Netto e senza discussione lo spostamento a destra della situazione politica del Paese. Siamo l’unica nazione europea in cui scompare una rappresentanza parlamentare della sinistra di matrice comunista o socialista. Un bel record. Candidato per cinque volte alla guida del Governo, Berlusconi ha vinto tre volte sconfiggendo Occhetto, Rutelli e Veltroni. Soltanto Prodi lo ha sconfitto. Non male per uno che si presenta come un industriale prestato alla politica. Il berlusconismo, inteso come ideologia, ha permeato nel profondo la società  italiana e ne segnerà  per anni il futuro. Bisognerà  alla fine convincersi che l’anomalia della democrazia italiana è destinata a resistere nel tempo essenzialmente perchè il berlusconismo è capace di organizzare interessi e di consolidare valori che possono non piacere, ma portano voti e consenso politico. Interessa poco al popolo del nord che “The Economist” consideri inadatto a governare Berlusconi. Nè spostano voti i talk show televisivi dove i leader del centro-sinistra sembrano più brillanti dei competitor della destra. Ciò che decide sono gli interessi che si riescono a rappresentare. Ci si scandalizza perchè la Lega ottiene una parte sostanziale del voto operaio? Ma non ricordate quando a Mirafiori, nell’autunno scorso, i lavoratori impedirono ai segretari di CGIL-CISL-UIL di parlare sommergendoli di fischi? Non era quello il segnale più evidente di una rottura tra il movimento sindacale e coloro che doveva rappresentare? Si accorgono oggi che Bossi ha costruito un partito la cui classe dirigente è espressione delle singole comunità . I duecento sindaci leghisti hanno saputo legarsi al territorio dando risposte in un rapporto continuo, quotidiano con gli amministrati. Chi ha qualche anno ricorderà  che la forza del PCI non era dovuta al legame con Mosca ma alla straordinaria capacità  dei dirigenti politici e degli amministratori comunisti di rispondere ai bisogni delle comunità  amministrate. Il riformismo non era predicato ma praticato. Nella nostra regione, in alcune amministrazioni, per parlare con un presidente, un sindaco, con un manager o assessore, devi attraversare lo sbarramento di cinque segretarie che alla fine ti comunicano che l’appuntamento richiesto è fissato a tre mesi.
In realtà  è più facile entrare al Pentagono che in qualche istituzione locale dell’Umbria. Che utopia la “regione aperta” di Pietro Conti!!
E’ ci si meraviglia del distacco della gente dalla politica. Che dire poi della transumanza elettorale. Pensate che Bossi accetti candidati paracadutati da Roma come normalmente avviene da noi? Il centrosinistra è riuscito anche a candidare a sindaco di una città  persone che hanno fatto la loro esperienza politica in tutt’altra regione. Ogni riferimento al prode Cofferrati, milanese, sindaco di Bologna è puramente casuale. Tutto ciò per sostenere la tesi che il voto di domenica non è soltanto un voto di protesta, ma è frutto di un insediamento territoriale e sociale che la destra ha costruito in questi anni. Si è formata una classe dirigente espressione di territori, di ceti produttivi e non frutto delle cooptazioni della casta al potere da decenni. Sono questi gli anni in cui nel centro-sinistra si è teorizzato “il partito leggero”. Un partito costruito da comitati elettorali che si formano e si dissolvono ad ogni elezione avendo come modello la democrazia americana. L’America è arrivata, ma non ha vinto Obama, ha vinto l’amico di Bush.
Un tempo la parola d’ordine era: ad ogni campanile corrisponda una sezione di partito. Un modello che la Lega ha riprodotto alla grande con i risultati che si sono visti domenica.
La disfatta della sinistra ha molti padri e molte ragioni. Perdere in un sol colpo due terzi dei voti non è impresa da poco. Dare la colpa a Veltroni serve a poco. Il PD ha giocato la carta del voto utile e il voto è stato sì utile, ma per Berlusconi. I flussi elettorali dimostrano che i voti persi dalla sinistra sono andati solo in parte al PD, molte le astensioni e molti alla Lega e al partito di DiPietro.
Per anni ogni tentativo di mettere insieme le sparse membra dei partitini è stato frustrato dalla rivendicazione dell’autonomia. Orticelli e bandierine hanno impedito qualsiasi processo di aggregazione conservando un ceto politico sempre più staccato dalla realtà  ed incapace di cogliere ciò che si muoveva nella società  italiana e nel mondo. Questo stesso ceto politico sta gestendo la sconfitta con acrimonia interna. Lo shock sta producendo paradossali tentativi di ancorarsi a gloriosi simboli. Come se la falce e il martello fossero reliquie capaci di resuscitare una sinistra travolta dal successo della destra, alcuni dei leader di quella che fu la Sinistra-L’arcobaleno vogliono tornare all’antico. La sinistra diviene extraparlamentare non per libera scelta ma perchè sconfitta in libere elezioni e allora bisogna ricominciare non partendo da zero ma dalla realtà . E la realtà  bisogna prima di tutto conoscerla. Si scoprirà  che le ragioni della sinistra sussistono ancora. Si tratta di capirle e di organizzare le forze per rimetterle al centro dell’azione politica. La crisi economica e sociale del Paese è di tale gravità  da non lasciare a Berlusconi il tempo di gioire troppo per la vittoria. La politica ha un senso anche fuori da Montecitorio. Capisco che è più difficile, ma al legittimo scoramento del popolo della sinistra conviene mandare messaggi di svolta radicale ad iniziare dalla scesa in campo di nuovi gruppi dirigenti della sinistra e di nuove idee per ridare un senso alla parola sinistra. Sapendo che non tutto il popolo vive come una tragedia che Pecoraro Scanio o Rizzo non siederanno in Parlamento.

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