M.Keynes sosteneva, durante la crisi iniziata in USA nel 1929, che l’austerità ha un senso nei periodi di crescita non in tempi di depressione dell’economia. Non fu ascoltato. Vinsero i monetaristi e il diastro sconvolse l’intero pianeta. E’ ormai assodato che la storia non insegna nulla. Che il disastro sia stato provocato dalla speculazione finanziaria sembra evidente, ma l’azione di tutti i governi europei prescinde da questo punto di partenza e conferma la sua ideologia neoliberista. Cioè quella che ha portato alla situazione attuale. Le entrate possono nascere da una nuova fase di sviluppo, ma anche dall’acquisizione di ricchezza già presente. Se in Italia l’evasione fiscale ha raggiunto i livelli a tutti noti, sembrerebbe ovvio che il problema essenziale è quello di trovare gli strumenti per fare emergere la suddetta ricchezza evasa. Se viene alla luce che in una città glamour i controlli della finanza hanno dimostrato un’evasione fiscale diffusa, i cittadini in coro dovrebbero apprezzare il lavoro svolto dai controllori. Non è stato così. E’ nata una nuova categoria d’indignati e di combattenti per la libertà d’evasione. Esponenti del PDL hanno denunciato lo stato di polizia e i rischi per il turismo! Evidentemente Cicchitto e company ritengono che negli USA viga una dittatura. E’ noto che negli Stati Uniti gli evasori fiscali sono messi spesso in galera. La legittima protesta per i benefit dei parlamentari sta assumendo i toni di una sgradevole crociata anche per le insopportabili reazioni degli interessati. Il problema è certo il costo degli addetti alla politica, ma forse la questione più grave da risolvere è lo stato della democrazia. Le assemblee elettive hanno perso qualsiasi valore di rappresentanza e la loro efficacia nelle decisioni di governo rasenta lo zero assoluto. Chi rappresenta un parlamentare? Non il cittadino elettore che ha semplicemente messo una croce su un simbolo di partito senza sapere chi lo rappresenterà . Essendo nominato dai “capi” e scelto non in base alle competenze ma rispettando semplici criteri di fedeltà , un deputato o un senatore rappresenta esclusivamente il suo benefattore. Una riflessione al riguardo degli opinion maker sarebbe utile più che la canea antipolitica.