Autorità , borghesia e popolo, alla Sala dei Notari di Perugia, hanno reso omaggio a uno dei figli migliori che l’Umbria ha espresso dopo la fondazione della Repubblica. La morte di Leonardo Servadio ha sollecitato ricordi e apprezzamenti diffusi di là  dalle collocazioni politiche o sociali. E’ giusto così. Leonardo Servadio apparteneva a quella straordinaria generazione di uomini e donne che, riscattata l’Italia dalla vergogna fascista, hanno costruito la democrazia repubblicana; inventato un modello di sviluppo capace di emancipare una regione povera e marginale com’era l’Umbria del dopoguerra. Le masse contadine espulse dalla terra trovarono in imprenditori capaci e in una pubblica amministrazione sensibile, le occasioni di lavoro adatte a una vita più civile. Le dichiarazioni ufficiali ricordano i fatti salienti della storia imprenditoriale di Servadio. Nessuno dei dichiaranti ha, però, colto un dato peculiare di questa vicenda. L’inventore della “Elle Esse” aveva ben chiaro il ruolo che anche il più umile lavoratore delle sue fabbriche svolgeva per assicurare il successo. In tutti gli anni sessanta e settanta le condizioni delle lavoratrici erano considerate eccellenti. I rapporti con il sindacato operaio si basavano sul reciproco ascolto: il rispetto del lavoro era un fattore decisivo nella conquista di mercati. La produttività  era assicurata dagli investimenti in innovazione di prodotto e non dal semplice sfruttamento intensivo del lavoro. Il “miracolo” compiuto fu possibile perchè Servadio seppe, nel rispetto dei ruoli, valorizzare tutti i protagonisti del processo produttivo. La presidente Marini ha ricordato come Servadio fino all’ultimo non ha smesso di essere stimolo nei confronti delle istituzioni con progetti di grande spessore culturale. Vero, gentile presidente, ma, purtroppo questi stimoli non hanno trovato concretizzazioni. Perchè? Servadio non aveva mai avuto ne cercato santi in paradiso. Così i santi in paradiso hanno continuato imperterriti ad apprezzare gli stimoli e archiviarli in un silenzio assordante e a volte arrogante. Anche questa particolare storia ripresenta il problema della qualità  delle classi dirigenti. Abbiamo un problema in Umbria di questa natura. Non siamo soli evidentemente. La globalizzazione ha riguardato anche il dato della mediocrità  delle leadership. E’ questo un problema che riguarda tutto l’occidente, la crisi economica richiederebbe grandi protagonisti in tutti i settori della vita sociale. Purtroppo dobbiamo prendere atto che le crème de le crème, in questi giorni presente a Davos, hanno idee irrancidite e gli innovatori alla Servadio vanno ricercati altrove. Purtroppo l’altrove non è facile da trovare nemmeno in Umbria.

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